MFormazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA
Buon Natale e Felice Anno Nuovo,
MERRY CHRISTMAS AND HAPPY NEW YEAR, FROHE WEIHNACHTEN UND HAPPY NEW YEAR, Gëzuar Krishtlindjet dhe Gëzuar Vitin e Ri, عيد ميلاد مجيد وسنة جديدة سعيدة , З Калядамі і HAPPY NEW YEAR, ВЕСЕЛА КОЛЕДА И ЩАСТЛИВА НОВА ГОДИНА, ЎBON NADAL I FELIÇ ANY NOU, VESELÉ VÁNOCE A ŠŤASTNÝ NOVÝ ROK, Sretan Božić i Sretna Nova Godina, GLĆDELIG JUL OG GODT NYTÅR, Happy New Year חג מולד שמח ו, Häid jõule ja head uut aastat, HYVÄÄ JOULUA JA ONNELLISTA UUTTA VUOTTA, FELIZ NATAL E FELIZ ANO NOVO, Nadolig Llawen a Blwyddyn Newydd Dda, ΚΑΛΑ ΧΡΙΣΤΟΥΓΕΝΝΑ ΚΑΙ ΚΑΛΗ ΧΡΟΝΙΑ, Merry Christmas AGUS Athbhliain BHLIAIN, Gleπileg jól og Gleðilegt nýtt ÁR, Priecīgus Ziemassvētkus un laimīgu Jauno gadu, Kalėdų ir Naujųjų metų, Merry Божиќ и Среќна Нова Година, FELICE ANNO NUOVO ناتاله پست, BUON NATALE E FELICA ANNO NUOVO, Crăciun fericit şi HAPPY NEW YEAR, С Рождеством и HAPPY NEW YEAR, Срећан Божић и срећна Нова Година, VESELЙ VIANOCE A ŠŤASTNÝ NOVÝ ROK, Vesel božič in srečno novo leto, ˇFELIZ NAVIDAD Y FELIZ AÑO NUEVO, GOD JUL OCH GOTT NYTT ÅR, З Різдвом і HAPPY NEW YEAR, Boldog Karбcsonyt és Boldog Új Évet, לעבעדיק ניטל און גליקלעך נייַ יאָר
FORMAZIONE
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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2009-12-30STATI UNITI Fallimento sicurezza, Obama: me ne assumo la responsabilità Il presidente Barack Obama si è assunto oggi piena responsabilità per i fallimenti del sistema di sicurezza emersi nella mancata strage di Natale e ha ordinato una profonda revisione dei meccanismi che non hanno funzionato. "L'intelligence Usa aveva tutte le informazioni necessarie per prevenire l'attentato - ha detto Obama dopo avere ricevuto un primo rapporto sul tentato attacco terroristico - ma è mancato il coordinamento dell'intelligence: non siamo stati in gradi di comprendere e utilizzare i dati in nostro possesso". Terrorismo, Obama medita rappresaglie in Yemen Stati Uniti e Yemen stanno esaminando una serie di obiettivi in vista di un possibile raid contro le postazioni degli estremisti nel Paese della penisola arabica, dove si è addestrato Umar Farouk Abdulmutallab, il giovane nigeriano che il giorno di Natale voleva far saltare in aria il volo Amsterdam-Detroit. Iran, il regime fomenta la piazza contro l'opposizione Il regime iraniano ha chiamato oggi la popolazione ad una mobilitazione generale contro l'opposizione, con raduni in programma in tutte le maggiori città. Secondo siti riformisti e testimonianze, un ordine è stato diramato a tutti i dipendenti pubblici perchè partecipino in massa alle manifestazioni. Iraq, duplice attentato a Ramadi: almeno 23 morti Duplice attacco terroristico a Ramadi, nella provincia 29 Dicembre 2009 Allarme bomba a Malpensa Fatto brillare un pacco Allarme bomba all'aeroporto di Malpensa nei bagni davanti all'area check-in, un pacco sospetto è stato fatto brillare dagli artificieri nello scalo varesino. L'involucro sospetto era dotato di innesco e di una ricevente di una radio il rudimentale, secondo quanto si apprende dalla Polaria dello scalo. |
ST
DG Studio TecnicoDalessandro Giacomo 40° Anniversario - UPPORTO ENGINEERING-ONLINE |
Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..
Il Mio Pensiero:
Carissimo Presidente Barack Obama,
Lei si sta facendo carico di tutte le responsabilità dovute alla mancata prevenzione per l'attentato all'aereo.
Sig. Presidente, le responsabilità non sono sue, ma dell'Intelligence che probabilmente ha deviato le giuste conclusioni e prevenzioni, così come accadde all'intervento in guerra di Bush contro l'Irak.
Tutto quello che sta succedendo è derivato dalla suddetta guerra, che ha portato il mondo sul baratro della Crisi Economica internazionale e della acuirsi delle crisi politico militari del mondo intero.
Per fortuna con la Sua elezione, e grazie alla conseguente Sua linea politica, il mondo sta cercando di uscire dal baratro.
Per questo le è stato insignito il premio Nobel per la Pace, non per quello che ha fatto, ma per quello che Lei rappresenta per una Via per la riscoperta della Pace.
Grazie a Lei si stanno attenuando le tensioni sulla contrapposizione dei due blocchi sullo scudo spaziale.
Prosegua Sig. Presidente su questa linea, e soprattutto su una strategia che abbia come obbiettivo l'eliminazione delle cause delle guerre e divisioni del mondo.
Purtroppo con la guerra dell'Irak si è ridato vigore al terrorismo, facendo risorgere l'astro di Bin Laden che sembrava al tramonto dopo l'intervento delle forze internazionali in Afganistan.
Fra l'altro quella disastrosa guerra ha fatto precipitare quel paese nel baratro della guerra civile, ed ha ridato potere all'Iran, che viceversa fin tanto che viveva Saddam, era rimasto isolato.
Giustamente Bush Padre dopo la sconfitta non spodestò Saddam, che era stato un Baluardo contro l'Iran.
Dopo si è persa l'occasione di portare la Pace in Medio Oriente, che avrebbe significato una grande sconfitta per l'estremismo ed il terrorismo.
Per fortuna invece la nascente guerra del Libano fu immediatamente fermata grazie all'intervento di interposizione di Forze di Pace, con il contributo notevole dell'Italia.
Questa tregua sta oggi ancora tenendo.
Sig. Presidente, imponga la stessa linea di intervento fra Israeliani e Palestinesi e vedrà che potrà iniziarsi anche li un nuovo cammino di Pace.
Per quanto riguarda l'Iran continui con la linea del dialogo, e vedrà che ci saranno i risultati, anche perché la potenza militare dell'Iran è del tutto insignificante e ci vorranno parecchi anni prima che possa raggiungere obbiettivi preoccupanti.
Con il dialogo e la minaccia dell'isolamento, vedrà che prima o poi il governo Iraniano dovrà arrivare ad accordi di pace, o altrimenti il suo popolo se ne libererà democraticamente o con l'insurrezione popolare.
In Irak ed in Afghanistan bisogna assolutamente operare con una strategia di sviluppo economico sociale che porti i rispettivi popoli alla esigenza propria di una autonomia democratico politica.
Infine, e non ultimo, Sig. Presidente, faccia in modo che il Mondo civile inizi una seria riflessione per offrire Aiuti allo Sviluppo ai Popoli del Terzo Mondo, bilanciati e condizionati da una tregua civile-militare concordata con i governi e le loro parti avverse, da cementare con l'imposizione di un sistema democratico, con l'eventuale invio di forze di interposizione dell'ONU, bilanciati con un programma generalizzato di sviluppo economico, sociale, culturale, formativo professionale, sanitario, di vivibilità delle popolazioni, di superamento della povertà della fame, della sete di quelle popolazioni.
Auguri Sig. Presidente
Per. Ind. Giacomo Dalessandro
AVVENIRE per l'articolo completo vai al sito internet http://www.avvenire.it2010-01-09 9 Gennaio 2010 LO SPORT NEL MIRINO Assalto al Togo, due morti via dalla Coppa d'Africa Due membri della delegazione del Togo sono morti in seguito all'attacco contro il pullman della nazionale avvenuto ieri al confine tra Congo e Angola. Lo hanno confermato fonti della Confederazione africana di calcio, presenti a Cabinda. Le vittime sono Abalo Ametelè, vice allenatore del ct Velud, e l'addetto stampa Stan Ocloo. Feriti gravemente nell'attacco di ieri, si sono spenti intorno alle 4.30 di stamattina. Oltre a loro è deceduto l'autista del pullman. Il Togo ha deciso per questo motivo di ritirarsi dalla Coppa d'Africa al via domani in Angola.
2010-01-08 8 Gennaio 2010 STATI UNITI Fallimento sicurezza, Obama: me ne assumo la responsabilità Il presidente Barack Obama si è assunto oggi piena responsabilità per i fallimenti del sistema di sicurezza emersi nella mancata strage di Natale e ha ordinato una profonda revisione dei meccanismi che non hanno funzionato. "L'intelligence Usa aveva tutte le informazioni necessarie per prevenire l'attentato - ha detto Obama dopo avere ricevuto un primo rapporto sul tentato attacco terroristico - ma è mancato il coordinamento dell'intelligence: non siamo stati in gradi di comprendere e utilizzare i dati in nostro possesso". Il presidente Usa ha detto di non essere interessato in questo momento ad assegnare colpe: "È stato un fallimento dell'intero sistema - ha detto - la cosa più importante è adesso correggere immediatamente le disfunzioni per rendere tutti più sicuri. La responsabilità finale è solo mia. Come presidente ho la solenne responsabilità di proteggere la nostra nazione e il nostro popolo e quando il sistema fallisce la responsabilità è tutta mia". Il presidente Obama, che ha stanziato un miliardo di dollari per migliorare la sicurezza, ha sottolineato che l'America è in guerra: "siamo in guerra con Al Qaida", ha detto rispolverando una espressione raramente usata in passato. Il presidente Usa ha invitato però nello stesso tempo gli americani ad andare avanti con la loro vita evitando di "cadere in una mentalità da paese assediato". "È proprio quello che vogliono i terroristi", ha aggiunto. Il rapporto ricevuto da Obama, reso pubblico in versione non classificata, ha raggiunto la conclusione che "il governo Usa aveva sufficienti informazioni per prevenire l'attacco del 25 dicembre da parte di Al Qaida, per identificare Umar Farouk Abdulmutallab cone membro di Al Qaida e per impedirgli di salire a bordo dell'aereo diretto negli Usa". Il rapporto afferma anche che il sistema di compilazione delle liste di sospetti terroristi e di 'non volò "non è un fallimento ma deve essere migliorato e rafforzato" come dimostra la "omissione dell'inserimento di Abdulmutallab nella lista di non volo". Il documento afferma anche che non è necessaria comunque "una riorganizzazione della comunità di intelligence e di contro-terrorismo". Le informazioni utili sono state raccolte ma non sono state utilizzate in modo corretto. Il presidente Obama ha elencato una serie di misure. Ha chiesto al Dipartimento di Stato una revisione del sistema di concessione e revoca dei visti. Ha chiesto al Dipartimento per la sicurezza nazionale di migliorare la tecnologia usata ai punti di controllo (salvaguardando la privacy). Il presidente ha ordinato inoltre una revisione dei metodi per la compilazione delle liste dei sospetti terroristi. Ed una rafforzamento della cooperazione con i paesi alleati per rendere più stringenti e omogenei i controlli. Obama ha inoltre chiesto al ministro per la sicurezza interna Janet Napolitano di recarsi la prossima settimana in Europa per discutere queste misure con i paesi alleati. L'intelligence Usa dovrà poi stabilire un sistema per indagare in modo sistematico sulle informazioni di grave minacce terroristiche disponibili: "L'intelligence dovra; assegnare specifiche responsabilità per indagare su tutte le possibili minacce intercettate. Chi sbaglierà sarà chiamato a pagare". Funzionari Usa avevano rivelato in precedenza che i legami pericolosi dello studente nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab, imbarcatosi su un aereo Usa diretto da Amsterdam a Detroit con una carica esplosiva nascosta nelle mutande, erano stati scoperti mentre l'aereo era ancora in volo verso il Michigan e gli addetti alla sicurezza avevano deciso di interrogare il passeggero sospetto non appena giunto a Detroit. Ma il nigeriano aveva tentato di innescare l'esplosivo poco prima dell'atterraggio mettendo a nudo un complotto che poteva concludersi con la morte delle quasi 300 persone a bordo del volo Delta. Nel mirino delle revisioni è anche il modo in cui sono compilate le liste di sospetti terroristi consegnate dagli Usa alle compagnie aeree. Nel caso dello studente nigeriano il suo nome era finito in una lista di sospetti (che contiene quasi mezzo milione di nomi) dopo che il padre aveva manifestato alla ambasciata Usa in Nigeria la sua preoccupazione per i contatti del figlio con gruppi estremisti nello Yemen. Il nigeriano non era però stato inserito nella lista di 'non volò con i nomi delle persone giudicate dagli Usa troppo pericolose per essere imbarcati sui voli destinati a raggiungere gli Stati Uniti. Nel frattempo funzionari yemeniti hanno rivelato che lo studente era stato reclutato da Al Qaida mentre si trovava a Londra. Successivamente aveva incontrato nello Yemen un religioso musulmano, Anwar al-Awlaki, lo stesso che era stato in contatto con l'autore della strage nella base militare di Fort Hood, in Texas, costata la vita a tredici persone. Un giornale del New Jersey ha rivelato oggi che l'allarme scattato domenica all'aeroporto di Newark, dopo che una videocamera aveva mostrato un uomo entrare in un'area proibita varcando una porta non custodita, è stato causato da un passeggero che desiderava dare un bacio di addio in più alla donna che aveva accompagnato all'aeroporto. L'allarme aveva provocato la chiusura per sei ore dell'importante nodo aereo.
2010-01-07 7 Gennaio 2010 SERVIZI Usa, "rapporto scioccante" sulle falle della sicurezza La Casa Bianca diffonderà in serata un rapporto, che secondo alti consiglieri "scioccherà" gli americani, sulle falle della sicurezza che hanno permesso a un nigeriano di essere nelle condizioni di far saltare in aria un aereo diretto a Detroit, nel fallito attentato di Natale. Il presidente Barack Obama, nel suo discorso che terrà alle 21 ora italiana, dovrebbe illustrare i provvedimenti che il governo americano intende adottare per potenziare la sicurezza aerea. La Casa Bianca dovrebbe diffondere un rapporto de-secretato che illustra ciò che è andato storto il giorno di Natale permettendo al nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab, 23 anni, di cercare di innescare dell'esplosivo nascosto nella sua biancheria intima. Rendendo pubblico il rapporto, Obama potrebbe voler cercare di limitare la ricaduta politica sulla sua amministrazione in vista del previsto esame della commissione del Congresso sull'episodio. I repubblicani hanno cercato infatti di tracciare un quadro di Obama di un presidente debole nel gestire le questioni inerenti alla sicurezza nazionale. Obama ha già riconosciuto un "errore" da parte dell'intelligence nel fallito attentato del giorno di Natale. ERRORI A proposito del rapporto, il consigliere della Casa Bianca per la sicurezza nazionale, James Jones, ha detto oggi a Usa Today: "Quando la gente lo leggerà credo che resterà scioccata. ... L'uomo della strada resterà sorpreso che non siano stati fatti quei collegamenti". Secondo un altro funzionario, ciò che più è sconvolgente è il fatto che erano disponibili diverse informazioni di intelligence che, se messe assieme correttamente, avrebbero segnalato chiaramente che il sospetto attentatore avrebbe dovuto essere inserito in una lista di "no-fly" che gli avrebbe impedito di imbarcarsi. "Sappiamo quel che è successo, sappiamo ciò che non è successo e sappiamo come porvi rimedio", ha detto. "Questo è un aspetto incoraggiante". Tra gli errori commessi dall'intelligence c'è il fatto che il padre di Abdulmutallab si era recato all'ambasciata Usa in Nigeria per dire ai funzionari che suo figlio aveva idee radicali. Un'informazione questa che non è mai stata usata correttamente. Un alto funzionario dello Yemen oggi ha detto che Abdulmutallab è stato reclutato da al Qaeda a Londra e ha incontrato il religioso musulmano integralista, Anwar al-Awlaki, in Yemen. Awlaki era legato all'uomo che ha ucciso 13 persone alla base dell'esercito di Fort Hood, in Texas, lo scorso novembre. "QUALCHE ALTRA DOMANDA" Un funzionario dell'amministrazione Obama ha raccontato oggi che gli agenti della Customs and Border Protection avevano intenzione di interrogare Abdulmutallab al suo arrivo a Detroit, ammettendo di aver trovato un'occorrenza su di lui in un database dell'intelligence. "Gli avrebbero rivolto qualche altra domanda dopo l'atterraggio prima di permettergli di entrare nel Paese", ha detto il funzionario. Il funzionario ha aggiunto anche che nessuno avrebbe potuto impedire ad Abdulmutallab di salire a bordo dell'aereo ad Amsterdam né avrebbe potuto sottoporlo a ulteriori controlli perché il suo nome non compariva su nessuna watch list del governo. "Avevamo informazioni che avrebbero potuto evitare l'incidente del 25 dicembre", ha detto il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs. Nonostante le falle nella sicurezza, non ci sono notizie di licenziamenti nello staff, nonostante Obama abbia duramente criticato la "comunità dell'intelligence". Il nigeriano ieri è stato accusato a Detroit di tentato omicidio e di aver cercato di usare un'arma di distruzione di massa per uccidere le 300 persone che si trovavano a bordo del volo della Northwest Airlines da Amsterdam a Detroit.
7 Gennaio 2010 TERRORISMO Yemen. capo al Qaeda è ancora in fuga Il ministro dell'Interno yemenita Rashad al Halimi ha affermato che il capo locale di al Qaeda Mohammad Ahmed al Hanak è ancora in fuga. La notizia del suo arresto in un ospedale era stata diffusa ieri da fonti della sicurezza in forma anonima. Tre persone sono state arrestate ieri in ospedale come sospetti membri di Al Qaida, ma fra loro non c'è al Hanak. Uno dei tre arrestati, identificato inizialmente come Hanak, era riuscito a fuggire tre giorni fa, benché ferito, durante uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza nella regione di Arhab, in cui due suoi complici erano stati uccisi e alcuni altri feriti e arrestati. Ieri era stato rintracciato in un ospedale, assieme ad altri due suoi complici, pure feriti, nel villaggio di Raida, ad un'ottantina di km a Nord di Sanaa.
7 Gennaio 2010 SICUREZZA Entro 3 mesi body scanner in tre aeroporti italiani Negli aeroporti internazionali italiani di Fiumicino, Malpensa e Venezia saranno attivi entro tre mesi i primi body scanner, gli apparecchi in grado di passare ai raggi X il corpo umano che alcuni Paesi hanno deciso di introdurre negli scali dopo il fallito attentato a un volo da Amsterdam a Detroit il giorno di Natale. Lo hanno annunciato oggi l'Enac e i ministri dei Trasporti Altero Matteoli e dell'Interno Roberto Maroni al termine di un incontro sulla sicurezza aerea. "La decisione presa è assolutamente condivisa. Prima di qualunque altra cosa deve venire la sicurezza di chi vola", ha detto in conferenza stampa Maroni, precisando che "in due o tre mesi al massimo" le apparecchiature saranno funzionanti, oltre che negli scali di Malpensa e Fiumicino di cui si era già parlato nei giorni scorsi, anche in quello di Venezia. In una nota diffusa nel pomeriggio, l'Enac precisa che "la fase sperimentale prevede inizialmente l'acquisto di due body scanner da posizionare negli aeroporti di Roma Fiumicino e Milano Malpensa". L'uso dei body scanner -- in grado di individuare potenziali esplosivi e altre sostanze pericolose -- ha destato preoccupazioni per la privacy e la salute dei passeggeri. "Abbiamo interpellato dei medici... e siamo stati tranquillizzati", ha spiegato Matteoli a proposito dei timori legati alla salute. GOVERNO AUSPICA DECISIONE CONDIVISA UE Il ministro dei Trasporti ha auspicato "che ci sia una decisione europea unanime. Ma a prescindere da questa, l'Italia ha deciso di acquistare questi apparecchi. La privacy è importante, ma prima di tutto viene la sicurezza". Dal canto suo Maroni ha detto che il 21 gennaio, alla riunione dei ministri dell'Interno al Consiglio dei ministri informale di Toledo, primo della presidenza spagnola dell'Ue, solleverà la questione e proporrà "che ci sia la condivisione da parte di tutti o dei principali Paesi (europei) della posizione italiana". "Anche se non ci sarà l'obbligo (da parte della Commissione europea che deve decidere sulla questione, ndr), noi li installeremo", ha aggiunto il titolare del Viminale. I body scanner contribuiranno ad accelerare i controlli di sicurezza per i voli diretti negli Stati Uniti: "Ci sono tratte che destano maggiore preoccupazione e cominciamo da queste", ha spiegato Maroni. Il compito di valutare una serie di questioni tecniche legate ai body scanner è stato affidato a un comitato di esperti, composto dal direttore generale dell'Enac Alessio Quaranta, dal direttore generale per la navigazione aerea del ministero dei Trasporti e dai direttori generali dei ministeri di Esteri, Interno e Salute. Il prossimo 21 gennaio, sulla base delle valutazioni del comitato, l'Italia deciderà che tipo di apparecchiatura acquistare. L'Enac ha al momento a disposizione un fondo di 2 milioni di euro che il ministro Matteoli ha autorizzato a usare per l'acquisto dei body scanner, il cui costo oscilla tra i 100 e i 200.000 euro l'uno. "In questo momento l'Italia è al massimo livello di sicurezza previsto dalla attuale strumentazione tecnologica su scala internazionale", ha sottolineato in conferenza stampa il presidente dell'Enac Riggio.
2010-01-06 6 Gennaio 2010 TERRORISMO Obama sferza il suo governo: "Errori inaccettabili" Un Barack Obama furioso ha rimproverato ieri sera, durante il vertice a porte chiuse sulla sicurezza nella Situation Room della Casa Bianca, i vertici delle agenzie di Intelligence Usa, affermando senza mezzi termini che, in merito al fallito attentato del giorno di Natale sul volo Amsterdam-Detroit, è stata fatta una "cavolata". "Sono stati commessi errori inaccettabili - ha affermato il presidente Usa in un discorso televisivo dopo il summit -, vi sono state falle disastrose nel sistema di sicurezza" perchè l'Intelligence statunitense "ha ignorato in modo inaccettabile i segnali di allarme". "Se un sospetto terrorista è stato in grado di salire su un aereo - ha spiegato - significa che il sistema ha una falla. È inaccettabile sottovalutare la raccolta delle informazioni. Dobbiamo fare meglio e faremo meglio. Dobbiamo agire velocemente perchè sono in gioco le vite degli americani". Tuttavia il presidente Usa ha avuto anche parole di elogio per il sistema di prevenzione del terrorismo islamista: si tratta di un sistema - ha detto - che nel complesso "ha lavorato insieme e con successo. È mia responsabilità - ha sottolineato Obama - capire dove è stato l'errore e correggerlo". Il presidente si è detto poi "soddisfatto" di quanto fatto finora per correggere la rotta e, sulle misure da attuare immediatamente per migliorare la sicurezza dei voli ha reso noto di aver ordinato "la revisione del sistema di screening della sicurezza aerea anche in base alle nuove tecnologie. Sarà rafforzato anche il sistema di sorveglianza dei terroristi nei loro paese, lo screening sugli esplosivi e la formazione del personale".
6 Gennaio 2010 SANAA Yemen, preso capo al-Qaeda Le forze yemenite hanno arrestato oggi in un ospedale un presunto capo locale dell'organizzazione terroristica al Qaida, Mohammad Ahmed al-Hanak: lo ha annunciato una fonte della sicurezza di Sanaa. Secondo la stessa fonte l'uomo sarebbe tra i tre militanti di al Qaida feriti lunedì in un raid - che aveva causato la morte di altri due appartenenti alla rete terroristica - che erano riusciti a fuggire e che si sospetta fossero gli organizzatori delle minacce che avevano costretto alcune ambasciate occidentali a chiudere.
6 Gennaio 2010 Misure anti-terrorismo Ma la libertà rimane la nostra frontiera Forse Umar Farouk Abdulmutallab è un fanatico che si dispera in carcere perché non è riuscito a farsi saltare sul volo Delta Amsterdam-Detroit il giorno di Natale. Forse, "scampato il pericolo", il giovane nigeriano apprezza invece il fatto che con pochi danni a sé ha provocato un contraccolpo enorme sul sistema dei trasporti aerei americani ed europei. La falla che la sua azione ha messo in luce nel sistema di vigilanza sta mandando in fibrillazione l’intero apparato. Rallentamenti, disagi e costi per compagnie, viaggiatori e Paesi si sono immediatamente impennati, costringendo a una veloce corsa ai ripari per sventare altri possibili attacchi. Quando rende strutturale la paura, quando costringe a modificare stili e abitudini di vita, il terrorismo ha già riportato una vittoria parziale. Con la nuova minaccia nei cieli al-Qaeda sta obbligandoci a ricalibrare il difficilissimo equilibrio tra sicurezza da una parte, libertà e privacy dall’altra. L’introduzione dei cosiddetti "body scanner" negli scali internazionali, compresi Malpensa e Fiumicino, solleva dibattiti e comprensibili perplessità, ma appare un metodo avanzato per scongiurare l’introduzione di armi ed esplosivo a bordo degli aerei. Eppure, la "messa a nudo" davanti all’operatore di polizia, che comporta il passare attraverso la macchina, può essere certamente vissuta come una violazione della propria riservatezza e persino come un’umiliazione. In Gran Bretagna si paventa che, nel caso dei bambini, possa confliggere con le norme anti-pedofilia. Altri sottolineano l’imbarazzo di chi abbia subito o debba ancora subire alcuni tipi di operazioni chirurgiche. Si può anche pensare al disagio dei religiosi e di coloro che del pudore hanno ancora particolare considerazione. Si tratta, è chiaro, soltanto dell’esempio più recente e neppure del più eclatante. Al "body scanner" potremo pure assuefarci, diverso è il caso di più invasive limitazioni che discendono dal mutare il bilanciamento tra diritti e misure di protezione. Divieti e controlli motivati dalle minacce di attentati rappresentano sempre un travaso di potere, introducono un’ulteriore asimmetria tra cittadini e responsabili della sicurezza, aprono uno spiraglio – ed è la peggiore ipotesi – per abusi e atti di arbitrio. In sostanza, peggiorano in qualche misura la nostra esistenza. Certo, sono il prezzo da pagare per proteggere la nostra vita. E saremmo i primi a dolerci e a protestare se non si assumessero le misure ritenute necessarie e praticabili a difesa di passeggeri inermi. Sicché non vi è una regola che possa fissare il giusto mezzo fra libertà e sicurezza. Né, tuttavia, bisogna cedere all’emozione del momento. Alzare muri indiscriminati, bollare tutti i viaggiatori provenienti da Paesi musulmani come "soggetti a rischio", blindare le frontiere non servirà a dare garanzie assolute e, anzi, rischia di offrire strumenti alla stessa al-Qaeda, pronta a soffiare su tutto ciò che è capace di gettare diffidenza ed ostilità tra nazioni occidentali e mondo islamico. Il terrorismo dei kamikaze non può vincere nessuna guerra; ha però un obiettivo che è in grado di conseguire: innescare quei conflitti di civiltà spesso evocati, temuti e deprecati, che nei fatti non esistono. Finora. Le colombe, coloro che tentano il dialogo, su un fronte o sull’altro, per i fautori dello scontro sono nemici peggiori dei "falchi". Tenere basso il livello della paura e del sospetto, non alterare le nostre routine, tenere una linea di fermezza senza generalizzare, per quanto risulta possibile e ragionevole fare, rimane la strada maestra contro i piani dei terroristi. Che possono uccidere qualcuno, ma vogliono spaventare tutti, in modo da avere campo libero per la propria strategia di "sottomissione" di un modo di vita che disprezzano perché non capiscono. La libertà rimane la nostra frontiera. Da non sacrificare troppo alla sicurezza. Andrea Lavazza
5 Gennaio 2010 LO STRUMENTO Body scanner in Italia: sì di Maroni e Frattini Sì ai body scanner (le macchine in grado di passare ai raggi X il corpo umano) anche negli aeroporti italiani. L'ok arriva dai ministri Frattini e Maroni, che si sono detti d'accordo sull'ipotesi a partire dai grandi hub di Malpensa e Fiumicino. Il percorso dei controlli aeroportuali sembra dunque destinato a allungarsi. In principio furono i controlli sul bagaglio a mano, dopo l’11 settembre la proibizione di portare a bordo oggetti taglianti (anche le forbicine da ricamo), dopo Richard Reid, il terrorista "delle scarpe", l’obbligo di togliersi le calzature per passare i check. E dopo i tentati attentati con l’esplosivo liquido in Gran Bretagna, la proibizione di portare a bordo bottigliette con più di 100 ml. Adesso - dopo il tentato attentato sul voto Amsterdam-Detroit del giorno di Natale - bisognerà anche mostrarsi nudi prima di salire in aereo. Per il ministro dell’Interno Roberto Maroni "premesso che la gestione compete alle società aeroportuali e sono deciso a far sì che siano collocati quanto meno a Fiumicino e Malpensa". Per Maroni le obiezioni sulla privacy contro i body scanner possono essere superate "con scanner poco invasivi della figura del corpo del passeggero, che appare opacizzato all’operatore, ma è in grado di rilevare qualunque anomalia, come la presenza di un sacchetto o di un oggetto". Il ministro degli Esteri Franco Frattini da parte sua osserva che "i terroristi cercano strumenti sempre più sofisticati per eludere i controlli". E quindi "La privacy delle persone è un diritto assoluto e inviolabile ma il diritto di non saltare per aria, è la precondizione di tutte le libertà"". Si doteranno di body-scanner molti aeroporti statunitensi, quelli olandesi, la Germania ha dichiarato il suo interesse, Londra ha promesso di introdurli "gradualmente". Ma oggi diverse associazioni britanniche protestano che gli apparecchi rischiano di infrangere le leggi per la tutela dei minori, che proibiscono la creazione di immagini oscene dei bambini. Ai ministri di Londra viene chiesto di esentare i minorenni dai "full body scanner"; e si chiedono garanzie che le immagini dagli 80mila scanner previsti, comprese quelle dei vip, non finiscano su internet.
2010-01-05 5 Gennaio 2010 TERRORISMO Usa, vertice da Obama Riaperta l'ambasciata a Sanaa Il Summit. Barack Obama si riunisce oggi con i suoi consiglieri per la sicurezza nazionale dopo una fine anno che ha visto crescere l'allarme terrorismo nel Paese. Il fallito attentato di Natale sul volo Amsterdam-Detroit, le preoccupazioni per lo Yemen con la conseguente chiusura dell'ambasciata ma anche le falle nella sicurezza negli aeroporti nonostante l'inasprimento dei controlli saranno i temi sul tavolo. Al vertice con il presidente americano parteciperanno il segretario di Stato Hillary Clinton, il segretario alla Difesa Robert gates, il segretario alla sicurezza nazionale Janet Napolitano, il direttore della Cia Leon Panetta, il direttore dell'Fbi Robert Mueller e il consigliere per la sicurezza James Jones. In serata poi Obama incontrerà i leader democratici del Congresso. L'Ambasciata di Sanaa. Intanto è stata riaperta stamani l'ambasciata degli Stati Uniti nella capitale dello Yemen, Sanaa, rimasta chiusa per due giorni per minacce terroristiche da parte di Al Qaida. Lo dice il sito della stessa ambasciata: "L'ambasciata degli Stati Uniti nello Yemen - si legge sul sito - ha riaperto all'attività il 5 gennaio dopo una chiusura di due giorni dettata da informazioni credibili che parlavano della probabilità di imminenti attacchi terroristici nella capitale yemenita, Sanaa".
2010-01-04 3 Gennaio 2010 TERRORISMO Yemen, Usa e Gran Bretagna chiudono le ambasciate Le ambasciate di Stati Uniti e Gran Bretagna in Yemen sono rimaste chiuse per il secondo giorno consecutivo per timori su possibili attacchi da parte di militanti islamici dopo il fallito attentato di Natale a bordo di un volo diretto negli Usa, riferiscono diplomatici. L'ambasciata statunitense ha parlato di minacce da parte di al Qaeda, che, secondo le agenzie di intelligence Usa, sarebbe sempre più presente in Yemen. Un consigliere del presidente Barack Obama ha detto che gli Stati Uniti dispongono di indicazioni secondo cui al Qaeda starebbe progettando un attacco nella capitale dello Yemen, Sanaa. "L'ambasciata è ancora chiusa oggi... stiamo continuando a verificare la sicurezza", ha detto a Reuters un diplomatico che non ha voluto essere identificato. La Gran Bretagna ha parlato di ragioni di sicurezza per la chiusura dell'ambasciata, senza fornire ulteriori dettagli. Lo Yemen, che sta facendo fronte a un'insurrezione di militanti fondamentalisti musulmani nel nord e a proteste separatiste nel sud, ha rafforzato la sicurezza lungo le coste per bloccare l'infiltrazione di militanti dalla Somalia. Le autorità hanno disposto controlli continui in due province costiere, dopo che i militanti islamici hanno annunciato nei giorni scorsi di essere pronti a mandare rinforzi in Yemen per sostenere al Qaeda. Gli alleati occidentali si sono impegnati a sostenere il governo yemenita nel timore che al Qaeda possa sfruttare l'instabilità del Paese per lanciare nuovi attacchi nel mondo. Si ritiene che il 23enne nigeriano incriminato per aver cercato di far esplodere un volo diretto a Detroit sia stato addestrato in Yemen da al Qaeda. La rete islamica ha detto che il fallito attentato era una rappresaglia per il coinvolgimento degli Usa nello Yemen e per il loro sostegno militare al governo, che ha lanciato una offensiva contro i militanti. L'ambasciata spagnola in Yemen ieri ha ristretto l'accesso ai suoi locali ma è rimasta aperta, ha reso noto il governo spagnolo, ma il quotidiano El Mundo ha scritto che oggi la sede resta chiusa al pubblico.
3 Gennaio 2010 USA Newark, allarme all'aeroporto Sono ripresi i voli al terminal C dell'aeroporto di Newark, città del New Jersey vicina a New York City. Lo scalo era rimasto chiuso per alcune ore a causa di un allarme sicurezza scattato dopo che un uomo era riuscito a entrare nell'area di imbarco eludendo i controlli. L'area, quella in cui opera in particolare la Continental, è stata svuotata da tutti i passeggeri, che sono stati controllati per la seconda volta. Poco dopo le procedure di imbarco sono riprese, nonostante le autorità stiano ancora cercando l’individuo che è riuscito a evitare i controlli. Gli agenti stanno esaminando i video delle telecamere a circuito chiuso, da cui non è chiaro se l'uomo sia andato avanti e indietro dopo un primo controllo oppure abbia saltato tutte le barriere di sicurezza. Il caos e l'allarme. L'allarme ha provocato parecchio caos. I controlli ai varchi sono stati infatti interrotti senza spiegazioni e solo dopo un'ora di attesa un agente della Tsa ha annunciato a migliaia di passeggeri in fila che per una violazione non meglio specificata delle norme sui controlli, il terminal, doveva essere evacuato. Bloccati un centinaio di voli tra cui quello per Milano. Alcuni passeggeri erano già stati imbarcati e sono stati fatti scendere, altri, atterrati regolarmente, sono stati trattenuti a bordo. Vietato fotografare, intimavano periodicamente gli addetti alla sicurezza. Un applauso ha salutato alle 22.00 la riapertura dei varchi. Ma è stato allora che è cominciato il peggio: ci sono volute ancora ore prima di partire, pigiati come sulla metropolitana all'ora di punta nelle code per arrivare ai controlli. Alcune persone si sono sentite male e sono state soccorse sul posto
2010-01-02 2 Gennaio 2010 DISCORSO Obama accusa al Qaeda in Yemen per fallito attentato Il presidente Usa Barack Obama ha attribuito alla branca yemenita di Al Qaeda la responsabilità di aver armato e addestrato il fallito attentatore del volo Amsterdam-Detroit. Obama ha parlato dalle Hawaii, dove si trova in vacanza, nel suo discorso radiotelevisivo settimanale. Riferendosi al giovane nigeriano arrestato, Umar Faruk Abdulmutallab, il presidente ha detto: "Noi sappiamo che veniva dallo Yemen, un paese in preda a una grande povertà e a insurrezioni sanguinose. Risulta che abbia aderito a una branca affiliata ad Al Qaida e che questo gruppo della penisola araba l'abbia addestrato, equipaggiato con gli esplosivi e diretto per l'attacco a questo aereo in rotta verso l'America". Fino ad ora le autorità americane non avevano accusato pubblicamente Al Qaida di essere responsabile del fallito attacco contro l'aereo della Northwest, dicendo solo che il giovane nigeriano sembrava avere un "legame" con il gruppo terrorista. Tutte le persone coinvolte nel fallito attentato al volo Amsterdam-Detroit "saranno tenute a risponderne", ha detto il presidente Usa Barack Obama nel suo discorso settimanale.
2 Gennaio 2010 TERRORISMO Attentato in Pakistan, le vittime sono almeno 95 È salito a 95 il bilancio delle vittime dell'attentato terroristico di ieri nel nord ovest del Pakistan. Secondo la televisione Geo Tv, il numero dei morti potrebbe aumentare ancora dal momento che i soccorritori stanno ancora lavorando per liberare persone dai resti delle oltre 20 case abbattute, e ci sono diversi feriti in gravissime condizioni ricoverati negli ospedali di tutta la zona. A Shah Hasan Khan, il piccolo villaggio nell'area di Lakki Marwat del distretto di Bannu, ai confini con l'Afghanistan, erano oltre 400 le persone assiepate per vedere la partita di pallavolo durante la quale è avvenuto l'attentato. Tra le vittime, anche donne e bambini, oltre ad una intera famiglia uccisa dal crollo della propria abitazione.I superstiti stamattina si sono scagliati contro il governo e le autorità locali colpevoli di non averli aiutati, lasciandoli a loro stessi per tutta la notte. Stamattina cominceranno le cerimonie funebri in tre diversi luoghi. Da tutto il mondo sono arrivate condanne del gesto: Hillary Clinton dagli Stati Uniti ha chiesto al governo pachistano di fare di più per garantire la sicurezza nell'area frontaliera, ribadendo l'aiuto americano in tal senso. Il fatto. Un attentatore suicida si è fatto esplodere ieri durante una partita di pallavolo nel nordovest del Pakistan. Diversi funzionari di polizia hanno detto a Reuters che l'attentatore è arrivato a bordo di un'auto e si è fatto esplodere L'attentato è avvenuto nella cittadina di Lakki Marwat, vicino a una roccaforte dei taleban. L'attacco è giunto nel giorno in cui a Karachi, capitale commerciale del Pakistan, sono praticamente sospese tutte le attività, per uno sciopero indetto da religiosi e politici per protestare contro l'ondata di violenza. Lunedì scorso un attentatore suicida ha provocato la morte di 43 persone durante una processione religiosa sciita, in un attacco rivendicato dai taleban, che hanno minacciato nuove carneficine. La prospettiva di un aumento della violenza si manifesta mentre il presidente Asif Ali Zardari vive in un momento delicato, dato che le imputazioni per corruzione contro alcuni dei suoi consiglieri potrebbero essere riprese. Il leader filo americano si è impegnato a sconfiggere i talebani e al Qaeda, ma i movimenti armati continuano a operare, e da ottobre scorso hanno ucciso centinaia di persone nonostante le offensive lanciate dal governo pakistano. In un segnale di crescente preoccupazione per la sicurezza, l'Onu ha ritirato una parte del personale dal Pakistan, ha reso noto ieri una portavoce delle Nazioni Unite. Oggi a Karachi le strade sono quasi vuote. La borsa locale, che di solito è aperta anche a Capodanno, è rimasta chiusa. La polizia ha arrestato 18 persone dopo i moti scoppiati a causati dell'attentato e in cui sono stati distrutti centinaia di negozi, con danni per circa 250 milioni di euro. Gli analisti temono che altri attacchi a Karachi potrebbero pesare sulla prospettiva di ripresa dell'economia pakistana, che oggi è in recessione virtuale, col Pil fermo al 2% nonostante la crescita della popolazione.
2010-01-01 1 Gennaio 2010 IRAN Mussavi: "Non ho paura di morire per la mia gente" "Non ho paura di morire per la mia gente". Lo ha detto uno dei leader dell'opposizione in Iran, Mir Hossein Mussavi, in un appello per l'immediata liberazione di quanti sono stati arrestati nelle proteste cominciate subito dopo le elezioni del 12 giugno scorso e pubblicato dal sito di opposizione Jaras "L'Iran è in seria crisi" ha dichiarato Mussavi. "Arrestare o uccidere Mussavi o Karrubi non calmerà la situazione - ha aggiunto - Non ho paura di morire per quello che chiede la mia gente. La legge elettorale deve essere modificata. I prigionieri politici vanno rilasciati". "Dico chiaramente ed esplicitamente - è scritto ancora nel testo attribuito a Mussavi - che gli ordini di perseguire, uccidere o imprigionare Karrubi, Mussavi e la gente come noi non risolveranno nulla". L'appello, pubblicato anche dal sito kaleme.org, si chiude con cinque punti. Oltre a chiedere la riforma della legge elettorale ("affinchè sia trasparente e credibile") e la liberazione dei prigionieri politici ("restituendo loro l'onore") - il principale leader dell'opposizione "dà reponsabilità diretta al governo" di Ahmadinejad per la crisi del paese. Quindi chiede tanto la restaurazione della "libertà di stampa" quanto il "riconoscimento del diritto del popolo di riunirsi e manifestare (...), secondo quanto previsto dall'art. 27 della Costituzione". Allo scopo di ottenere quest'ultimo punto, Mussavi fa anche riferimento alla "cooperazione con tutti i paesi interessati" e "alla mobilitazione di organizzazioni nazionali alternative".
2009-12-30 30 Dicembre 2009 NEW YORK NEL PANICO Terrorismo, sale la tensione Allarme a Times Square La tensione negli States resta ancora altissima dopo il fallito attentato aereo dei giorni scorsi. Intorno alle 17,30 italiane è scoppiato un allarme bomba nel cuore della città. Bloccata Times Square e quattro fermate delle metropolitana vicine. A Times Square, come è noto, si svolge la festa di Capodanno. A pochi passi inizia Broadway con tutti i teatri, a due isolati c'è la sede del New York Times. Nessuno può entrare o uscire dal quadrilatero formato dalla 43esima alla alla 40esima strada e delimitato dalla Sesta e dalla Settima Avenue, compreso un lungo tratto di Broadway. L'allarme è scattato per un veicolo sospetto. Stop al metrò, c'è un agente davanti a ogni ingresso degli edifici. Gli allarmi non sono rari nel centro di New York ma questa volta le precauzioni prese sono davvero impressionanti, in una delle giornate più trafficate, con migliaia di turisti in giro.
30 Dicembre 2009 CONTROMISURE Terrorismo, Obama medita rappresaglie in Yemen Stati Uniti e Yemen stanno esaminando una serie di obiettivi in vista di un possibile raid contro le postazioni degli estremisti nel Paese della penisola arabica, dove si è addestrato Umar Farouk Abdulmutallab, il giovane nigeriano che il giorno di Natale voleva far saltare in aria il volo Amsterdam-Detroit. Lo rivela la Cnn, che cita fonti del Pentagono, secondo cui ci si sta preparando nel caso in cui il presidente Barack Obama dovesse decidere un intervento militare contro obiettivi che possano in qualche modo essere collegato a quanto successo la settimana scorsa. Secondo quanto precisato dalle fonti, tutto questo fa parte di un nuovo accordo segreto tra Washington e Sanaa in base al quale i due governi lavoreranno insieme, anche se verrà mantenuto il silenzio sul ruolo degli Stati Uniti nella fornitura di armi e informazioni di intelligence allo Yemen. Ufficialmente, Washington non ha mai ammesso di aver condotto raid nel Paese di cui è originaria la famiglia di Osama bin Laden, ma è noto che le forze militari di Sanaa non sono in grado da sole di compiere operazioni come quelle compiute di recente contro i terroristi e i gruppi di militanti sciiti. In base all'accordo stretto tra i due Paesi, caccia e droni degli Stati Uniti potranno sorvolare lo spazio aereo yemenita o lanciare missili cruise contro gli obiettivi individuati. La Cia sapeva. La Cia sapeva del pericolo rappresentato dal nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab, ma non condivise l'informazione con le altre agenzie di sicurezza. Lo afferma la Cnn che cita fonti "bene informate" secondo cui quando Barack Obama ha detto che la lezione dell'11 settembre è stata dimenticata e che 'qualcunò ha tralasciato di informare gli altri si riferiva agli uffici di Langley. Il padre dell'attentatore aveva informato le autorità americane in Nigeria della deriva estremista presa dal figlio. "Oggi sappiamo che settimane fa questa informazione è stata passata a un membro dei nostri servizi di intelligence, ma non è stata condivisa in modo efficace così da mettere il nome del sospettato in una lista di persone che non devono salire su un aereo" ha detto Obama. Secondo la fonte l'incontro tra il padre di Abdulmutallab e un funzionario della Cia era stato descritto in modo dettagliato in un rapporto inviato al quartier generale dell'Agenzia a Langley, in Virginia. Ma non era poi stato inoltrato alle altre agenzie. Secondo il Wall Street Journal l'incontro tra il padre del terrorista e il funzionario della Cia avvenne nell'ambasciata Usa di Abuja il 19 novembre e fu subito seguito da una riunione alla quale presero parte rappresentanti dell'Fbi, del ministero per la Sicurezza interna e del dipartimento di Stato. Tuttavia le informazioni condivise in quella riunione non furono messe insieme e analizzate negli Stati Uniti, dove erano state inviate in tempo reale. Paul Gimigliano, portavoce della Cia, ha assicurato che l'Agenzia aveva messo il nome di Abdulmutallab in un database e aveva inoltrato le informazioni che lo riguardavano al Centro nazionale di antiterrorismo, un'agenzia che coordina l'attività dell'intelligence Usa, ma che nulla di quanto il padre di Abdulmutallab aveva riferito era sufficiente a mettere il suo nome in una lista di persone cui vietare di salire su un aereo.
30 Dicembre 2009 TEHERAN Iran, il regime fomenta la piazza contro l'opposizione Il regime iraniano ha chiamato oggi la popolazione ad una mobilitazione generale contro l'opposizione, con raduni in programma in tutte le maggiori città. Secondo siti riformisti e testimonianze, un ordine è stato diramato a tutti i dipendenti pubblici perchè partecipino in massa alle manifestazioni. Il sito Jaras scrive che un sit-in di fondamentalisti è in programma dopo la manifestazione a Teheran davanti all'ufficio di Mir Hossein Mussavi, leader dell'opposizione, per chiederne l'arresto, come avevano già fatto nei giorni scorsi vari esponenti conservatori. Attaccati uffici di due ayatollah critici. Gli uffici di due ayatollah iraniani vicini all'opposizione sono stati attaccati e devastati da miliziani in borghese, secondo quanto riferisce oggi il sito riformista Rahesabz. Contemporaneamente, aggiunge la fonte, miliziani si sono radunati davanti agli uffici di altri cinque grandi ayatollah moderati nella città santa sciita di Qom, chiedendo loro di emettere dichiarazioni contro gli oppositori che hanno dato vita a manifestazioni domenica a Teheran e in diverse altre città del Paese. Nei raid, avvenuti ieri, sono stati presi di mira in particolare gli ayatollah Yussef Sanei e Ali Mohammad Dastgheib, due leader religiosi molto critici nei confronti del governo del presidente, Mahmud Ahmadinejad. "Gli uffici dell'ayatollah Sanei nelle città di Mashhad, Kerman, Sari, Gorgan e Shiraz sono stati assaltati e danneggiati", scrive Rahesabz, sottolineando che il tutto è avvenuto sotto gli occhi della polizia, che non è intervenuta. A Mashhad sono stati anche picchiate alcune persone che erano presenti nell'ufficio. A Shiraz, afferma ancora il sito riformista, sono state attaccate la casa dell'ayatollah Dastgheib, il seminario Abu Saleh, da lui controllato, e la moschea Ghoba, ritrovo di religiosi riformisti. Secondo Rahesabz, alcuni mullah sono rimasti feriti negli attacchi, avvenuti anch'essi "di fronte ad agenti di polizia" che non sono intervenuti. Frattini: i Paesi della Ue convochimo ambasciatori di Teheran. "Abbiamo chiesto che tutte le capitali europee convochino gli ambasciatori iraniani e che, contemporaneamente, vi sia un passo formale della presidenza Ue, presso il governo di Teheran" sulle manifestazioni contro il regime e la reazione delle autorità iraniane. "Ma è chiaro - ha spiegato il ministro degli esteri, Franco Frattini - che questo presuppone anche una forte intesa con gli Stati Uniti d'America". Intesa che "evidentemente - ha proseguito il ministro al quotidiano online Affariitaliani.it - nei prossimi giorni si concretizzerà nei contatti che ci saranno, e che già ci sono attraverso i nostri segretari generali dei rispettivi ministeri degli Esteri, al fine di coordinare una posizione sin dai primi giorni dell'anno prossimo". Commissario Onu "scioccata". L'alto commissario dell'Onu per i diritti umani Navi Pillay si è detta oggi "scioccata" dai "morti, i feriti e gli arresti" nel quadro della repressione contro l'opposizione in Iran.
Iraq, duplice attentato a Ramadi: almeno 23 morti Duplice attacco terroristico a Ramadi, nella provincia irachena dell'Anbar. Secondo fonti ospedaliere locali almeno 23 persone sono rimate uccise, 30 ferite e tra di esse anche il governatore provinciale Qassim Mohammed Abid, che sarebbe in gravi condizioni. Il primo attacco è stato compiuto con un'autobomba alle 9,30 locali in un'intersezione stradale nei pressi del consiglio provinciale. Mezz'ora più tardi una seconda autobomba è esplosa all'entrata del palazzo del governo.
29 Dicembre 2009 TERRORISMO Allarme bomba a Malpensa Fatto brillare un pacco Allarme bomba all'aeroporto di Malpensa nei bagni davanti all'area check-in, un pacco sospetto è stato fatto brillare dagli artificieri nello scalo varesino. L'involucro sospetto era dotato di innesco e di una ricevente di una radio il rudimentale, secondo quanto si apprende dalla Polaria dello scalo. A lanciare l'allarme intorno alle 13, è stato il personale che si occupa delle pulizie che ha trovato il pacco, di forma quadrata legato con del nastro adesivo nero, in uno dei vani del bagno uomini. E' subito intervenuta la polizia che ha transennato l'area davanti ai check-in 10 e 11 e quella sovrastante, in attesa dell'arrivo degli artificieri. Il traffico aereo è sempre continuato regolarmente. Più tardi la polizia dello scalo aeroportuale ha comunicato che non c'era esplosivo nel bagaglio sospetto. Intervenuto telefonicamente a una trasmissione di Rai2, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa ha commentato gli eventi delle ultime ore, il fallito attentato in Usa e il rapimento dei due italiani rivendicato da Al Qaeda. "Non vorrei creare psicosi con l'allarme terrorismo. In questo secolo - ha spiegato La Russa - dobbiamo abituarci a convivere con il pericolo terrorismo. Soprattutto in questi giorni, a Natale, quando c'è tanta gente che viaggia per una festività cristiana e che potrebbe attirare ancora di più l'attenzione dei terroristi".
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CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2010-01-09 a squadra abbandona la coppa d'africa Angola: nell'agguato uccisi in tre, vittime anche fra lo staff della nazionale del Togo Oltre all'autista, morte anche altre 2 persone. Nove i feriti nell'attacco avvenuto al confine con il Congo (Ap) (Ap) MILANO - E' stata una strage. Due membri dello staff della nazionale del Togo sono morti in seguito all'attacco contro il pullman della nazionale avvenuto venerdì al confine tra Congo e Angola. Lo hanno riferito fonti ufficiali. Finora l'unico decesso accertato era quello dell'autista del pullman della squadra. Secondo alcune fonti le vittime sarebbero l’allenatore in seconda Hubert Velud e l’addetto stampa. Uno dei portieri Kodjovi Obilalé, sarebbe invece in condizioni gravissime e sarebbe stato trasportato d'urgenza in Sud Africa. Oltre al portiere ci sono anche altri 8 feriti. L’attacco al pullman del Togo, con colpi di mitra, è stato rivendicato dal Fronte di liberazione dell’enclave di Cabinda (Flec), che si batte dal 1975 per l’indipendenza di questo territorio che si trova tra la Repubblica democratica del Congo e il Congo-Brazzaville. L'attacco al pullman del Togo RITIRO - Il Togo si ritira quindi dalla Coppa d’Africa. Lo ha annunciato il presidente della federazione calcistica della squadra africana. La competizione continentale africana di calcio prenderà comunque il via lo stesso domenica in Angola. Il Togo è inserito nel Girone B nel torneo insieme a Costa d’Avorio, Burkina Faso e Ghana. GIOCATORI DI SQUADRE ITALIANE - Intanto la paura di nuovi attentati serpeggia tra alcune squadre italiane che hanno giocatori in Angola per giocare la Coppa d'Africa. L'Udinese ha chiesto ufficialmente il rientro di Kwadwo Asamoah. È lo stesso club friulano ad annunciarlo con una nota sul proprio sito alla luce dell'attentato contro la nazionale del Togo. "In merito e in riferimento ai gravissimi fatti accaduti in Angola durante la manifestazione della Coppa d'Africa e a tutela primaria dell'incolumità fisica del nostro giocatore Kwadwo Asamoah - si legge - l'Udinese Calcio ha richiesto alla Federcalcio del Ghana ed alla Fifa il rientro immediato del nostro giocatore. Vi è da sottolineare inoltre che la situazione generale, già di per sè molto preoccupante, è resa ancor più pericolosa per la Nazionale ghanese giocando la stessa nel medesimo girone del Togo e conseguentemente nei luoghi dove è avvenuto il vile e gravissimo attacco agli atleti togolesi". all'Inter non si registrano particolari preoccupazione per Samuel Eto'o, che in vista del torneo continentale si trova ancora in ritiro con il Camerun a Nairobi in Kenya. Secondo quanto fa sapere il club, l'attaccante nerazzurro con la sua nazionale dovrebbe lasciare Nairobi tra domenica e lunedì per raggiungere a bordo di un volo charter privato l' Angola, dove farà l'esordio in Coppa d'Africa mercoledì. 09 gennaio 2010
Humam al Balawi su Al Jazeera In un video la rivendicazione della strage di agenti della Cia L'autore dell'attentato suicida afferma di aver voluto vendicarsi dei servizi giordani e statunitensi * NOTIZIE CORRELATE * La vendetta della Cia è già iniziata di G. Olimpio DUBAI - Humam al Balawi, il medico giordano responsabile dell'attentato suicida costato la vita a otto agenti della Cia in Afghanistan, afferma di aver voluto perpetrare l’attacco per vendicarsi dei servizi giordani e statunitensi, in un video di rivendicazione trasmesso dalla rete satellitare araba Al Jazeera. Il medico spiega di aver voluto rispondere all'uccisione di Baitullah Mehsud, il leader dei talebani pakistani, colpito da un drone Usa. IL MESSAGGIO - "Questo è un messaggio rivolto ai nemici della nazione islamica: i servizi segreti della Giordania e la Cia", dichiara un uomo in uniforme militare, presentato da Al Jazeera come Humam al Balawi. "I mujaheddin non espongono mai la religione al ricatto e non la rinnegano neanche se viene loro offerto il Sole in una mano e la Luna nell’altra", continua l’uomo, che sembra alludere al suo status di agente doppio, giordano e statunitense. Al Balawi, era stato reclutato dalla Cia su suggerimento dei servizi di Amman e secondo l’Agenzia era sul punto di rivelare il nascondiglio di Ayman al Zawahiri, il numero due di Al Qaeda: per questo era stato portato nella base di Khost senza alcun controllo di sicurezza. Si tratta di un colpo molto duro inferto alla Cia: tra le vittime vi sono infatti alcuni dei massimi esperti su Al Qaeda dei servizi statunitensi. 09 gennaio 2010
Incursioni di velivoli senza pilota concentrate nel Waziristan del nord Dopo la strage di agenti è scattata la vendetta della Cia Nel mirino militanti della rete Haqqani, ritenuta responsabile dell’azione suicida contro la base a Khost WASHINGTON – La Cia aveva promesso "vendetta" per i suoi 7 agenti uccisi da un kamikaze. E la vendetta si è trasformata in una raffica di raid affidati ai velivoli senza pilota armati di missili. Ben sei attacchi in una settimana, l’ultimo dei quali lanciato nella giornata di venerdì. Le incursioni si sono concentrate, non a caso, nel Waziristan del nord (Pakistan) ed hanno avuto come obiettivo militanti del network Haqqani. Diverse decine le vittime. L'AGENTE "TRIPLO" - L’intelligence statunitense ritiene che sia stata proprio l’organizzazione di Haqqani ad organizzare l’azione suicida contro la base Cia a Khost (Afghanistan). Operazione condotta da Hammam Al Balawi, un giordano che si è trasformato in un "agente triplo". Prima islamista, quindi collaboratore dei servizi segreti del suo paese e della Cia, infine di nuovo terrorista. Nel rivendicare l’attentato i militanti hanno sostenuto che si è trattato di una risposta all’eliminazione di alcuni importanti dirigenti, uccisi dalle ripetute incursioni dei droni. E gli agenti Cia, con la collaborazione di un loro collega giordano, avrebbe fornito dati indispensabili per l’esecuzione degli attacchi. I qaedisti hanno quindi cercato di sfruttare sul piano della propaganda il colpo messo a segno. LA RISPOSTA DELLA CIA - La ritorsione immediata e prolungata di questa settimana da parte americana è un segnale altrettanto chiaro: non avete compromesso la nostra capacità. La risposta statunitense che si inserisce in una strategia inaugurata dall’amministrazione Bush e proseguita da Barack Obama. Gli americani, infatti, ritengono che i velivoli senza pilota siano in questa fase l’arma migliore per "terrorizzare i terroristi". Dal 2009 gli Usa hanno effettuato oltre 50 raid con i droni ed è previsto un impiego maggiore nell’arco del 2010. Infine dagli ambienti dell’intelligence sono trapelate indiscrezioni sulla dinamica dell’azione suicida nell’avamposto Chapman. Sembra che il kamikaze abbia azionato la cintura esplosiva un istante prima di venir perquisito da uno degli 007 incaricati della sicurezza. Ma la carica era talmente potente che si è rivelata fatale anche per gli altri agenti che si trovano ad una ventina di metri di distanza. Guido Olimpio 09 gennaio 2010
2010-01-08 Dopo il fallito attentato di Natale al volo Delta Amsterdam-Detroit Usa: Obama vuole cambio di passo nei servizi segreti. Ma non sarà facile L'ordine impartito dalla Casa Bianca alle sedici agenzie americane di intelligence: più integrazione e attenzione Barack Obama (Ap) Barack Obama (Ap) WASHINGTON – Per l’intera comunità dell’intelligence si profila un rischio: quello di venir sepolta da una valanga di informazioni. Nessuno vorrà perdere il posto per non aver messo nero su bianco. Allora via con segnalazioni, soffiate, nomi, situazioni sospette, movimenti, comunicazioni telefoniche, scambi di email, frammenti di un colloquio carpiti nel vento. E poi nuovi elenchi, aggiornati con personaggi ritenuti potenzialmente pericolosi. E ancora: una no-fly lista più rigorosa. ORDINE - L’ordine impartito dalla Casa Bianca è perentorio ed è già stato irradiato alle sedici agenzie che compongono l’intelligence statunitense. Gli agenti dovranno essere più attenti nella raccolta di dati, rapidi nell’analisi e generosi nel far girare le informazioni. Una spinta, quella impressa da Barack Obama, per abbattere le paratie che tanto hanno contribuito al fallimento di Natale. In particolare alla Cia sono state date quattro direttive: 1) Dovrà diffondere entro 48 ore notizie su terroristi o estremisti 2) Dovrà migliorare il sistema di identificazione di terroristi e potenziali estremisti 3) Dovrà rivedere i dati su persone provenienti da Paesi di interesse (tipo Iraq, Iran, Siria e altri) e decidere se cambiare il loro status nella lista di "osservazione" 4) Sarà aumentato il numero di analisti incaricati di seguire Yemen e Somalia. INTEGRAZIONE - Come sottolineato nel rapporto diffuso giovedì, il presidente chiede che si integri in modo stretto e coerente il lavoro degli operativi con l’attività di coloro che "studiano" i rapporti. In modo che se arriva la segnalazione su "un nigeriano" nello Yemen coinvolto in un possibile complotto contro gli Usa, questa andrà analizzata celermente e confrontata con quelle eventualmente in possesso di altre agenzie. Basterà la sferzata di Obama a scuotere l’apparato? Sarà dura. Le magagne denunciate dal presidente esistono da anni e i vari tentativi di risolverle sono sempre naufragati. GELOSIE E RIVALITÀ - Non è un gioco far dimenticare gelosie e rivalità. L’aumento di informazioni comporterà problemi di gestione. La fretta di "chiudere", in alcune situazioni, è controproducente: si fanno errori, si rischia di prendere un pesce piccolo, si compromettono fonti. Infine – aspetto rilevante – è che continuano a considerare i qaedisti come gruppi perfettamente strutturati. Lo sono in molte aree geografiche, anche se non è corretto parlare di organizzazione. L’esperienza dice che la loro arma migliore è la flessibilità. Sono poi troppi i focolai da seguire e non è detto che la minaccia venga proprio dalla regione sulla quale si sono concentrati gli 007. In una cosa la vecchia Al Qaeda e quella nuova sono uguali: il gusto per la sorpresa. Che non è solo una tattica ovvia, ma anche la necessità di trovare "missili umani" che possono arrivare sul bersaglio senza essere avvistati. E se Farouk Abdulmutallab era comunque finito sotto un cono di luce, il prossimo potrebbe essere un uomo senza nome che sbuca dal buio. Guido Olimpio 08 gennaio 2010
2010-01-07 stanziato un miliardo di dollari per nuove misure di sicurezza Obama: "La responsabilità è mia" Cambia sistema dei visti e delle black list Presentato il rapporto sull'attentato sfiorato in volo: "L'intelligence poteva prevenirlo, ha fallito il sistema" * NOTIZIE CORRELATE * Attentato fallito, gli 007 Usa volevano interrogare Farouk dopo l'atterraggio (7 gennaio 2010) * Terrorismo, l'ira di Obama "Troppe falle nella sicurezza" (5 gennaio 2010) * Fallito attentato su volo per Detroit. Il terrorista: "Addestrato da Al Qaeda" (26 dicembre 2009) Barack Obama (Reuters) Barack Obama (Reuters) WASHINGTON - Barack Obama si assume l'intera responsabilità dell'enorme falla nei sistemi di sicurezza Usa che ha portato al rischio di una strage nel giorno di Natale, con il fallito attentato sul volo Amsterdam-Detroit. Il presidente ha tenuto un discorso alla nazione per presentare il rapporto ufficiale del governo, un’inchiesta volta ad analizzare gli errori commessi dall'intelligence Usa e a spiegare come sia stato possibile che, a otto anni dalle stragi dell’11 settembre, le maglie della sicurezza americana non siano riuscite a fermare il giovane nigeriano, un estremista schedato dal dipartimento di Stato, con una bomba nascosta negli slip. REVISIONE 'BLACK LIST' - Obama ha detto che il mancato attentato non è stato un fallimento di un solo individuo o una sola agenzia ma di tutto il sistema e ha ribadito che l'intelligence aveva tutte le informazioni necessarie per prevenirlo ma nonostante questo l'analisi dei dati è fallita. Quindi il presidente ha annunciato le nuove misure: lo stanziamento di un miliardo di dollari per la sicurezza, il rafforzamento del sistema delle black list, ovvero gli elenchi dei sospetti terroristi non ammessi sui voli diretti negli Usa, e la revisione del sistema di concessione e di revoca dei visti necessari per entrare negli Stati Uniti (l'attentatore del volo di Natale aveva un regolare visto di ingresso negli Usa). In futuro - ha assicurato - l'intelligence dovrà assegnare specifiche responsabilità per indagare su tutte le possibili minacce intercettate e chi sbaglierà sarà chiamato a risponderne. NESSUN LICENZIAMENTO - "La responsabilità finale è sempre del presidente" ha ammesso Obama (the buck stops here, il cerchio si chiude con me). Ha sottolineato che non è il momento per puntare il dito contro qualcuno, ma che piuttosto bisogna correggere gli errori mostrati dal sistema e avviare le riforme necessarie a evitare che incidenti simili si ripetano. Ha escluso quindi l’ipotesi di licenziamenti alla testa delle agenzie governative che non sono state in grado di "collegare gli elementi a disposizione" per prevenire il pericolo. Infine ha invitato i partner internazionali a rafforzare le loro misure di sicurezza e i loro controlli nei rispettivi aeroporti. Assicura che la strage sfiorata non farà precipitare l'America in una mentalità da "Paese assediato" ("è proprio quello che vogliono i terroristi"), ma, sottolinea, "è bene ricordare a tutti che siamo in guerra contro Al Qaeda". JANET NAPOLITANO - Dopo Obama ha parlato il ministro della Sicurezza interna Janet Napolitano, annunciando che andrà presto in Spagna per un riunione con i ministri europei finalizzata a coordinare e rafforzare le misure di sicurezza in chiave antiterrorismo. Ha quindi annunciato che entro il 2010 saranno installati almeno 300 scanner corporali negli aeroporti americani per rafforzare la sicurezza. DETTAGLI SCIOCCANTI - A caldo, Obama aveva parlato di errori "inaccettabili e intollerabili". Ora, accusato dai repubblicani di avere reagito con scarsa prontezza (era in vacanza alle Hawaii), ha annunciato l'immediata entrata in vigore di nuove misure di sicurezza. Il rapporto, stilato da John Brennan, consigliere per il terrorismo, contiene dettagli che il consigliere per la sicurezza nazionale James Jones ha definito "scioccanti". LE LISTE DEI SOSPETTI - "Obama è giustamente allarmato dal fatto che erano a disposizione dell'intelligence brandelli di informazioni, elementi di comportamento che non hanno fatto scattare alcuna risposta - ha detto Jones in una intervista al quotidiano Usa Today -. Sappiamo come correggere la situazione, questo è un aspetto incoraggiante". Nel mirino delle revisioni è proprio il modo in cui sono compilate le liste di sospetti terroristi consegnate dagli Usa alle compagnie aeree. Nel caso dello studente nigeriano il suo nome era finito in una lista di sospetti (che contiene quasi mezzo milione di nomi) dopo che il padre aveva manifestato alla ambasciata Usa in Nigeria la sua preoccupazione per i contatti del figlio con gruppi estremisti nello Yemen. Il nigeriano non era però stato inserito nella lista di "non volo". DISCORSO RINVIATO - Il discorso del presidente Obama è stato rinviato due volte: inizialmente previsto per le 13 locali, è stato spostato alle 15 e poi alle 16.30 (le 22.30 italiane). Nessuna spiegazione dalla Casa Bianca per il ritardo. 07 gennaio 2010
Atteso il rapporto che sarà consegnato a obama Attentato fallito, gli 007 Usa volevano interrogare Farouk dopo l'atterraggio L'intelligence aveva raccolto parecchie informazioni sul presunto terrorista. Ma si è mossa in ritardo * NOTIZIE CORRELATE * L'ultima telefonata dell'attentatore e l'allarme del padre caduto nel vuoto (1 gennaio 2010) * Obama, un vertice sulla sicurezzadopo il fallito attentato aereo (1 gennaio 2010) * I diari online di Faruk: "Non avevo amici" (29 dicembre 2009) Farouk Abdulmutallab (Afp) Farouk Abdulmutallab (Afp) WASHINGTON – Le autorità di frontiera americane sono entrate in possesso di informazioni di intelligence su Farouk Abdulmutallab quando già era in volo verso gli Stati Uniti. E per questo avevano deciso di interrogarlo una volta che fosse atterrato a Detroit. I funzionari – secondo quanto rivelato il "Los Angeles Times" – hanno esaminato la lista dei passeggeri e il nome di Farouk è saltato fuori perché nel database c’era la segnalazione fatta dal padre in novembre durante un colloquio all’ambasciata Usa. Il file del nigeriano era stato, infatti, inserito in una lista di oltre 500 mila persone ritenute potenzialmente pericolose. LISTA - Il particolare conferma due aspetti: il sistema delle liste deve essere rivisto e perfezionato; molti personaggi "sospetti" viaggiano comunque verso gli Stati Uniti. Le fonti citate dal "Los Angeles Times" hanno sottolineato che di solito i controlli sui passeggeri in partenza vengono fatti quando l'elenco è "completo", ossia al massimo tre ore prima del decollo. Questo perché non è detto che tutti coloro che sono prenotati poi partano davvero. Quindi il tempo per intervenire è estremamente ridotto. Inoltre se la segnalazione non è troppo precisa è possibile che il passeggero venga lasciato imbarcare comunque. RAPPORTO - A Washington c'è intanto molta attesa per un primo rapporto sul fallito attentato che verrà consegnato al presidente Obama. Una versione parziale sarà resa pubblica. I cittadini americani avranno uno "choc" – ha affermato uno dei consiglieri presidenziali - quando ascolteranno cosa era stato raccolto dall'intelligence sul fallito attentatore. C’erano le famose "bandierine rosse" che avrebbero dovuto far scattare un’indagine, ma tutto è stato ignorato. SCERIFFI – La Casa Bianca, infine, ha ordinato un aumento degli sceriffi del cielo a bordo dei jet. Per aumentare le difese a bordo e rendere più difficile la missione dei terroristi. C’è il sospetto che altri attentatori siano pronti ad entrare in azione nelle prossime settimane. Probabilmente è stato lo stesso Abdulmutallab, con le sue dichiarazioni, a spiegare che i qaedisti yemeniti hanno arruolato un buon numero di kamikaze. Guido Olimpio 07 gennaio 2010
Lo ha riferito il ministro dell'Interno Yemen: il capo di Al Qaeda non è stato catturato Mercoledì fonti dei servizi segreti yemeniti avevano annunciato il suo arresto in ospedale SANA'A - Mohammad Ahmed al-Hanak, capo della fazione locale di Al Qaeda, non è stato catturato come reso noto mercoledì. Lo ha riferito il ministro dell'Interno Rashad al-Halimi. La notizia dell'arresto del seguace di Bin Laden in un ospedale era stata diffusa da fonti della sicurezza in forma anonima. Tre persone sono state arrestate in ospedale come sospetti membri di Al Qaeda, ma fra loro non risulta al-Hanak. ARRUOLAMENTO A LONDRA - Una fonte della sicurezza yemenita ha rivelato a un giornale locale, considerato vicino al ministero della Difesa, che il nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab, autore del fallito attentato di Natale sul volo Amsterdam-Detroit, è stato arruolato da Al Qaeda durante la sua permanenza a Londra e non nel suo viaggio studio in Yemen. La fonte sostiene inoltre che secondo gli investigatori olandesi il materiale Un posto di blocco a Sana'a (Reuters) Un posto di blocco a Sana'a (Reuters) esplosivo utilizzato dal terrorista sarebbe arrivato dalla Nigeria e non dallo Yemen, anche se la cellula yemenita di Al Qaeda ha rivendicato la scorsa settimana il fallito attentato. Lo stesso ministro della Deifesa al-Halimi ha riferito che Abdulmutallab durante il suo soggiorno in Yemen ha incontrato l'imam radicale Anwar al-Aulaqi. MORTI TRE POLIZIOTTI - Inoltre tre poliziotti sono stati uccisi giovedì in un attacco contro una caserma alla periferia di Buraika, presso la città dello Yemen meridionale di Aden.
07 gennaio 2010
2010-01-06 "Chiuderemo guantanamo, ma nessun detenuto sarà trasferito nello Yemen" Terrorismo, l'ira di Obama "Troppe falle nella sicurezza" Il presidente Usa sul fallito attentato: "Errori inaccettabili. Dovevamo fermare il terrorista" Barack Obama (Ansa) Barack Obama (Ansa) WASHINGTON - Il fallito attentato di Natale "si poteva prevenire", ma la sicurezza "ha fallito in maniera disastrosa". Barack Obama punta il dito contro gli errori dell'intelligence dopo la riunione alla Casa Bianca con il segretario di Stato, Hillary Clinton, il ministro della Difesa, Robert Gates, quello per la Sicurezza interna, Janet Napolitano, e con i direttori della Cia, Leon Panetta, e dell'Fbi, Robert Mueller. Un summit convocato dopo il fallito attacco di Natale su un volo diretto a Detroit. "Se un sospetto terrorista è riuscito a salire su un aereo - ha detto il leader Usa - vuol dire che il sistema ha una falla". Secondo Obama, non è stato però "un fallimento nella raccolta di intelligence". Le informazioni necessarie per anticipare le intenzioni di Al Qaeda erano state raccolte, ha dichiarato, ma "vi è stato un fallimento" nell'analizzare le connessioni tra questi dati YEMEN - "L'intelligence sapeva che il fallito attentatore era stato nello Yemen - ha aggiunto - e che si era unito agli estremisti. Sappiamo anche che nello Yemen ci sono altri terroristi pronti a colpire. Non eravamo a conoscenza della pericolosità dell'attentatore di Natale, ma avevamo abbastanza informazioni per fermarlo. Non possiamo sottovalutare questi dati: è inaccettabile. La sicurezza ha fallito in maniera disastrosa". GUANTANAMO - Obama ha poi confermato la chiusura di Guantanamo, ma ha aggiunto che "nessun detenuto sarà trasferito nello Yemen". Il leader americano ha inoltre ribadito che gli Stati Uniti sono "determinati a sventare i piani di Al Qaeda e a smantellare le reti terroristiche una volta per tutte, ovunque esse siano radicate".
05 gennaio 2010(ultima modifica: 06 gennaio 2010)
polemiche con Washington. I viaggiatori di 14 paesi saranno "monitorati" Cuba protesta, è nella lista nera degli Usa L'Avana: decisione di "carattere discriminatorio" della decisione. Inclusa anche la Nigeria L’AVANA - Il governo cubano di Raul Castro ha annunciato di aver inoltrato una protesta formale al capo della Sezione di interessi americani all’Avana, per aver incluso Cuba nella lista dei "viaggiatori da monitorare" decisa dagli Stati Uniti. "Il ministero delle Relazioni estere ha convocato nel pomeriggio di martedì il capo della Sezione di Interessi degli Stati Uniti all’Avana e il capo della Sezione di interessi di Cuba a Washington ha chiesto di essere ricevuto presso il Dipartimento di Stato", ha indicato un comunicato del ministero cubano. CONTROLLI SUPPLEMENTARI - "L’obiettivo era consegnare una nota di protesta contro l’inserimento di Cuba in una lista di quattordici Paesi i cui cittadini saranno sottoposti a misure supplementari di controlli di sicurezza, di carattere discriminatorio e selettivo, al momento di prendere un aereo diretto negli Stati Uniti", prosegue il testo. "Respingiamo categoricamente questa nuova azione ostile del governo degli Stati Uniti che proviene dall’inserimento ingiustificato di Cuba nella lista degli stati che sostengono il terrorismo, (una lista) politica il cui scopo è giustificare l’embargo (americano contro Cuba) condannato all’unanimità dalla comunità internazionale". LA LISTA - Il regime comunista fa parte, con la Siria, l’Iran e il Sudan, della lista nera americano degli stati che sostengono il terrorismo. Cuba è in particolare accusata da Washington di ospitare membri del gruppo separatista basco dell’Eta. Anche la Nigeria ha protestato contro la nuova misura di sicurezza americana che riguarda in particolare quattordici Paesi, fra i quali, oltre a Cuba e la Nigeria, il Pakistan, lo Yemen, l’Afghanistan, la Libia e la Somalia. PERICOLO IN VOLO - Washington ha annunciato domenica un rafforzamento dei controlli dei passeggeri che si imbarcano su aerei diretti negli Stati Uniti, in seguito al tentativo di attentato il 25 dicembre contro il volo Amsterdam-Detroit della compagnia Northwest Airlines da parte di un 23enne nigeriano, Umar Farouk Abdulmutallab. Senza relazioni diplomatiche dal 1961, Cuba e gli Stati Uniti sono tuttavia collegate da voli quotidiani diretti tra L’Avana e Miami (Florida), dove vive una cospicua comunità di emigrati cubani. Il presidente americano Barack Obama ha revocato lo scorso anno tutte le restrizioni sui viaggi dei Cubano-americani verso il loro Paese di origine, sotto embargo americano dal 1962.
06 gennaio 2010
il presidente usa presenterà una serie di riforme in materia di antiterrorismo Obama, vertice sul terrorismo "Da Faruk informazioni utili" Agenzie a rapporto dopo le falle nella sicurezza negli aeroporti e il tentato attacco di Natale * NOTIZIE CORRELATE * Yemen, offensiva contro i quaedisti (5 gennaio 2010) Barck Obama (Ap) Barck Obama (Ap) WASHINGTON - Barack Obama si è riunito oggi con i suoi consiglieri per la sicurezza nazionale dopo una fine anno che ha visto crescere l'allarme terrorismo nel Paese. Il fallito attentato di Natale sul volo Amsterdam-Detroit, le preoccupazioni per lo Yemen con la conseguente chiusura dell'ambasciata ma anche le falle nella sicurezza negli aeroporti nonostante l'inasprimento dei controlli sono stati i temi sul tavolo. Al vertice con il presidente americano hanno partecipato il segretario di Stato Hillary Clinton, il segretario alla Difesa Robert Gates, il segretario alla sicurezza nazionale Janet Napolitano, il direttore della Cia Leon Panetta, il direttore dell'Fbi Robert Mueller e il consigliere per la sicurezza James Jones. In serata poi Obama incontrerà i leader democratici del Congresso. RIFORME - Obama ha presentato una prima serie di cambiamenti, tra cui alcuni ritocchi alle assai criticate "watchlist" di sospettati di terrorismo, dopo aver incontrato i capi delle varie agenzie di intelligence e altri consulenti di primo piano in fatto di sicurezza, ha detto un funzionario della sua amministrazione. Nel primo vero giorno di lavoro dopo le vacanze alle Hawaii, il presidente deve affrontare la sfida di una sicurezza nazionale sotto la luce dei riflettori - e che è improvvisamente salita in cima alla sua agenda - evitando di apparire distratto rispetto ad altre questioni che preoccupano l'opinione pubblica, come la riduzione della disoccupazione, oggi a due cifre. L'amministrazione è sulla difensiva, dopo che le falle al sistema dell'intelligence hanno permesso a un giovane nigeriano che avrebbe legami con il ramo di al Qaeda che opera in Yemen di imbarcarsi sul volo per Detroit in partenza da Amsterdam il 25 dicembre scorso. Il 23enne è accusato di aver tentato di far saltare in aria l'aereo con esplosivi nascosti nella biancheria intima. Le agenzie statunitensi di spionaggio e il dipartimento di Stato disponevano già di informazioni su Umar Farouk Abdulmutallab, ma non avevano mai collegato i vari elementi fino al punto di includerlo nella cosiddetta "no-fly list". ERRORI DA CORREGGERE - Funzionari della Casa Bianca hanno ammesso che il fallito attentato ha messo in luce errori che vanno corretti ma hanno minimizzato la necessità di una revisione totale del sistema di sicurezza Usa. Ma Obama, che è tornato ieri dopo 11 giorni passati nei luoghi della sua infanzia, è stato sferzato dall'opposizione repubblicana, che accusa l'amministrazione diplomatica di debolezza sul terrorismo e di incapacità a risolvere i problemi rimasti anche dopo gli attentati dell'11 settembre 2001. I repubblicani sperano di guadagnare punti in vista delle elezioni di medio termine, fissate per novembre, per cercare di togliere ai democratici il controllo del Congresso. Lunedì intanto l'amministrazione ha imposto regole più strette per il controllo dei passeggeri diretti negli Usa da Yemen, Nigeria e altri 12 paesi: tra le misure, criticate dai paladini delle libertà civili che le hanno definite inutili e incostituzionali, anche la possibilità di perquisizioni corporali. "INFORMAZIONI UTILI" - Nel frattempo, il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, ha fatto sapere che il nigeriano Umar Faruk Abdulmutallab, protagonista del fallito attentato di Natale, ha fornito informazioni "utili" all'intelligence americana. Secondo i commentatori Usa il caso Abdulmutallab ha messo in evidenza da un lato quelle che lo stesso presidente americano Barack Obama ha definito "falle sistemiche" dell'attuale sistema di sicurezza; dall'altro quelle che agli occhi dell'intelligence americana paiono essere novità per quanto riguarda i movimenti di Al Qaeda in particolare in Yemen. Abdulmutallab, che ha 15 fratelli, è figlio ribelle di uno dei più ricchi uomini della Nigeria, Alhaji Umaru Mutallab, ex presidente della First Bank of Nigeria. La madre, Asha, una delle tre mogli di Alhaji Mutallab, è originaria dello Yemen e proprio in Yemen, alla Università di Sanaa, il ragazzo ha studiato tra il 2004 e il 2005. Ingegneria e lingua araba. L'intelligence americana ha accertato - lo ha riferito il presidente Obama in persona - che Abdulmutallab proprio in Yemen era stato avvicinato da un affiliato di Al Qaeda. Attraverso costui era stato poi messo in contatto con gruppi di Al Qaeda in Arabia Saudita, che lo avevano addestrato. Ma era stata ancora una volta la cellulala yemenita del gruppo terroristico a fornirgli il materiale esplosivo per il fallito attentato del volo di Natale.
05 gennaio 2010
2010-01-05 I ministri Maroni e Frattini: "Sì ai "body scanner" in Italia" Il titolare dell'Interno: "Collocarli a Roma e Milano". La protesta in Gran Bretagna: infrangono leggi sui minori * NOTIZIE CORRELATE * Sicurezza, aumentano i controlli per chi arriva a Fiumicino (4 gennaio 2010) * Gb: al più presto in tutti gli aeroporti verranno installati i "body scanner" (28 dicembre 2009) Un body scanner negli Usa Un body scanner negli Usa MILANO - Sì ai body scanner anche negli aeroporti italiani, lo dicono martedì in due interviste i ministri Frattini e Maroni. Il percorso dei controlli aeroportuali sembra dunque destinato a allungarsi. In principio furono i controlli sul bagaglio a mano, dopo l’11 settembre la proibizione di portare a bordo oggetti taglianti (anche le forbicine da ricamo), dopo Richard Reid, il terrorista "delle scarpe", l’obbligo di togliersi le calzature per passare i check. E dopo i tentati attentati con l’esplosivo liquido in Gran Bretagna, la proibizione di portare a bordo bottigliette con più di 100 ml. LA NOVITA' - Adesso - dopo il tentato attentato sul voto Amsterdam-Detroit del giorno di Natale - bisognerà anche mostrarsi nudi prima di salire in aereo. Per il ministro dell’Interno Roberto Maroni "premesso che la gestione compete alle società aeroportuali e sono deciso a far sì che siano collocati quanto meno a Fiumicino e Malpensa". Per Maroni le obiezioni sulla privacy contro i body scanner possono essere superate "con scanner poco invasivi della figura del corpo del passeggero, che appare opacizzato all’operatore, ma è in grado di rilevare qualunque anomalia, come la presenza di un sacchetto o di un oggetto". Il ministro degli Esteri Franco Frattini da parte sua osserva che "i terroristi cercano strumenti sempre più sofisticati per eludere i controlli". E quindi "La privacy delle persone è un diritto assoluto e inviolabile ma il diritto di non saltare per aria, è la precondizione di tutte le libertà"". Si doteranno di body-scanner molti aeroporti statunitensi, quelli olandesi, la Germania ha dichiarato il suo interesse, Londra ha promesso di introdurli "gradualmente". Ma oggi diverse associazioni britanniche protestano che gli apparecchi rischiano di infrangere le leggi per la tutela dei minori, che proibiscono la creazione di immagini oscene dei bambini. Ai ministri di Londra viene chiesto di esentare i minorenni dai "full body scanner"; e si chiedono garanzie che le immagini dagli 80mila scanner previsti, comprese quelle dei vip, non finiscano su internet. 05 gennaio 2010
il presidente usa presenterà una serie di riforme in materia di antiterrorismo Obama, vertice sul terrorismo Agenzie a rapporto dopo le falle nella sicurezza negli aeroporti e il tentato attacco di Natale Barck Obama (Ap) Barck Obama (Ap) WASHINGTON - Barack Obama si riunisce oggi con i suoi consiglieri per la sicurezza nazionale dopo una fine anno che ha visto crescere l'allarme terrorismo nel Paese. VERTICE - Il fallito attentato di Natale sul volo Amsterdam-Detroit, le preoccupazioni per lo Yemen con la conseguente chiusura dell'ambasciata ma anche le falle nella sicurezza negli aeroporti nonostante l'inasprimento dei controlli saranno i temi sul tavolo. Al vertice con il presidente americano parteciperanno il segretario di Stato Hillary Clinton, il segretario alla Difesa Robert Gates, il segretario alla sicurezza nazionale Janet Napolitano, il direttore della Cia Leon Panetta, il direttore dell'Fbi Robert Mueller e il consigliere per la sicurezza James Jones. In serata poi Obama incontrerà i leader democratici del Congresso. RIFORME - Obama presenterà una prima serie di cambiamenti, tra cui alcuni ritocchi alle assai criticate "watchlist" di sospettati di terrorismo, dopo aver incontrato i capi delle varie agenzie di intelligence e altri consulenti di primo piano in fatto di sicurezza, ha detto un funzionario della sua amministrazione. Nel primo vero giorno di lavoro dopo le vacanze alle Hawaii, il presidente deve affrontare la sfida di una sicurezza nazionale sotto la luce dei riflettori - e che è improvvisamente salita in cima alla sua agenda - evitando di apparire distratto rispetto ad altre questioni che preoccupano l'opinione pubblica, come la riduzione della disoccupazione, oggi a due cifre. Non sarà un compito facile. L'amministrazione è sulla difensiva, dopo che le falle al sistema dell'intelligence hanno permesso a un giovane nigeriano che avrebbe legami con il ramo di al Qaeda che opera in Yemen di imbarcarsi sul volo per Detroit in partenza da Amsterdam il 25 dicembre scorso. Il 23enne è accusato di aver tentato di far saltare in aria l'aereo con esplosivi nascosti nella biancheria intima. Le agenzie statunitensi di spionaggio e il dipartimento di Stato disponevano già di informazioni su Umar Farouk Abdulmutallab, ma non avevano mai collegato i vari elementi fino al punto di includerlo nella cosiddetta "no-fly list". ERRORI DA CORREGGERE - Funzionari della Casa Bianca hanno ammesso che il fallito attentato ha messo in luce errori che vanno corretti ma hanno minimizzato la necessità di una revisione totale del sistema di sicurezza Usa. Ma Obama, che è tornato ieri dopo 11 giorni passati nei luoghi della sua infanzia, è stato sferzato dall'opposizione repubblicana, che accusa l'amministrazione diplomatica di debolezza sul terrorismo e di incapacità a risolvere i problemi rimasti anche dopo gli attentati dell'11 settembre 2001. I repubblicani sperano di guadagnare punti in vista delle elezioni di medio termine, fissate per novembre, per cercare di togliere ai democratici il controllo del Congresso. Lunedì intanto l'amministrazione ha imposto regole più strette per il controllo dei passeggeri diretti negli Usa da Yemen, Nigeria e altri 12 paesi: tra le misure, criticate dai paladini delle libertà civili che le hanno definite inutili e incostituzionali, anche la possibilità di perquisizioni corporali. 05 gennaio 2010
prosegue nel paese arabo la caccia agli organizzatori del fallito attentato di detroit Yemen, gli Usa riaprono l'ambasciata La sede diplomatica riapre dopo una chiusura di 2 giorni causata dalle minacce terroristiche da parte di Al Qaeda Posto di blocco della polizia yemenita nel quartiere diplomatico di Sanaa (Reuters) Posto di blocco della polizia yemenita nel quartiere diplomatico di Sanaa (Reuters) SANAA (YEMEN) - È stata riaperta l'ambasciata degli Stati Uniti nella capitale dello Yemen, Sanaa, rimasta chiusa per due giorni per minacce terroristiche da parte di Al Qaeda. IL COMUNICATO - "L'ambasciata degli Stati Uniti nello Yemen - si legge sul sito della stessa ambasciata - ha riaperto all'attività il 5 gennaio dopo una chiusura di due giorni dettata da informazioni credibili che parlavano della probabilità di imminenti attacchi terroristici nella capitale yemenita, Sanaa". L’ambasciata ha precisato che la decisione di riaprire è stata presa all’indomani "delle operazioni anti-terrorismo" condotte dalle forze di sicurezza yemenite a nord della capitale Sanaa, nel corso delle quali due presunti membri di Al Qaeda sono stati uccisi. "Le minacce di attacchi terroristici contro gli interessi americani restano elevate", sottolinea ancora il comunicato, che invita anche "gli americani nello Yemen a restare vigili e a prendere adeguate misure di sicurezza". Intanto prosegue nello Yemen la caccia ai capi della fazione qaedista ritenuta responsabile di aver organizzato il fallito attentato al volo Amsterdam-Detroit della Delta il giorno di Natale. RIAPERTE ANCHE ALTRE AMBASCIATE - Oltre a quella americana, anche le ambasciate britannica e francese nello Yemer hanno riaperto dopo la chiusura, causata sempre dai rischi di attentati di Al Qaeda. Fonti diplomatiche dei due Paesi hanno spiegato però che i consolati nel paese arabo al momento restano chiusi. OFFENSIVA - Intanto il governo yemenita ha lanciato un'offensiva in grande stile contro la cellula locale di "Al Qaeda". Migliaia di soldati e di uomini dei servizi di sicurezza sono stati inviate in tre province, " Shabwa, Maarib e in quella meridionale di Abyan" oltre ad aver fermato cinque sospetti. Lo ha riferito una fonte dei servizi di sicurezza yemeniti. 05 gennaio 2010
2010-01-04 brown: "intensificheremo azioni comuni antiterrorismo con stati uniti" Yemen: Usa e Gran Bretagna chiudono le ambasciate Al Qaeda starebbe pianificando un attentato contro la sedie diplomatica degli Stati Uniti SANAA (YEMEN) - Al Qaeda progetta un attentato a Sanaa. Lo ha riferito alla Cnn un consigliere di Barack Obama per la Sicurezza. "Vi sono segnali di un attentato pianificato contro un obiettivo" nella capitale yemenita, ha affermato John Brennan, impegnato nell'antiterrorismo. Londra e Washington hanno deciso la chiusura delle ambasciate nello Stato arabo. I britannici hanno motivato il provvedimento con "ragioni di sicurezza" legate alla minaccia terroristica mentre ai dipendenti yemeniti della rappresentanza americana è stato detto di non presentarsi al lavoro fino a nuovo ordine. "L'ambasciata usa a Sanaa resta chiusa in risposta alla minaccia rappresentata da al-Qaeda nella Penisola arabica contro gli interessi americani nel Paese" si legge in una nota sul sito web della missione diplomatica. BROWN: "AGIREMO INSIEME AD USA" - L'alleanza tra Gran Bretagna e gli Stati Uniti trova, dopo le guerre i Iraq e Afghanistan, una nuovo motivo di consolidamento. "Downing Street e la Casa Bianca vogliono rafforzare la loro "azione congiunta contro il terrorismo in Yemen e in Somalia dopo il fallito attentato di Natale" sul volo Amsterdam-Detroit, si legge in un comunicato dell'ufficio del primo ministro britannico Gordon Brown. Tra le "iniziative -si legge nel testo- il premier ha concordato con il presidente Obama un piano britannico-americano per finanziare una speciale unità antiterrorismo della polizia yemenita" mentre in "Somalia" i due leader "ritengono che serva una forza di peacekeeping più consistente (rispetto all'attuale) e insieme sosterranno questa posizione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite". Al momento in Somalia non ci sono caschi blu dell'Onu ma ad arginare con estrema difficoltà il caos è dispiegata la missione Amisom dell'Unione Africana, con l'imprimatur del Palazzo di Vetro. La missione è formata da 5.250 baschi verdi (2.700 dell'Uganda e 2.550 del Burundi) e dal gennaio del 2007 ha contato oltre 50 vittime. VERTICE SICUREZZA ALLA CASA BIANCA - La minaccia Al Qaida è reale, le misure di sicurezza vanno rafforzate. Per questo Obama ha chiamato a rapporto per martedì prossimo alla Casa Bianca i responsabili di tutte le principali agenzie di sicurezza. In quel vertice intende fare il punto sull'intero arco dei controlli.
03 gennaio 2010
Di fatto americani e inglesi si piegano alle minacce dei terroristi Lotta al terrorismo, troppi annunci accrescono l'immagine di Al Qaeda La decisione di chiudere le ambasciate Usa e Gb nello Yemen è comprensibile, ma può essere controproducente L'ambasciata americana L'ambasciata americana WASHINGTON – La lotta al terrorismo qaedista è complessa, richiede azioni di contrasto ma anche un'attenta strategia propagandistica. Devi attaccarli senza enfasi. Più fatti e meno annunci. È molto pericoloso "inseguire" le iniziative dei terroristi in pubblico, reagire ad ogni loro presa di posizione. Perché così si rischia di accrescere la loro immagine. Washington e Londra hanno ordinato la chiusura nelle loro ambasciate nello Yemen. Una misura precauzionale nel timore di attentati dettata dall’esperienza del passato. I terroristi nello Yemen hanno dimostrato di saper colpire con efficacia le rappresentanze diplomatiche. Dunque è comprensibile che si voglia proteggere il personale. Il provvedimento, inoltre, potrebbe nascondere un altro aspetto: la rappresaglia Usa sarebbe vicina e si vuole allora privare l'avversario di un bersaglio. Le conseguenze, però, rischiano di essere controproducenti. AL QAEDA E OBAMA - Di fatto americani e inglesi si piegano alle minacce lanciate da Al Qaeda quando ha rivendicato il fallito attentato al jet Northwest. Nel comunicato gli estremisti hanno promesso di cacciare "i crociati", intesi come i diplomatici dei paesi occidentali. Ora potranno dire: visto, funziona. Guardiamo, per un istante, la situazione dal punto di vista dei tagliatori di teste: hanno violato i sistemi di sicurezza aerei, beffato le intelligence e solo per poco non hanno centrato l'obiettivo. Tutto questo con un piano organizzato da un gruppo che conta poche centinaia di elementi e poi affidato ad un giovane nigeriano, alla sua prima esperienza di terrorista. Costi ridotti, struttura modesta, risultati impensabili per un'operazione non riuscita. Sabato, poi, il presidente Obama in persona ha dichiarato guerra ai qaedisti yemeniti. Doveva farlo, doveva reagire per motivi di politica interna e rassicurare il paese sulla volontà di contrastare con determinazione chi minaccia la sicurezza. Ma di nuovo, inevitabilmente, ha dato luce alla fazione locale che si richiama a Bin Laden. Non sarà una sorpresa se gli islamisti sfrutteranno il momento per attirare nuovi seguaci. Guido Olimpio 03 gennaio 2010
Nessun ferito tra i nostri militari Afghanistan: tre giorni consecutivi di scontri a fuoco per i soldati italiani In corso un'operazione congiunta per il controllo di alcuni avamposti strategici nei pressi di Bala Morghab Soldati italiani a Herat (Epa) Soldati italiani a Herat (Epa) ROMA - I soldati italiani in Afghanistan sono stati impegnati in tre giorni consecutivi di scontri a fuoco. Nessuno tra i nostri militari è rimasto ferito. Lo ha reso noto il comando italiano di Herat, secondo cui "nei giorni scorsi", nel corso di un'operazione congiunta per il controllo di alcuni avamposti strategici nei pressi di Bala Morghab, nell'ovest del Paese, "militari delle forze di sicurezza afghane e di Isaf, tra i quali i soldati del contingente italiano, sono stati fatti oggetto di ripetuti attacchi con colpi d'arma da fuoco e di razzi controcarro da parte di oltre 60 insorti". REAZIONE - "L'efficacia della reazione, frutto del coordinamento tra le forze in campo, ha consentito di rispondere al fuoco degli insorti e, grazie a mirate incursioni aeree alleate e al fuoco delle armi a tiro curvo, garantire in tempi successivi la totale libertà di movimento per le truppe e il pieno controllo dell'area", dice la nota del comando di Herat. Gli scontri, "protrattisi con brevi intervalli per più di 72 ore, si sono verificati a Bala Morghab", dove c'è la base operativa avanzata che ospita i militari italiani della Task Force North del 151° reggimento della Brigata Sassari e unità afghane e statunitensi. Nella stessa base il 29 dicembre un militare afghano ha sparato, uccidendo un soldato Usa e ferendo due italiani. RINGRAZIAMENTI - L'intervento delle forze Nato a Bala Morghab, secondo il comando del contingente italiano, si è concluso con "la neutralizzazione della minaccia e il completo sostegno della popolazione civile". I membri del Consiglio di sicurezza della comunità afghana del distretto di Morghab "hanno assistito dal posto comando a ogni istante dell'operazione coadiuvandola molto attivamente". Gli anziani del villaggio hanno anzi manifestato il loro "pieno appoggio all'intervento militare" e hanno ringraziato i responsabili dei contingenti di Isaf impegnati "a portare sviluppo, assistenza e speranza". La situazione, dicono dal comando di Herat, "è tuttora in bilico per il perdurare di pur minime reazioni da parte degli insorti ancora presenti nell'area". Quando si sarà stabilizzata del tutto, i militari di Isaf "riprenderanno l'opera di ricostruzione e sviluppo garantendo, fra l'altro, la distribuzione di aiuti umanitari, l'assistenza medica alla popolazione e tutte quelle iniziative già intraprese, con successo, a novembre e dicembre". BALA MORGHAB - Bala Morghab si trova a 170 chilometri a nord-est di Herat, al confine con il Turkmenistan, nella provincia di Badghis (una delle quattro che compongono l'area sotto responsabilità italiana). "Il fine - spiegano al comando italiano - resta quello di garantire il controllo della valle, punto strategico di frontiera, ma soprattutto perché da qui passa una tratto della Ring Road, l'anello stradale che attraversa tutto l'Afghanistan collegando tra loro le città principali".
02 gennaio 2010
2010-01-03 venerdi' vertice con i responsabili delle agenzie per la sicurezza Obama: Al Qaeda dietro l'attentatore Il presidente Usa in tv: "Il nigeriano del fallito attentato aveva aderito alla cellula yemenita dell'organizzazione" WASHINGTON - Il presidente Usa Barack Obama ha attribuito a una cellula yemenita di Al Qaida la responsabilità di aver armato e addestrato il fallito attentatore del volo Amsterdam-Detroit.Obama ha parlato dalle Hawaii, dove si trova in vacanza, nel suo discorso radiotelevisivo settimanale. Riferendosi al giovane nigeriano arrestato, Umar Faruk Abdulmutallab, il presidente ha detto: "Noi sappiamo che veniva dallo Yemen, un paese in preda a una grande povertà e a insurrezioni sanguinose. Risulta che abbia aderito a una cellula affiliata ad Al Qaeda e che questo gruppo della penisola araba l'abbia addestrato, equipaggiato con gli esplosivi e diretto per l'attacco a questo aereo in rotta verso l'America". Tutte le persone coinvolte nel fallito attentato al volo Amsterdam-Detroit "saranno tenute a risponderne" ha aggiunto Obama. Obama e la granita Obama e la granita Obama e la granita Obama e la granita Obama e la granita Obama e la granita Obama e la granita Obama e la granita CAMBI AL VERTICE - Anche se la pista yemenita era stata accreditata da varie fonti e dai media, finora le autorità americane non avevano parlato di un legame diretto con Al Qaeda da parte dell'attentatore e del gruppo yemenita, riferendo solo di generici "legami" con il gruppo terrorista. Ma il risvolto più significativo del discorso riguarda soprattutto l'azione di sicurezza e prevenzione, con gli interventi che Obama si prepara a fare tra i responsabili dell'intelligence Usa. E il vertice già fissato per martedì con i responsabili delle agenzie governative si annuncia particolarmente teso
02 gennaio 2010(ultima modifica: 03 gennaio 2010)
2010-01-02 Critiche dai repubblicani: "Troppe falle" Obama, un vertice sulla sicurezza dopo il fallito attentato aereo Il presidente americano ha ordinato una verifica sulle "mancanze umane e sistemiche" dell'intelligence Barack Obama (Epa) Barack Obama (Epa) WASHINGTON - Una riunione con i responsabili dei servizi di intelligence per discutere di sicurezza dopo il tentato attentato del 25 dicembre scorso su un aereo diretto a Detroit. Il vertice è stato convocato da Barack Obama per la prossima settimana. Impegnato ad attenuare le critiche alla sua amministrazione per una "falla" nei servizi segreti, il presidente americano ha detto di essere stato informato dai suoi principali consiglieri e che studierà le valutazioni fatte dalle varie agenzie di intelligence nel fine settimana prima di tornare a Washington dalle Hawaii. Obama ha ordinato un'immediata verifica di quelle che ha definito "mancanze umane e sistemiche" che hanno permesso a Umar Farouk Abdulmutallab, nigeriano di 23 anni con presunti legami coi militanti islamici, di salire a bordo di un volo da Amsterdam agli Usa con dell'esplosivo a bordo, nonostante le segnalazioni del padre arrivate sui tavoli della Cia. LE ACCUSE - L'episodio ha costretto Obama sulla difensiva, provocando le accuse di parte repubblicana alla Casa Bianca di aver trascurato l'antiterrorismo e di non aver chiuso le falle nei servizi d'intelligence che erano rimaste aperte anche dopo gli attentati dell'11 settembre 2001. Mentre si trova ancora in vacanza con la famiglia alle Hawaii, il presidente ha cercato di rassicurare il pubblico Usa e di rafforzare la presa su quella che è diventata una delle più serie sfide di sicurezza nazionale, da quando è entrato in carica un anno fa. "Martedì, a Washington, incontrerò personalmente i capi delle agenzie più importanti per discutere delle verifiche in corso e anche dal rafforzamento della sicurezza e dei miglioramenti in materia di condivisione delle informazioni sulla sicurezza interna e sulle operazioni antiterrorismo", ha detto Obama in un comunicato diffuso dalla Casa Bianca. Un rapporto preliminare dovrebbe indicare nel dettaglio i "buchi" alla rete di intelligence che hanno consentito ad Abdulmutallab di imbarcarsi sul volo della Northwest con esplosivi nei vestiti. CONDIVISIONE - Il rapporto dovrebbe contenere anche delle raccomandazioni sul miglioramento della condivisione di informazioni tra le 16 diverse agenzie di intelligence statunitensi. In una nota rivolta al suo staff, l'ammiraglio Dennis Blair, direttore dell'intelligence nazionale, ha detto che coloro che hanno commesso errori saranno ritenuti responsabili. Un consigliere di primo piano ha affermato inoltre che Obama cercherà i responsabili ai più alti livelli. Un altro dirigente ha aggiunto che la verifica in corso mostrerà "dove i puntini dovevano essere collegati". La responsabile della Sicurezza Interna Usa, Janet Napolitano, invierà dirigenti dell'agenzia a discutere con i responsabili aeroportuali di tutto il mondo per verificare la sicurezza e la tecnologia utilizzata per monitorare i passeggeri sui voli diretti negli Usa UNA TRACCIA INIZIATA MESI FA - Funzionari dei servizi segreti e dell'antiterrorismo Usa, parlando sotto anonimato, hanno detto che i servizi segreti avevano ottenuto importanti informazioni su Abdulmutallab, e sulle intenzioni dei leader di al Qaeda in Yemen, nei mesi precedenti il fallito attentato. La pista d'intelligence risale a quattro mesi fa almeno, quando l'Agenzia per la Sicurezza Nazionale Usa intercettò alcune comunicazioni tra i leader di al Qaeda in Yemen in cui si discuteva della possibilità di usare un "attentatore" nigeriano, secondo quando riferito da un funzionario informato sulla vicenda. La Cia fu informata di Abdulmutallab a novembre, quando il padre si recò all'ambasciata americana in Nigeria cercando aiuto per ritrovarlo, ha detto un portavoce. L'agenzia ha dichiarato di aver collaborato con l'ambasciata per aggiungere Abdulmutallab e i suoi possibili contatti yemeniti nel database antiterrorismo Usa e di aver girato le informazioni sul giovane al National Counterterrorism Center. Anche se destavano preoccupazioni - spiega un funzionario dell'intelligence Usa - le informazioni che la Cia ricevette su Abdulmutallab erano vaghe. Un funzionario dell'antiterrorismo americano ha detto che non c'era ragione di credere che Abdulmutallab fosse anche entrato in contatto con Anwar al-Awlaki, predicatore musulmano americano legato a Nidal Malik Hasan, lo psichiatra militare ritenuto responsabile dell'uccisione di 13 persone in una sparatoria all'interno di una base dell'esercito Usa in Texas a novembre.
2010-01-01 A Lakki Marwat, nelle zone tribali nord-occidentali Pakistan: kamikaze si fa esplodere a una partita di pallavolo, è una strage Il capo della polizia locale: "Stiamo portando via la gente sepolta sotto le macerie dei tetti crollati" Manifestazione antiterrorismo a Lahore (Ap) Manifestazione antiterrorismo a Lahore (Ap) ISLAMABAD - Sono almeno 70 le vittime, ma il bilancio potrebbe salire, di un attentato compiuto da un terrorista kamikaze che si è fatto esplodere in un centro sportivo mentre era in corso una partita di pallavolo. La strage è avvenuta a Lakki Marwat, nelle zone tribali del Pakistan nord-occidentale. "Stiamo portando via la gente sepolta sotto le macerie dei tetti crollati", ha detto alla Reuters per telefono il capo della polizia locale, Ayub Khan. "L'attentatore era a piedi e si è fatto esplodere durante la partita", ha detto il funzionario. L'attacco è giunto nel giorno in cui a Karachi, capitale commerciale del Pakistan, sono praticamente sospese tutte le attività, per uno sciopero indetto da religiosi e politici per protestare contro l'ondata di violenza. SI TEMONO ALTRI ATTACCHI - Lunedì scorso un attentatore suicida ha provocato la morte di 43 persone durante una processione religiosa sciita, in un attacco rivendicato dai talebani, che hanno minacciato nuove carneficine. La prospettiva di un aumento della violenza si manifesta mentre il presidente Asif Ali Zardari vive in un momento delicato, dato che le imputazioni per corruzione contro alcuni dei suoi consiglieri potrebbero essere riprese. Il leader filo americano si è impegnato a sconfiggere i talebani e al Qaeda, ma i movimenti armati continuano a operare, e da ottobre scorso hanno ucciso centinaia di persone nonostante le offensive lanciate dal governo pakistano. In un segnale di crescente preoccupazione per la sicurezza, l'Onu ha ritirato una parte del personale dal Pakistan, ha reso noto ieri una portavoce delle Nazioni Unite. Oggi a Karachi le strade sono quasi vuote. La borsa locale, che di solito è aperta anche a Capodanno, è rimasta chiusa. La polizia ha arrestato 18 persone dopo i moti scoppiati a causati dell'attentato e in cui sono stati distrutti centinaia di negozi, con danni per circa 250 milioni di euro. Gli analisti temono che altri attacchi a Karachi potrebbero pesare sulla prospettiva di ripresa dell'economia pakistana, che oggi è in recessione virtuale, col Pil fermo al 2% nonostante la crescita della popolazione.
01 gennaio 2010
Il leader dell'opposizione Iran: Moussavi, "Pronto anche a morire" "Arrestare o uccidere me o Karroubi non calmerà la situazione" Proteste di iraniani davanti all'ambasciata a Londra (Reuters) Proteste di iraniani davanti all'ambasciata a Londra (Reuters) TEHERAN - "Non ho paura di morire per la mia gente". Lo ha detto uno dei leader dell'opposizione in Iran, Mir Hossein Moussavi. "L'Iran è in seria crisi: arrestare o uccidere me o Karroubi non calmerà la situazione. Non ho paura di morire per quello che chiede la mia gente. La legge elettorale deve essere modificata. I prigionieri politici vanno rilasciati", ha detto chiedendo la liberazione degli arrestati nelle proteste. RESPONSABILITÀ - Moussavi ha detto inoltre che il governo "deve assumersi le sue responsabilità per i problemi che ha creato nel Paese, deve liberare i prigionieri politici e riconoscere il diritto del popolo a manifestare".
01 gennaio 2010
Il dossier della cia che non è stato fatto circolare L'ultima telefonata dell'attentatore e l'allarme del padre caduto nel vuoto Il nigeriano che voleva compiere una strage sul volo Delta aveva contatti con l'imam Al Awkli * NOTIZIE CORRELATE * Fallito attentato su volo per Detroit. Il terrorista: "Addestrato da Al Qaeda" (26 dicembre 2009) * Obama: "Niente tregua ai terroristi" (28 dicembre 2009) Farouk Abdulmutallab (Olycom) Farouk Abdulmutallab (Olycom) WASHINGTON – È stata l’ultima telefonata ad allarmare il padre di Farouk Abdulmutallab, l'attentatore del volo 253. Il giovane ha chiamato il genitore dallo Yemen e gli ha comunicato che quello sarebbe stato l'ultimo contatto con la famiglia. Da quel momento, ha poi aggiunto, la sim card e il suo telefonino sarebbero stati resi inservibili dalle persone che erano con lui nel paese arabo. Sapendo che il figlio aveva abbracciato il radicalismo islamista, il padre ha raggiunto l'ambasciata americana in Nigeria e il 19 novembre è stato ricevuto dal capo antenna Cia ad Abuja. Il giorno seguente la rappresentanza diplomatica ha spedito a Washington una breve nota dove si affermava che Abdulmutallab poteva essere in contatto con estremisti dello Yemen. Più corposo il dossier redatto dalla Cia ma che, inspiegabilmente, non è stato fatto circolare. Una versione, diffusa giovedì, sostiene che lo 007, prima di passare il file ad altri apparati, aspettava di ricevere una fotografia. Negli ultimi giorni, come è noto, è anche emerso che l'intelligence aveva raccolto – in estate – una segnalazione dallo Yemen su un possibile attentato anti-Usa sotto Natale affidato "ad un nigeriano". E, stando ad alcune indiscrezioni, l'agenzia conosceva una parte del nome: Umar Farouk. È evidente che se avessero incrociato questi dati con quanto rivelato dal padre dell’attentatore forse sarebbe stato possibile cercare di individuare il giovane africano. AL QAEDA - L'inchiesta ora punta a capire come Abdulmutallab sia stato agganciato dai militanti di Al Qaeda nella Penisola arabica. Una pista battuta è quella dell'ormai celebre imam Al Awkli, esponente religioso nato in New Mexico ma di origine yemenita e da tempo fuggito nel paese arabo. Gli investigatori hanno confermato che il nigeriano e l’imam hanno avuto dei contatti. Forse prima in Gran Bretagna, quindi proprio nello Yemen. Ora vogliono comprendere se Al Awkli abbia avuto un ruolo nel trasformare l’africano in un kamikaze. I qaedisti yemeniti – secondo uno scenario – si sono affidati all’imam per attirare giovani che vivono in Occidente e in Africa. Elementi poi passati all’ala militare guidata da Nasser Al Wahishi che li ha addestrati all'uso di nuovi ordigni. Guido Olimpio 01 gennaio 2010
iNTERVISTA AL TG2. "mafia, PIANO DI CONTRASTO A GENNAIO" Terrorismo, l'allarme di Maroni "In Italia segnali preoccupanti. Innalzati i livelli di sicurezza. Terrorismo in franchising" MILANO - "Ci sono segnali molto seri di una ripresa dell'attività terroristica in tutto il mondo e ci sono segnali preoccupanti anche in Italia. Per questo abbiamo innalzato i livelli di sicurezza, abbiamo intensificato le attività di indagine ed abbiamo predisposto tutti i mezzi e gli strumenti per prevenire o impedire situazioni di questo tipo". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, in una intervista al Tg2. Maroni (Eidon) Maroni (Eidon) SEGNALI - Prendendo lo spunto dal falso pacco bomba di Malpensa, Maroni ha detto che vengono presi "sul serio tutti questi segnali perchè ormai la caratteristica dell'attività terroristica, non solo in Italia ma in tutta Europa, è quella del terrorismo in franchising: non è più una cellula di Al Qaeda che si insedia in un paese europeo, ma sono cellule locali che si formano sul territorio prendendo il know how da Al Qaida. Si tratta di una realtà nuova nel panorama terroristico, molto più difficile da individuare e da controllare ed è per questo che stiamo intensificando l'attività di intelligence". LA PAURA - Maroni si è quindi detto "d'accordo in linea generale" con chi, come il cardinale Dionigi Tettamanzi, afferma che la paura si combatte ascoltando gli altri, anche se di religione e di colore della pelle diversi. "Ci sono dei casi, però - aggiunge - come quello dell'attentatore di Milano, che sono nati più o meno in questo modo: siamo infatti in presenza di una persona che viveva in Italia da tanti anni, che era bene integrata, che aveva cominciato a frequentare una moschea di Milano e che improvvisamente si è trasformata da persona tranquilla in terrorista". LA MAFIA - Riguardo alla lotta alla mafia, il ministro ha detto che il 2010 sarà l'anno decisivo: "Sarà l'anno di una fortissima intensificazione della lotta alla criminalità organizzata" ha aggiunto al Tg2 ribadendo la sua intenzione di presentare "nel mese di gennaio al Governo un piano straordinario di contrasto alle mafie in dieci punti". "Noi - aggiunge Maroni - vogliamo lanciare l'offensiva finale contro la criminalità organizzata per liberarci per sempre da questo cancro". 31 dicembre 2009
2009-12-30 Usa: rischio attentati a Bali nella notte di Capodanno Allarme dell'ambasciata americana ai cittadini statunitensi: "Pericolo di attacchi" Agenti a Bali (foto d'archivio) Agenti a Bali (foto d'archivio) GIACARTA - L'ambasciata americana in Indonesia ha lanciato l'allarme per possibili attacchi terroristici nella notte di Capodanno a Bali, nota località turistica indonesiana. In un'e-mail inviata ai cittadini statunitensi l'ambasciata cita il governatore dell'isola, Mangku Pastika, che afferma: "Vi sono indicazioni di un attacco questa sera a Bali, ma per favore evitate il panico, mettete il vostro sistema di sicurezza in allerta". I PRECEDENTI - L'allarme giunge sei mesi dopo il duplice attacco suicida che uccise sette persone in hotel di lusso nell'isola, il 17 luglio. In due attacchi a Bali contro turisti occidentali, avvenuti nel 2002 e 2005, morirono più di 220 persone.
31 dicembre 2009
bomba a kandahar: muoiono quattro soldati canadesi e una giornalista Afghanistan, uccisi otto agenti Cia Un kamikaze vestito da militare si è fatto saltare in aria nella provincia di Khost. Raid Nato: vittime civili MILANO - Otto agenti Cia sono rimasti uccisi in Afghanistan a seguito di un attacco suicida. L'attentatore si è fatto esplodere all'ingresso di un avamposto (una forward operating base, in pratica proprio un sito che la nuova strategia di Barack Obama vuole chiudere) nella provincia di Khost. Fonti afghane hanno detto che un kamikaze con un giubbotto imbottito di esplosivo è entrato nell'installazione e si è fatto saltare in aria. Tutti i morti erano agenti Cia, ha riferito un portavoce americano. L'attacco alla base americana è stato rivendicato dai talebani. Lo riferisce l'agenzia di stampa Pajhwok. "L'attacco mortale è stato condotto da un valoroso membro dell'esercito quando gli agenti erano occupati a raccogliere informazioni sui mujaheddin", ha affermato il portavoce Zabiullah Mujahid che ha dato il nome del militare, Samiullah. Questo spiegherebbe anche come l'attentatore sia potuto penetrare nella palestra della base superprotetta. Il ministero della Difesa afghano ha però smentito che il kamikaze fosse un ufficiale dell'esercito. La reporter Michelle Lang sorride con un soldato canadese al Kandahar Airfield in Afghansitan. (AP Photo/The Canadian Press, Colin Perkel) La reporter Michelle Lang sorride con un soldato canadese al Kandahar Airfield in Afghansitan. (AP Photo/The Canadian Press, Colin Perkel) KANDAHAR - Nelle stesse ore l'esplosione di una bomba a Kandahar ha provocato la morte di quattro soldati canadesi e di una giornalista al seguito. A darne notizia è stato il ministero della Difesa di Ottawa, secondo cui nella stessa esplosione che ha investito un mezzo blindato a quattro chilometri a sud dalla città nel sud dell'Afghanistan sono rimasti feriti altri quattro militari e un civile. La giornalista canadese rimasta uccisa è Michelle Lang, 34 anni: per conto del "Calgary Herald" era arrivata nel Paese a metà dicembre e avrebbe dovuto fermarsi per sei settimane. Sempre a Kandahar i talebani hanno decapitato sei presunte spie. RAID NATO - Un bombardamento della Nato nella provincia di Helmand, nel sud dell'Afghanistan, ha invece causato diverse vittime civili. A denunciarlo è un portavoce del governatore provinciale. Il raid aereo era stato ordinato in risposta a un attacco contro una pattuglia dell'Isaf alle porte del capoluogo Lashkar Gah. Non è stato precisato quanti siano i morti e la Nato non ha voluto commentare la notizia.
30 dicembre 2009(ultima modifica: 31 dicembre 2009)
bomba a kandahar: muoiono quattro soldati canadesi e una giornalista Afghanistan, uccisi otto agenti Cia Un kamikaze vestito da militare si è fatto saltare in aria nella provincia di Khost. Raid Nato: vittime civili MILANO - Otto agenti Cia sono rimasti uccisi in Afghanistan a seguito di un attacco suicida. L'attentatore si è fatto esplodere all'ingresso di un avamposto (una forward operating base, in pratica proprio un sito che la nuova strategia di Barack Obama vuole chiudere) nella provincia di Khost. Fonti afghane hanno detto che un kamikaze con un giubbotto imbottito di esplosivo è entrato nell'installazione e si è fatto saltare in aria. Tutti i morti erano agenti Cia, ha riferito un portavoce americano. L'attacco alla base americana è stato rivendicato dai talebani. Lo riferisce l'agenzia di stampa Pajhwok. "L'attacco mortale è stato condotto da un valoroso membro dell'esercito quando gli agenti erano occupati a raccogliere informazioni sui mujaheddin", ha affermato il portavoce Zabiullah Mujahid che ha dato il nome del militare, Samiullah. Questo spiegherebbe anche come l'attentatore sia potuto penetrare nella palestra della base superprotetta. Il ministero della Difesa afghano ha però smentito che il kamikaze fosse un ufficiale dell'esercito. La reporter Michelle Lang sorride con un soldato canadese al Kandahar Airfield in Afghansitan. (AP Photo/The Canadian Press, Colin Perkel) La reporter Michelle Lang sorride con un soldato canadese al Kandahar Airfield in Afghansitan. (AP Photo/The Canadian Press, Colin Perkel) KANDAHAR - Nelle stesse ore l'esplosione di una bomba a Kandahar ha provocato la morte di quattro soldati canadesi e di una giornalista al seguito. A darne notizia è stato il ministero della Difesa di Ottawa, secondo cui nella stessa esplosione che ha investito un mezzo blindato a quattro chilometri a sud dalla città nel sud dell'Afghanistan sono rimasti feriti altri quattro militari e un civile. La giornalista canadese rimasta uccisa è Michelle Lang, 34 anni: per conto del "Calgary Herald" era arrivata nel Paese a metà dicembre e avrebbe dovuto fermarsi per sei settimane. Sempre a Kandahar i talebani hanno decapitato sei presunte spie. RAID NATO - Un bombardamento della Nato nella provincia di Helmand, nel sud dell'Afghanistan, ha invece causato diverse vittime civili. A denunciarlo è un portavoce del governatore provinciale. Il raid aereo era stato ordinato in risposta a un attacco contro una pattuglia dell'Isaf alle porte del capoluogo Lashkar Gah. Non è stato precisato quanti siano i morti e la Nato non ha voluto commentare la notizia.
30 dicembre 2009(ultima modifica: 31 dicembre 2009)
Il sito "Jaras": "centinaia di soldati e decine di mezzi corazzati verso Teheran" Iran, appello di Moussavi su Twitter "Se ci arrestano scendete in strada" Il leader dell'opposizione lancia un messaggio ai suoi sostenitori. Smentita la notizia della sua fuga Il messaggio su Twitter Il messaggio su Twitter TEHERAN - Un invito ai propri sostenitori "a scendere in strada a Teheran... nel caso che sia arrestato qualunque leader del movimento Verde. Ditelo a tutti". Il capo dell'opposizione iraniana Mir Hossein Moussavi lancia il suo appello su Twitter. Un messaggio apparso nella serata di mercoledì, dopo che l'agenzia ufficiale Irna aveva riferito della sua fuga nel nord del Paese insieme all'altra figura di spicco del fronte riformista, Mehdi Karroubi. La notizia era stata poi smentita dai familiari di Moussavi. LE MANIFESTAZIONI - Le parole di Moussavi confermano l'idea che la situazione, in Iran, potrebbe precipitare da un momento all'altro. Il sito web d'opposizione 'Jaras' afferma che "centinaia di soldati e decine di mezzi corazzati stanno muovendo da Karaj, città del nord del Paese, verso Teheran". Nella capitale, aggiunge "Jaras", stanno arrivando anche "mezzi anti-sommossa", probabilmente in vista di un inasprimento della repressione contro i manifestanti riformisti, come già annunciato nei giorni scorsi dai vertici delle forze di sicurezza iraniane. Testimoni locali, citati da 'Jaras', hanno dichiarato che l'atmosfera a Teheran rimane molto tesa. Numerosi agenti stanno pattugliando le vie e le piazze dove sono solito riunirsi i manifestanti antigovernativi, in particolare viale Vali Asr e Piazza Enqelab. NUOVI ARRESTI - Tra le ultime notizie ci sarebbe anche l'arresto di Bahareh Hedayat, studentessa attivista del movimento riformista iraniano e dirigente del Tahkim Vahdat, la più grande organizzazione studentesca della Repubblica Islamica. Lo ha riferito il marito dell'attivista: "Alle 22 di ieri le forze di sicurezza si sono presentate in casa e hanno arrestato mia moglie, sequestrando il suo computer e i documenti personali". Il segretario del Tahkim Vahdat, Mehdi Arabshahi, era stato arrestato domenica e un altro membro dell'organizzazione studentesca, Milad Asadi, si trova recluso da circa un mese per aver partecipato alle manifestazioni seguite alle elezioni presidenziali di giugno. Tahkim Vahdat, negli ultimi mesi, ha accusato diverse volte il governo di voler reprimere gli studenti iraniani. I FUNERALI - Intanto si sono svolti in gran segreto e tra strette misure di sicurezza al cimitero Behesht Zahra di Teheran i funerali di Ali Habibi Mussavi, nipote di Mir Hossein Mussavi ucciso nelle manifestazioni di piazza di domenica. Il corpo, ha scritto il sito Rahesabz, è stato restituito dopo tre giorni alla famiglia a condizione che le esequie si svolgessero "nel silenzio dei media". Ai funerali era presente lo stesso Mussavi. Per la morte di Ali Mussavi il ministro dell'Intelligence iraniano, Heidar Moslehi, ha accusato i Mujaheddin del Popolo, principale gruppo armato di opposizione alla Repubblica islamica, inserito tra l'altro nella lista delle organizzazioni terroristiche degli Stati Uniti. Comunque, ha aggiunto Moslehi, si è trattato di "un attacco terroristico" che nulla ha a che vedere con le manifestazioni di domenica.
31 dicembre 2009
2009-12-30 la reazione degli states alla strage mancata per un soffio sul Volo Delta Fallito attacco, ira di Obama "Usa pronti a raid in Yemen" La Cnn: gli Stati Uniti pensano a un'azione contro i terroristi di Al Qaeda nella Penisola araba Il presidente americano Barack Obama (Ansa) Il presidente americano Barack Obama (Ansa) MILANO - Gli Usa stanno pensando a un'azione contro i terroristi in Yemen, per reagire alla strage di Natale sul volo Delta per Detroit, mancata per un soffio. La notizia, diffusa dalla Cnn, arriva poche ore dopo il secondo intervento di Barack Obama su quanto accaduto cinque giorni fa. Parole dure quelle dell'inquilino della Casa Bianca, che ha parlato di "errori e responsabilità umane inaccettabili". "Dobbiamo imparare da questo episodio", ha detto il presidente Usa, annunciando contestualmente che già giovedì si avranno i primi risultati delle due inchieste aperte sull'episodio. Intanto la Cnn, citando fonti dell'amministrazione Obama, fa sapere che le forze speciali d'intervento e l'intelligence americana, assieme ai militari yemeniti, stanno cercando di individuare degli obiettivi per mettere in atto un'azione di rappresaglia contro chi ha organizzato l'attentato fallito di Detroit. La Cnn sottolinea inoltre che si sta facendo ogni sforzo per colpire individui strettamente legati al nigeriano che ha acquisito in Yemen le informazioni e l'esplosivo per la tentata strage sul volo Delta il giorno di Natale. SI ESAMINANO I POSSIBILI OBIETTIVI - La Cnn cita fonti dell'amministrazione Obama secondo cui è venuto il momento di fare i conti con il ramo di Al Qaeda nel Paese che ha rivendicato la paternità del fallito attacco sul volo per Detroit. Stando alle fonti il Pentagono sta esaminando i possibili obiettivi da colpire insieme alle forze armate yemenite. Non è ancora stato deciso "un attacco di rappresaglia", ma è bene "avere pronte delle opzioni qualora il presidente Obama decidesse in questo senso". Lo scopo, hanno aggiunto le fonti, "è di verificare quali obiettivi possono essere considerati legati all'attentato contro il volo Nortwest e alla sua preparazione". Il governo di Sanàa, hanno aggiunto le fonti, "non ha ancora dato il via libera a un attacco condotto con commando trasportati in elicottero il cui compito sarebbe di catturare sospettati per interrogarli".
30 dicembre 2009
i primi risultati dell'inchiesta arriveranno giovedì Obama: fallito attentato aereo, ci sono stati "errori e responsabilità umane" Il presidente Usa: "Quello che è successo è totalmente inaccettabile" Barack Obama (LaPresse) Barack Obama (LaPresse) HONOLULU (USA) - Quello che è successo a bordo dell'aereo della Delta-Northwest diretto da Amsterdam a Detroit il giorno di Natale "è totalmente inaccettabile". Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, secondo cui c'è stato "un errore sistemico" accompagnato da "responsabilità umane". L'errore è consistito, tra l'altro, nell'aver assunto informazioni su un sospetto terrorista e nel non averle "condivise". Il presidente americano ha detto che i primi risultati delle due inchieste da lui ordinate dopo il fallito attentato del volo Delta-Northwest arriveranno giovedì. ERRORI - È "essenziale diagnosticare rapidamente il problema", ha detto Obama alle Hawaii precisando che le due indagini hanno preso il via domenica. Obama ha citato come ragioni di preoccupazione il fatto che l'avvertimento del padre dell'attentatore sulle tendenze estremiste del figlio era stato comunicato a una agenzia di intelligence Usa ma da lì non distribuito alle autorità responsabili delle liste degli individui a cui è vietato imbarcarsi su voli di linea. "Dobbiamo imparare da questo episodio", ha detto ancora Obama osservando che "la nostra sicurezza è in gioco, vite umane sono in gioco".
29 dicembre 2009
il buco dell'intelligence Fallito attentato Usa, la Cia sapeva Captate conversazioni tra leader Al Qaeda in Yemen: si parlava di un "nigeriano" che stava per colpire WASHINGTON – Ci risiamo. Ed è un presidente Obama furioso a dirlo: l’apparato di sicurezza e l’intelligence hanno fallito. C’era il padre del terrorista che aveva lanciato l’allarme. La Cia era stata informata e – stando al New York Times – c’era qualcosa di più. Lo spionaggio elettronico avrebbe captato conversazioni tra i leader di Al Qaeda nello Yemen dove si parlava di un "nigeriano" che stava preparando un attentato. Non si faceva il nome di Farouk Abdulmutalleb ma è chiaro che sarebbe bastato incrociare l’allerta del padre con quello che veniva dal campo. Nessuno lo ha fatto. E solo ieri (martedì) il presidente sarebbe stato informato di quello che gli 007 sapevano. Ciò può spiegare il suo nuovo intervento e i toni durissimi usati. L’INCONTRO - Il padre di Abdulmutalleb, dopo un incontro con un diplomatico americano in Nigeria, ha avuto un successivo colloquio con uno 007 (19 luglio) che ha inviato un rapporto a Langley, il quartier generale in Virginia. Quel dossier – ha rivelato la Cnn - non è stato trasmesso ad altri apparati. Perché? Altre domande. Per quale motivo il centro anti-terrorismo, che è stato avvisato dall’ambasciata, non ha chiesto un supplemento di indagine? E se esistevano indicazioni su un possibile attentato come mai non sono state condotte delle verifiche? INTERROGATIVI - Le risposte possono essere diverse. 1) Le informazioni erano generiche: ma, appunto, potevano sollecitare ulteriori indagini. 2) I dati sono affogati nella burocrazia dell’intelligence (ci sono 14 agenzie): eppure si parlava di Yemen, di un ragazzo che aveva abbracciato il radicalismo. Con un controllo al computer si sarebbero accorti che aveva un visto Usa dal 2008. 3) Pigrizia mentale e sovrabbondanza di segnalazioni: ogni giorno ne arrivano a centinaia. 4) Le liste "nere" e i database non sono sempre aggiornati come dovrebbero. LA DRITTA - Uno dei problemi è proprio questo. Quale è la dritta buona? Se andiamo ad analizzare ogni recente complotto – da Madrid a Londra – vedremo che le diverse polizie avevano una traccia da esplorare prima dell’attacco. Non lo hanno fatto oppure non le hanno ritenute degne di interesse. E i terroristi hanno colpito. Al tempo stesso chissà quante centinaia di tipi sospetti sono stati seguiti per mesi senza approdare a nulla. RADAR - Ovviamente questo non può essere una scusa ma solo una lieve attenuante per chi è chiamato a vegliare sulla sicurezza ed ha disposizione fondi quasi illimitati. Senza contare che la vicenda del nigeriano segue quella del maggiore Hasan, responsabile della strage di Fort Hood e anch’egli sfuggito al radar malgrado ripetuti segnali d’allarme. In questo caso la responsabilità sembra ricadere su Fbi e Pentagono. IL GAP - A Washington i critici sostengono che oltre alla mancanza di comunicazione continua ad esserci "un gap culturale". Fbi, 007, poliziotti, Homeland Security e tutti quelli che hanno una stella sul petto hanno un blocco quasi mentale nel condividere quello che sanno. E neppure la nomina di un Direttore nazionale dell’intelligence, con compiti di coordinamento, è riuscito ad abbattere le paratie che li dividono. COME NEL 2001 - Sembra di rivedere un film. Nei mesi precedenti all’11 settembre 2001 erano emersi segnali interessanti sui rischi di attentati, erano saltati fuori dei nomi da valutare. Ma incompetenza ed errori hanno impedito di neutralizzare il complotto. Questa volta è stato il caso – la bomba che ha fatto flop – a evitare una seconda strage. Guido Olimpio 30 dicembre 2009
"Come musulmano vivo il dilemma tra liberalismo e estremismo" I diari online di Faruk "non avevo amici" Il Washington Post pubblica gli interventi sui social network dell'autore del fallito attentato di Natale WASHINGTON - Un ragazzo "solo", senza amici e "senza un vero amico islamico" e "senza nessuno con cui parlare". È questo il ritratto che emerge di Umar Farouk Abdulmutallab, il 23enne nigeriano che il giorno di Natale ha tentato di farsi esplodere a bordo di un aereo che stava atterrando a Detroit, dai messaggi inviati, tra il 2005 ed il 2007, ai social network firmandosi come "Farouk 1986". In tutto 300 messaggi che il Washington Post ha rintracciato attraverso Facebook ed una chat islamica, entrambi frequentati con l'obiettivo esplicito di trovare amici. LIBERALISMO E ESTREMISMO - "Il mio nome è Umar ma puoi chiamarmi Farouk" si legge in un post, ed in un altro "possa Allah ringraziarti per leggere i miei messaggi e premiarti per il tuo aiuto". Insistenti sono le richieste di contatto e di sentire dall'esterno "il vostro parere" sui pensieri messi in rete. Pensieri che vanno dalle normali preoccupazioni di uno studente universitario, i progetti per il futuro e la paura per i test, a qualcosa di più profondo e, con il senno di poi, preoccupante come "il dilemma tra liberalismo e l'estremismo" come musulmano. "Il profeta ha detto che la religione è facile e chiunque cercherà di caricarsi di un peso eccessivo non potrà continuare - scriveva nel 2005, quando aveva 19 anni - così ogni volta che mi rilasso, mi trovo a deviare ed allora devo tornare ad impegnarmi ma poi mi stanco di quello che sto facendo, per esempio memorizzare il Corano, come posso trovare un giusto equilibrio?". "SONO DEPRESSO" - I messaggi iniziano nell'ultimo anno in cui Farouk frequenta l'esclusiva boarding school britannica in Togo, periodo a cui si riferiscono i messaggi in cui il ragazzo spiega di non aver "nessuno con cui parlare, con cui consultarsi, nessuno che mi sostiene quando mi sento depresso e solo; non so cosa fare e credo che questa solitudine mi può portare altri problemi". La ragione principale della sua solitudine, spiega Farouk, è la mancanza di amici musulmani. "Io cerco di socializzare con tutti, non creo conflitti, rido e scherzo senza eccedere - scrive in un altro post - mi descriverei come ambizioso e determinato, soprattutto per quanto riguarda la religione: mi impegno a vivere la mia vita quotidiana secondo il Corano e la Sunna al meglio della mia possibilitá". Una devozione che spinge i compagni di scuola a soprannominarlo "Alfa", termine locale per identificare i religiosi islamici. Ma al contempo Farouk ci tiene a descriversi come un ragazzo "che fa sport, legge libri e guarda la tv, sempre però nei limiti concessi dalla religione". È questo l'aspetto che colpisce nei messaggi del ragazzo, lo sforzo di cercare di coinciliare le convinzioni religiose con lo stile di vita occidentale della scuola britannica frequentata.
29 dicembre 2009
I qaedisti stanno ora cercando di capire perché l'attentato è fallito La mutanda-bomba di Abdulmutalleb Secondo alcuni testimoni sarebbe stato girato un video sull'aereo nelle fasi concitate del fermo del terrorista La mutanda esplosiva (da Abc News) La mutanda esplosiva (da Abc News) WASHINGTON – Eccola la bomba inventata dai terroristi di Al Qaeda nella Penisola arabica. Le tv americane hanno diffuso alcune foto dell’ordigno usato da Faruk Abdulmutalleb nel fallito attentato al jet Northwest. La prima immagine mostra le mutande con un involucro cucito all’interno: era la tasca che conteneva la "polvere" esplosiva. La seconda foto mette a confronto l’indumento e l’involucro impiegato come contenitore. Quindi l’involucro separato e infine la siringa fusasi quando il terrorista l’ha impiegata per iniettare una sostanza chimica destinata a provocare la deflagrazione. A vedere questi reperti si stenta a credere che possano essere state le componenti di un ordigno. Eppure gli investigatori sono convinti che avrebbe potuto distruggere l’Airbus 330. I LABORATORI - I qaedisti yemeniti, nel comunicato di rivendicazione, hanno affermato che la bomba è stata costruita nei "laboratori" dell’organizzazione. Un’arma inusuale che sembra essere un’evoluzione di una micro-carica che i militanti hanno impiegato in un altro fallito attacco in agosto contro un esponente della sicurezza saudita, il principe Nayef. Anche in quell’occasione gli estremisti si sono vantati di aver trovato un sistema per sfuggire ai controlli: la bomba era nelle mutande (ma con una carica ben più potente e attivata da un telefonino) o nel retto del kamikaze, unica vittima dell’azione. Infatti, del terrorista non è rimasto nulla dal tronco in giù. Il principe, miracolosamente, ha riportato lievi ferite alle mani. Per gli esperti il corpo del militante avrebbe contenuto gli effetti della deflagrazione. PROBLEMI - Adesso l’intelligence ritiene che l’artificiere che ha confezionato le mutande-bomba sia al lavoro per risolvere i problemi tecnici. Al tempo stesso dovrà anche pensare a un nuovo nascondiglio visto che ormai questo è stato scoperto. La loro arma non è più un segreto. TESTIMONE – Un passeggero ha raccontato che ad Amsterdam un giovane di colore, accompagnato da un uomo ben vestito e che sembrava un indiano, si è avvicinato al desk dell’imbarco. L’adulto ha spiegato all’addetto della compagnia che il giovane "non aveva passaporto". L’impiegato ha replicato che "allora non poteva salire a bordo". I due si sono allontanati. Il passeggero ritiene che il giovane fosse proprio l’attentatore. Un portavoce della polizia olandese ha precisato che saranno svolti accertamenti. Sembra strano, però, che Abdulmutallab abbia rischiato di compromettere la missione presentandosi senza un documento valido. FILMATO – Un uomo, seduto non lontano dal posto 19 A, passeggero avrebbe ripreso con una videocamera tutte le fasi dell’attacco. Dal momento del principio di incendio all’intervento degli steward. A sostenerlo una passeggera americana che si trovava alle sue spalle. C’è davvero un filmato? E chi è stato a girarlo? Se esiste spunterà su qualche tv. Guido Olimpio 29 dicembre 2009
l'iniziativa potrebbe portare alla pubblicazione di 400 milioni di carte a partire dal 2013 Guerra Fredda, la Casa Bianca svelerà i documenti top secret Obama ha deciso che il governo federale dovrà allentare i vincoli sui documenti amministrativi secretati MILANO - Barack Obama ha compiuto un altro passo che lo distanzia dalla politica del suo predecessore alla Casa Bianca, George W. Bush: il presidente degli Stati uniti infatti ha deciso che il governo federale dovrà allentare i vincoli sui documenti amministrativi definiti "top secret": un’iniziativa che potrebbe portare alla pubblicazione di oltre 400 milioni di carte risalenti al periodo della Guerra Fredda. Da adesso in poi, in base a questa decisione, tutto ciò che viene archiviato a livello federale potrà essere potenzialmente reso pubblico e le agenzie che appongono il timbro "secret" sui loro documenti dovranno spiegare perché fanno questa scelta. Per mettere in opera questa scelta verrà creato un centro di desecretazione dei documenti presso gli archivi nazionali americani. I documenti classificati "segreti" riguardanti l’epoca della Guerra fredda potranno uscire dagli archivi a partire dal dicembre 2013.
30 dicembre 2009
Ahmadinejad: "proteste sono una pagliacciata organizzata da americani e sionisti" Iran, stretta sui leader dell'opposizione "Sono nemici di Dio, vanno giustiziati" Teheran attacca Londra: "Basta interferenze". Arrestati la sorella del premio Nobel Ebadi e il riformista Karroubi Scontri a Teheran (Epa) Scontri a Teheran (Epa) TEHERAN - "Una nauseante mascherata promossa da americani e sionisti". Così il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha definito le manifestazioni di protesta degli oppositori al suo regime, in cui sono morte quindici persone (ma il bilancio ufficiale è fermo a otto). "La nazione iraniana ha visto molte di queste mascherate: un sionista e un americano hanno ordinato la carnevalata e ne sono gli unici spettatori". Quindi la minaccia: "È uno spettacolo che fa vomitare, ma quelli che l'hanno pianificato e quelli che vi hanno partecipato si sbagliano". Le dichiarazioni riportate dall'agenzia di stampa ufficiale Irna sono le prime fatte da Ahmadinejad dopo la violenta repressione degli ultimi giorni. LEADER OPPOSIZIONE - Sul fronte interno ci sono stati molti nuovi arresti di oppositori, due eccellenti: quello del leader riformista Mehdi Karroubi, costretto ai domiciliari, e quello della sorella del premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. E si rischia una nuova stretta contro i leader dell'opposizione. Un rappresentante dell'ayatollah Ali Khamenei, la Guida suprema, ha dichiarato che sono "nemici di Dio" e dovrebbero essere giustiziati in base alla Sharia, la legge islamica. "Coloro che stanno dietro all'attuale sedizione nel Paese - ha detto Abbas Vaez-Tabasi, un religioso che rappresenta Khamenei nella provincia di Khorosan (nord-est dell’Iran) - sono mohareb (nemici di Dio) e la legge è molto chiara in merito a quella che deve essere la punizione per i mohareb". In Iran, la Sharia prevede appunto che siano condannati alla pena di morte. Va ricordato che tra le vittime di domenica c'è anche il nipote di Mir Hossein Mousavi, che sarebbe stato ucciso dalla polizia con dei colpi alla schiena. Mercoledì potrebbe essere un'altra giornata di tensione: il governo ha lanciato un invito a manifestare in favore del regime in tutte le città del Paese. ATTACCO CONTRO LONDRA - Teheran attacca dunque la comunità internazionale. Il ministro degli Esteri Manuchehr Mottaki ha minacciato senza mezzi termini la Gran Bretagna, affermando che se non cesserà gli attacchi contro la repressione delle proteste "riceverà un pugno in bocca". Quindi l'ambasciatore inglese è stato convocato dal governo iraniano. Da Londra un portavoce del ministero degli Esteri ha sottolineato che il diplomatico risponderà "con forza" a ogni critica e insisterà sul fatto che l'Iran deve rispettare i diritti umani. BOTTA E RISPOSTA - Lunedì il ministro degli Esteri inglese David Miliband aveva definito "preoccupante" la mancanza di autocontrollo mostrata dalle forze dell'ordine iraniane negli incidenti avvenuti nel giorno dell'Ashura. E condanne sono fioccate anche da altri Paesi della Ue e dagli Usa. "Le dichiarazioni di certe autorità straniere mostrano le cose vergognose che hanno fatto - ha replicato a tutti Mottaki -. Finora non abbiamo reso pubblici i loro dossier, su cosa hanno fatto e quando. Ma fortunatamente i popoli ne sono a conoscenza, e la faccenda è chiara". Dall'inizio delle proteste di piazza seguite alle elezioni presidenziali del 12 giugno, Mottaki ha affermato che il tutto era conseguenza di un complotto di Londra. Nessuna parola, invece, contro l'amministrazione americana, nonostante la presa di posizione di Obama, che ha duramente criticato Teheran e chiesto l'immediata scarcerazione delle persone "ingiustamente arrestate". FRANCIA: LIBERATE I PRIGIONIERI - Sulla stessa linea la Francia, che chiede la liberazione degli oppositori detenuti in Iran, compresa la sorella di Shirin Ebadi. "Chiedo alle autorità iraniane di rispettare il diritto d’espressione democratica dei cittadini e dei partiti politici iraniani, di rispettare la libertà dei media e di liberare tutte le persone ingiustamente detenute" ha detto il ministro degli Esteri, Bernard Kouchner, aggiungendo che l'arresto di Noushine Ebadi "costituisce una pressione inaccettabile su questa coraggiosa militante della società civile". Kouchner ha espresso preoccupazione anche per la sorte di Emadeddin Baghi, giornalista e presidente dell’Associazione di difesa dei diritti dei prigionieri politici. Anche il presidente Sarkozy ha condannato "la sanguinosa repressione delle manifestazioni" e ammonito che altri arresti "aggraverebbero ulteriormente la situazione". "COMPLOTTO DEI MEDIA OCCIDENTALI" - Il portavoce di Mottaki, Ramin Mehmanparast, ha ribadito l'accusa a diversi Paesi di fomentare le proteste, annunciando l'apertura di un'inchiesta. Ha poi precisato che diversi giornalisti sono stati arrestati "per aver agito illegalmente". Tra questi un siriano inviato di Dubai Tv; Mohammad Javad Saberi, Badrosadat Mofidi, capo dell'Associazione dei giornalisti iraniani; Nasrin Vaziri dell'agenzia Ilna e Keyvan Mehregan del quotidiano riformista Etemad. I Pasdaran, o Guardiani della rivoluzione, hanno diramato un comunicato affermando che i media occidentali distorcono le notizie con l'obiettivo di rovesciare il governo di Ahmadinejad. Sono stati arrestati anche due dirigenti del Fronte nazionale iraniano, storico partito nazional-liberale fondato nel 1949 dall'ex primo ministro Mohammad Mosaddeq. Il maggiore partito riformista, Mosharekat, ha chiesto ai responsabili del regime di "chiedere perdono al popolo e tornare alla Costituzione per uscire dalla crisi". Definisce gli incidenti di domenica "attacchi di forze militari contro gente indifesa" e le retate contro attivisti politici e giornalisti "vaste operazioni di arresti alla cieca". ARRESTATO KARROUBI - La notizia dell'arresto dell'ex presidente del Parlamento Mehdi Karroubi è stata diffusa sui blog e su Twitter ed è stata rilanciata su Internet da un giornalista iraniano che ha dichiarato di aver ricevuto l'informazione direttamente dal figlio del leader riformista. È stato nuovamente arrestato anche il cognato dell'altro leader riformista, Mir-Hossein Mousavi. Shahpour Kazemi era già finito in carcere dopo le elezioni presidenziali di giugno con l'accusa di aver attentato alla sicurezza nazionale e pianificato "una rivoluzione" per sovvertire la Repubblica islamica. Era stato rilasciato il 26 novembre su cauzione. Shirin Ebadi Shirin Ebadi SHIRIN EBADI - Shirin Ebadi, Nobel per la pace nel 2003, ha reso noto che sua sorella è stata fermata dai servizi segreti iraniani, precisando che tre uomini e una donna si sono presentati lunedì sera nella sua casa a Teheran. Dopo una perquisizione dell'edificio, hanno prelevato la 47enne docente di medicina Noushine Ebadi e sequestrato il suo computer. "L'hanno arrestata per costringermi a mettere fine al mio lavoro - ha detto l'avvocatessa e attivista per i diritti umani -. Non ha fatto nulla di male, non è coinvolta nelle mie attività per i diritti umani e non ha mai partecipato ad alcuna protesta". Due mesi fa Noushine Ebadi era stata convocata dagli apparati di sicurezza. "Le fu detto che doveva convincermi a cessare le mie attività in difesa dei diritti umani, altrimenti sarebbe stata arrestata - ha aggiunto Shirin Ebadi, che vive all'estero dopo le elezioni presidenziali di giugno -. L'arresto di mia sorella è un atto illegale. Il Paese ha bisogno ora di calma più che in qualsiasi altro momento e questo può essere ottenuto solo rispettando la legge. Ogni atto illegale avrà conseguenze negative".
29 dicembre 2009(ultima modifica: 30 dicembre 2009)
dietro la vendita funzionari corrotti del governo kazako che agirebbero in proprio L'Iran starebbe per comprare 1350 tonnellate di uranio dal Kazakistan Rapporto dell'intelligence all'Aiea: il materiale servirebbe a Teheran per costruire una serie di bombe atomiche * NOTIZIE CORRELATE * Nucleare, l'ultima sfida dell'Iran: "Centrifughe di nuova generazione" (18 dicembre 2009) L'impianto nucleare iraniano segreto di Qom, da poco scoperto dall'Aiea (Reuters) L'impianto nucleare iraniano segreto di Qom, da poco scoperto dall'Aiea (Reuters) VIENNA (AUSTRIA) - Nuovo "allarme atomico" legato all'Iran. Secondo fonti di intelligence, l’Iran starebbe infatti cercando di importare 1.350 tonnellate di uranio dal Kazakistan. Lo riferiscono con preoccupazione fonti diplomatiche da Vienna, dove ha sede l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), citando per l'appunto un rapporto dei servizi segreti. ACQUISTO - L'acquisto dell'uranio purificato, per un controvalore di 450 milioni di dollari, circa 315 milioni di euro, sarebbe una questione di poche settimane. Dietro l'acquisto vi sarebbero funzionari corrotti del governo kazako che agirebbero per proprio conto. L'uranio purificato potrebbe essere utilizzato da Teheran per costruire una serie di bombe atomiche.
29 dicembre 2009
il sindaco sgarbi: testimonia l'incoercibile diritto alla libertà di espressione Salemi, una via per gli studenti iraniani La decisione irrita Teheran, che convoca l'ambasciatore italiano. "Cambieremo nome alle vie Italia e Roma" Sgarbi davanti alla targa della via dedicata agli studenti di Teheran (da www.trapanioggi.it) Sgarbi davanti alla targa della via dedicata agli studenti di Teheran (da www.trapanioggi.it) MILANO - Via studenti di Teheran. Suona così l'intitolazione che la giunta di Salemi, in Sicilia, ha deciso di dedicare agli iraniani che protestano contro il regime rischiando la vita. E il governo di Teheran mostra i denti. Il sindaco della città, come noto, è il critico d'arte Vittorio Sgarbi. Questi è stato informato che "le autorità iraniane hanno convocato l'ambasciatore italiano per chiedere conto dell'iniziativa". "PROVOCAZIONE" - Le autorità di Teheran parlano di "provocazione" e minacciano: "Cambieremo nome alle vie "Roma" e "Italia" a Teheran". La decisione di dedicare una via agli studenti di Teheran a Salemi - precisa Sgarbi - era stata assunta in autonomia dal Comune di Salemi e "l'intitolazione è stata inaugurata senza particolari enfatizzazioni o polemiche, a testimoniare l'incoercibile diritto alla libertà di espressione e nel rispetto delle regole stabilite dalla democrazia". La cerimonia risale alla fine di novembre, ma la protesta di Teheran è arrivata solo nei giorni scorsi.
29 dicembre 2009
il leader del gruppo È accusato di aver ucciso membri della setta Boko Haram Scontri in Nigeria, almeno 70 morti Diverse fazioni della setta islamica radicale Kata Kalo si sono fronteggiate a Bauchi, nel nord del Paese MILANO - Almeno 70 morti. È pesantissimo il bilancio degli scontri tra poliziotti e fondamentalisti islamici in Nigeria, dopo che diverse fazioni della setta Kata Kalo si sono fronteggiate a Bauchi, capoluogo dell'omonimo Stato nigeriano del nord a maggioranza musulmana. Le forze di sicurezza sono intervenute per dividere i gruppi. ASSALTI - Lunedì alcuni militanti armati hanno attaccato una stazione della polizia dove era stato portato il loro leader, accusato dell’uccisione di diversi membri di un'altra setta islamica, la Boko Haram. Un giornalista della France Presse ha riferito di aver visto 42 cadaveri nell'anticamera dell'obitorio di Bauchi, tutti con ferite da machete o da armi da fuoco. Fra i corpi il giornalista ha detto di aver riconosciuto anche il capo dei Kata Kalo. Nelle celle refrigerate inoltre ci sono altri 25 cadaveri, molti di giovanissimi. Ai 67 presunti membri della setta uccisi si devono aggiungere i due militari e il poliziotto rimasti morti negli combattimenti di lunedì. IL PRECEDENTE A LUGLIO - Lo scorso luglio un'altra setta, quella filo-talebana di Boko Haram, si scontrò con i cristiani e con le forze di sicurezza nigeriane in vari Stati del nord a maggioranza musulmana, compreso quello di Bauchi, provocando la morte di almeno 800 persone. Tanto Boko Hamar quanto Kata Kalo affondano le radici nel movimento radicale Maitatsine, che scatenò una violenza religiosa senza precedenti nel 1980.
30 dicembre 2009
l'oggetto trovato dal personale delle pulizie davanti all'area check-in per i voli a rischio Finta bomba nei bagni, paura a Malpensa Fatto brillare un pacco sospetto, con fili e antenna ma senza esplosivo. Si indaga per procurato allarme MILANO - Allarme bomba all'aeroporto di Malpensa. Gli artificieri hanno fatto brillare un pacco sospetto, con fili e antenna, trovato dal personale delle pulizie nel bagno degli uomini, davanti all'area check-in per i voli a rischio. Il pacchetto, che misurava venti centimetri per dieci ed era sigillato con nastro adesivo, conteneva un'antenna collegata a una ricetrasmittente, da cui spuntavano alcuni fili. Nel pacco però non c'era esplosivo: si trattava di una finta bomba, realizzata allo scopo di creare panico. La Procura della Repubblica di Busto Arsizio ha aperto un fascicolo di indagine con l'ipotesi di reato prevista dall'articolo 658 Codice Penale, ossia procurato allarme. La Polaria sta redigendo una informativa da trasmettere alla Procura. Al momento non è giunta alcuna rivendicazione. LA SCOPERTA - L'oggetto si trovava in un'area esterna rispetto a quella dove vengono effettuati i controlli sui bagagli e i passeggeri, intensificati negli ultimi giorni. A lanciare l'allarme, intorno alle 13, è stato il personale che si occupa delle pulizie. Un inserviente, in uno dei vani del bagno uomini, ha trovato un pacco abbandonato di forma quadrata legato con del nastro adesivo nero. Il pacco è stato giudicato "sospetto" per la presenza di alcuni fili e di una piccola antenna. È subito intervenuta la polizia, che ha transennato l'area davanti ai check-in 10 e 11 e quella sovrastante in attesa dell'arrivo degli artificieri. Gli esperti hanno quindi fatto brillare l'oggetto con una "cannonata d'acqua", un getto sparato da un artificiere, che serve a neutralizzare l'oggetto. Gli inquirenti, che non escludono l'ipotesi che si sia trattato di una azione dimostrativa, hanno già cominciato a visionare le cassette della videosorveglianza dell'aeroporto. Il pacco potrebbe essere stato sistemato nel bagno a metà mattinata. In base ai turni delle pulizie, i locali vengono puliti ogni 5/6 ore. TRAFFICO REGOLARE - Il traffico aereo è sempre continuato regolarmente. L'unico inconveniente per i passeggeri è stata la temporanea chiusura dei due check-in, ma i viaggiatori sono stati spostati agli sportelli vicini. L'intervento della polizia e degli artificieri si è svolto sotto gli occhi incuriositi dei viaggiatori, tenuti a distanza di sicurezza. Qualcuno, un po' preoccupato, ha chiesto informazioni, ma non ci sono state reazioni di vero spavento. Intorno alle 14 le aree transennate sono state riaperte, con la sola esclusione di quella interessata direttamente dalle indagini. BALOTTA: NO TESSERINO PESCA - "Non bisogna mai abbassare la guardia su un sistema complesso e fragile come quello aeroportuale: lascia perplessi la borbonica ostinazione ad acconsentire l'imbarco a passeggeri che esibiscono il tesserino di pesca quale documento di riconoscimento", è il commento dell'ex segretario Fit-Cisl ed esperto del settore trasporti Dario Balotta. "Anche la legge italiana deve permettere l'imbarco solo con carta d'identità o passaporto, superando in questo modo la recente sentenza del Tar del Lazio. I gestori aeroportuali infine, non devono considerare la sicurezza come un'area di profitto e reinvestire tutte le ingenti risorse incassate a questo titolo".
29 dicembre 2009
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it2010-01-09 L'ex direttore della Cia John McLaughlin guiderà l'inchiesta sugli errori che hanno impedito di prevenire l'attentato sul volo Amsterdam-Detroit e la strage nella base di Fort Hood Usa, allarme attentati su voli Uganda-Sudan Arrestato l'uomo del bacio all'aeroporto di Newark L'ambasciata degli Stati Uniti a Khartoum ha ricevuto informazioni su un progetto di gruppi estremisti A rischio la tratta tra Kampala e Luba, per la compagnia Air Uganda
ROMA - L'ambasciata degli Stati Uniti in Sudan ha ricevuto informazioni secondo cui un gruppo "estremista" ha intenzione di effettuare un attentato a bordo di un volo tra l'Uganda e il Sud-Sudan. "L'ambasciata degli Stati Uniti ha ricevuto informazioni secondo cui estremisti della regione intenderebbero compiere un attentato a bordo di un volo Air Uganda" su una tratta tra Kampala, in Uganda, e Juba, la capitale del Sud-Sudan semi autonomo, si legge sul sito dell'ambasciata. "La minaccia è sufficientemente seria per mettere in guardia tutti i passeggeri americani", prosegue la nota sul sito, che esorta i passeggeri ad essere "vigili". E intanto sarà l'ex direttore della Cia John McLaughlin a guidare l'inchiesta sugli errori e le carenze dell'intelligence Usa che hanno impedito di prevenire l'attentato sul volo Amsterdam-Detroit e la strage nella base di Fort Hood. McLaughlin sarà "a capo di un gruppo ristretto di esperti di sicurezza nazionale che esamineranno le recenti sfide fronteggiate dalla comunità dell'intelligence" e dovrà studiare "la sequenza di eventi" che hanno preceduto l'attentato di Natale sul volo della Northwest e la strage di 12 soldati avvenuta il 5 novembre a Fort Hood e avanzare "proposte per rimediare alle carenze nei sistemi di intelligence e nelle procedure" evidenziate dai due episodi. In entrambi i casi è emerso che gli attentatori erano fanatici musulmani già finiti nel mirino dei servizi segreti Usa come possibili terroristi. La nomina di McLaughlin arriva all'indomani dell'assunzione di responsabilità del presidente americano, Barack Obama, per la mancata prevenzione dell'attentato di Natale. Nel frattempo, si legge sul New York Times online, è stato arrestato l'uomo sospettato di aver eluso la sicurezza all'aeroporto di Newark la scorsa domenica causandone la chiusura per circa sei ore e provocando così il caos nell'importante scalo di New York. Un video, diffuso giovedì, mostra Haisong Jiang, di 28 anni, che supera le barriere di sicurezza all'aeroporto di Newark domenica per salutare una donna con un bacio. Le stesse immagini mostrano un addetto alla sicurezza che si allontana dalla sua postazione poco prima che l'uomo 'sconfini' nella zona ad accesso ristretto. (09 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Esteri
Togo, morti due componenti della nazionale La squadra non parteciperà alla coppa d'Africa La notizia confermata da fonti della Conferedazione africana di calcio. Si tratta dell'allenatore in seconda e dell'addetto stampa. I due erano rimasti feriti nell'attacco al bus in cui aveva perso la vita l'autista. Deciso il ritiro dalla manifestazione
CABINDA (Angola) - Due membri della delegazione del Togo sono morti in seguito all'attacco contro il pullman della nazionale avvenuto ieri al confine tra Congo e Angola. Lo hanno confermato fonti della Confederazione africana di calcio, presenti a Cabinda. Le vittime sono Abalo Ametelè, vice allenatore del ct Velud, e l'addetto stampa Stan Ocloo. Feriti gravemente nell'attacco di ieri, si sono spenti intorno alle 4.30 di stamattina. Oltre a loro è deceduto l'autista del pullman. In queste ore la squadra sta decidente se lasciare l'Angola e ritirarsi dalla coppa d'Africa, che dovrebbe prendere il via domani. "Stiamo parlando con i giocatori - ha spiegato un portavoce della federcalcio del Togo - e solo dopo aver parlato con loro decideremo se partecipare o meno alla competizione''. Intanto il Manchester City ha annunciato che Emmanuel Adebayor, stella del Togo, tornerà nelle prossime ore in Inghilterra. (09 gennaio 2010)
2010-01-08 Sarebbero collegati all'autista afghano che tentò l'attacco nell'anniversario dell'11/9 La cellula di al Qaeda aveva cercato di mettere bombe sulla metropolitana Terrorismo, Fbi arresta due uomini Complici dell'attacco sventato a NY Nel pomeriggio momenti di tensione all'aeroporto di Boston lo scalo evacuato per fumo sospetto dalla cabina di un aereo Delta
L'arresto di Najibullah Zazi NEW YORK - Due uomini, Adis Medunjanin e Zarein Ahmedzay, sono stati arrestati dalle forze speciali antiterrorismo dell'Fbi in collegamento con il caso di Najibullah Zazi, l'afghano accusato dello sventato attentato di Al Qaeda per l'ottavo anniversario dell'11 settembre. I due frequentavano la stessa scuola di Zazi, la Flushing High School ed erano andati in Pakistan con lui nel 2008. Catturato nei pressi del Whitestone Bridge, nel Queen's, dov'era andato a sbattere con l'auto dopo essere sfuggito all'arresto nella sua abitazione, Adis Medunjanin, bosniaco di 25 anni al quale era già stato ritirato il passaporto, è considerato un complice di Najibullah Zazi nell'acquisizione di armi di sterminio. La tensione resta alta negli scali degli Stati Uniti. Nel pomeriggio è stato evacuato un settore dell'aeroporto di Boston dopo che del fumo è stato visto uscire dalla cabina di un aereo Delta. Quanto a Najibullah Zazi, l'autista ventiquattrenne di origine afghana in servizio in un aeroporto del Colorado era stato arrestato a inizio settembre con l'accusa di aver acquisito esplosivi e prodotti chimici per compiere un attentato in luoghi affollati di New York. Sospettato di aver coordinato una cellula di al Qaida per attentati a New York, si è dichiarato non colpevole. Il giudice ha ordinato che Zazi resti in carcere senza possibilità di chiedere la libertà sulla parola. Anche il padre di Zazi, Mohammed Wali Zazi, era stato incriminato per falsa testimonianza di fronte alle autorità del Colorado, così come Ahmad Wais Afzali, un imam di New York. Intanto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha fatto sapere proporrà la creazione di un gruppo di Paesi amici dello Yemen disposti a collaborare con Sanaa nella lotta al terrorismo. La proposta sarà avanzata alla conferenza sullo Yemen che si terrà il 28 gennaio a Londra. Il nuovo gruppo dovrebbe riunire i Paesi disposti a collaborare tra di loro e con le autorità di Sanàa "per rafforzare le misure di 'capacity building' nel settore della sicurezza", fermo restando, ha sottolineato il portavoce della Farnesina, "il principio di auto-responsabilizzazione" per cui la sicurezza dello Yemen è anzitutto a carico delle autorità del Paese.
(08 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Esteri
2010-01-07 Il presidente degli Stati Uniti parla di nuovo del fallito attentato di Natale "Non c'è stato il coordinamento degli 007. Un miliardo per nuove misure di sicurezza" Obama: "La mia amministrazione ha fallito il mancato attentato poteva essere prevenuto" NEW YORK - "La mia amministrazione ha fallito". Barack Obama torna a parlare del fallito attentato di Natale e assume su sé stesso e sulla sua squadra la responsabilità di aver esposto gli Stati Uniti a una possibile tragedia. Il presidente guarda in faccia il suo popolo e ammette: "E' mancato il coordinamento delle intelligence. Il fallito attentato poteva essere prevenuto, avevamo le informazioni necessarie ma non siamo stati in grado di analizzare i dati. E la responabilità finale è sempre del presidente". Intanto, nel corso di un briefing alla Casa Bianca, il ministro della Sicurezza Interna, Janet Napolitano, ha annunciato che si recherà presto in Spagna per un riunione con i ministri europei finalizzata a coordinare e rafforzare le misure di sicurezza in chiave antiterrorismo. Il ministro ha anche annunciato che entro l'anno saranno installati almeno 300 body scanner negli aeroporti americani. "Non cadremo nella mentalità del paese assediato" ha detto Obama durante il suo intervento, perché "è proprio quello che i terroristi vorrebbero". Poi, i provvedimenti più immediati: un giro di vite sulla concessione e la revoca dei visti per gli Stati Uniti ("saranno revisionate le regole"), il rafforzamento della lista delle persone sospette, e una più precisa divisione dei ruoli: "in futuro l'intelligence dovrà assegnare specifiche responsabilità per indagare su tutte le minacce intercettate". Il presidente ha anche invitato i partner internazionali a rafforzare le loro misure di sicurezza e i controlli nei rispettivi aeroporti. Tutto questo, ha ricordato, perché "siamo in guerra, siamo in guerra contro al Qaeda".
L'autocritica del presidente Usa era stata anticipata dalla Cnn ma James Jones, uno dei consiglieri per la sicurezza, aveva avvertito che gli americani avrebbero provato "un vero shock" dopo aver ascoltato tutti i dettagli sul fallimento degli 007 che non sono riusciti a fermare Umar Farouk Abdul Mutallab, il giovane nigeriano che ha tentato di farsi eslodere in volo. La Casa Bianca aveva già parlato di "errori inaccettabili". Secondo Jones, intervistato da Usa Today, sarebbero evidenti i legami con la strage di Fort Wood: anche questa un fallimento dei servizi che non sarebbero riusciti a prevenirla malgrado tutti i campanelli d'allarme sul maggiore Malik Nadal Asam e sui suoi rapporti con l'imam del terrore Anwar al Awlaki. Ma non basta. Dall'inchiesta emergerebbe l'ulteriore beffa. I funzionari della dogana erano pronti a fermare e interrogare il giovane nigeriano una volta sceso dall'aereo che lo aveva portato da Amsterdam a Detroit. Seppure con molto ritardo qualcuno si sarebbe infatti accorto di qualche stranezza. "Quelli di Detroit erano pronti a fargli una seconda ispezione" ha detto un ufficiale della sicurezza al Los Angeles Times. "La decisione era già stata presa. I dati del dipartimento di Stato parlavano allarmati di questo tipo, dicevano chera aveva frequentato degli estremisti nello Yemen. Dovevano soltanto decidere se fermarlo o no una volta sceso dall'aereo". L'allarme era stato dato anche dai servizi britannici, che erano riusciti a ricostruire i legami del giovane con Al Qaeda e avevano passato le informazioni ai colleghi americani. Ma più di qualcosa non ha funzionato nella trasmissione degli allarmi. Lo stesso capo del National CounterTerrorismo Center, l'organismo creato dopo l'11 settembre per coordinare i servizi, è rimasto in ferie dopo il mancato attentato: lo rivela il Daily News, Michael Leiter non ha neppure interrotto la sua vacanza sulla neve. E un sondaggio dice che il 79% degli elettori teme un attacco in questo 2010. I servizi segreti hanno fatto una cavolata, "screw up", ha detto l'altra sera Obama utilizzando una parola di uso popolare a cui è affezionato. "E non puntate il dito l'uno contro l'altro", ha aggiunto. "Mi assumo la mia parte di responsabilità", gli ha risposto dietro la porta della Situation Room il consigliere per la sicurezza John Brennan, che poi ha esortato i capi dei servizi a "rimettere a posto il sistema": bisogna che tutto torni a funzionare "come il presidente vuole". Anche il capo di stato maggiore Mike Mullen ha invitato l'intelligence "a fare di più, contro questo incidente siamo andati di petto". Umar Farouk Abul Mutallab è stato ufficialmente incriminato con sei accuse, tra cui tentata distruzione dell'aeroplano e tentato omicidio di quasi 300 persone. "E' una disperata corsa contro il tempo" dice un funzionario della Casa Bianca, "anche se non abbiamo notizie precise di plot, sappiamo di decine di terroristi pronti a colpire". (07 gennaio 2010)
Il ministro dell'Interno smentisce la notizia data ieri in forma anomima da fonti della sicurezza: "Non è vero che al Hanak è stato arrestato"
Yemen, il ministro dell'Interno "Il capo di Al Qaeda ancora in fuga" SANAA - Retromarcia delle autorità yemenite: il ministro dell'Interno Rashad al Hlimi ha reso noto che il capo locale di Al Qaeda Mohammad Ahmed al Hanak è ancora in fuga. E dunque ha smentito la clamorosa notizia del suo arresto in un ospedale, data ieri da fonti della sicurezza in forma anonima e ripresa da tutti gli organi di stampa internazionali. E' vero però che tre persone sono state arrestate ieri in ospedale come sospetti membri di Al Qaeda: la differenza, e non da poco, è che tra loro, Hanak non c'è. Uno dei tre militanti catturati, identificato inizialmente come il leader di Al Qaeda, era riuscito a fuggire tre giorni fa, benché ferito, durante uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza nella regione di Arhab. Nella sparatoria due suoi complici erano stati uccisi e alcuni altri feriti e arrestati. Ieri era stato rintracciato in un ospedale, assieme ad altri due militanti, pure feriti, nel villaggio di Raida, un'ottantina di chilometri a Nord di Sana'a. E intanto oggi, sempre dallo Yemen, viene confermata la notizia che il giovane nigeriano autore del fallito attentato sul volo Delta Airlines diretto a Detroit aveva incontrato l'imam radicale Anwar al-Awlaki, figura chiave del terrorismo yemenita e ispiratore spirituale dello stragista di Fort Hood, Nidal Hisan. Anche questa informazione arriva dal governo di Sanaa, secondo cui l'incontro avvenne nella provincia di Shabwa, nel periodo che Umar Faourk Abdulmutallab trascorse in Yemen. La scorsa settimana John Brennan, consigliere del presidente Barack Obama per la lotta al terrorismo e la sicurezza interna, aveva parlato di "segnali" di un contatto diretto tra i due uomini.
(07 gennaio 2010
2010-01-06 Catturato il capo locale di Al Qaeda SANAA - La polizia yemenita ha catturato Mohammed al-Hanq, capo di al Qaeda nello Stato arabo. (06 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Esteri
Riuniti alla Casa Bianca i vertici delle agenzie per discutere le falle nella sicurezza "Informazioni utili" dal nigeriano che voleva far saltare il volo Delta Obama: "Mai più errori di intelligence Contro Al Qaeda nuovi sistemi di difesa" No al trasferimento di detenuti di Guantanamo nello Yemen, "ma chiuderemo il campo" Allarme all'aeroporto di Minneapolis per valigia sospetta Barack Obama WASHINGTON - Nella vicenda del fallito attentato al volo Delta a Natale "abbiamo commesso errori inacettabili. Non dovrà più accadere". Barack Obama compare in tv al termine del vertice sulla sicurezza con i responsabili dell'amministrazione al rientro dalle vacanze alle Hawaii. E promette l'introduzione di nuove misure di sicurezza, personale meglio addestrato, ulteriori restrizioni alla possibilità di accesso al territorio americano. Ma anche la chiusura del campo di detenzione di Guantanamo, anche se ormai molti dei detenuti ancora lì rinchiusi dovrebbero rientrare in quello che appare sempre più come l'ultimo santuario di Al Qaeda: lo Yemen. Un discorso breve, con scarsi dettagli operativi ma un chiaro intento apologetico, pronunciato nel giorno in cui gli aeroporti americani continuano a reagire con allarme a ogni minimo segnale di pericolo. L'errore. "Siamo determinati a smantellare le reti terroristiche una volta per tutte - ha detto Obama - L'intelligence e le agenzie per la sicurezza hanno lavorato bene smantellando complotti e salvando la vita di milioni di americani. Ma è evidente che il sistema ha mostrato una falla se è stato possibile che un attentatore sia salito su un aereo ed è mia responsabilità capire perché". "Sappiamo che ci sono terroristi in Yemen pronti a colpire anche gli Usa - ha proseguito Obama - Non sapevamo della pericolosità di questo attentatore nello specifico, ma avevamo abbastanza informazioni per sventare un complotto, ma non sufficienti per metterlo nella lista di coloro a cui è vietato volare. E' stato un errore: le agenzie avevano accesso alle informazioni ma non abbiamo lavorato nel modo giusto. Non possiamo sottovalutare questi dati: è inaccettabile. Dobbiamo agire velocemente, le vite degli americani sono in gioco".
La sicurezza. "Ho ordinato la revisione del sistema di screening della sicurezza aerea anche in base alle nuove tecnologie - ha continuato il presidente Usa - Sarà rafforzato anche il sistema di sorveglianza dei terroristi nei loro paese, lo screening sugli esplosivi e la formazione del personale". I rapporti su queste misure, ha concluso, saranno pubblicati nei prossimi giorni. Il vertice, convocato da Obama fin dalla settimana scorsa, ha già avuto delle conseguenze dirette. In primo luogo sono state rafforzate le misure di sicurezza su tutti i voli in partenza per l'America, in particolare quelli che partono da 14 "Paesi di interesse", come li hanno definiti gli Usa fornendone l'elenco (Cuba, Iran, Sudan, Siria, Afghanistan, Algeria, Arabia Saudita, Iraq, Libano, Libia, Nigeria, Pakistan, Somalia e Yemen). In secondo luogo è stata "profondamente" rivista e ampliata dalle autorità Usa la 'no fly list', la lista delle persone alle quali per gli Usa deve essere impedito l'accesso al volo. In terzo luogo gli aeroporti del mondo sono stati invitati a introdurre body scanner capaci di 'vedere' sotto i vestiti. L'Italia ha detto sì, con il ministro degli Esteri Franco Frattini che l'ha definita una misura necessaria, così come la Gran Bretagna (i primi body scanner totali saranno operativi a Heathrow tra tre settimane). Anche Canada e Olanda hanno già dato il loro assenso di massima. Umar Farouk Mutallab
Al Qaeda. "L'organizzazione terroristica si aggiorna e si adatta. Cercano nuove partnership, nuovi paradisi e noi dobbiamo toglierglieli. Dobbiamo avere aeroporti più sicuri, sistemi di protezione più efficaci e personale in grado di lavorare più velocemente". Il vertice. Alla riunione erano presenti i vertici del governo in tema di sicurezza: i ministri della Difesa, Robert Gates, degli Esteri, Hillary Clinton, della Sicurezza interna, Janet Napolitano, della Giustizia, Eric Holder, dell'Energia, Steven Chu; i direttori della Cia, Leon Panetta, dell' FBI, Robert Mueller, dell'Intelligence, Dennis Blair. Quindi i responsabili delle principali agenzie di sicurezza impegnate nella lotta al terrorismo, da Keith Alexander, direttore della National Security Agency (NSA), a Micheal Leter, direttore del National Counterterrorism Center. Ad ascoltare le loro ragioni, e certamente le loro spiegazioni su come sia stato possibile che, nonostante il loro lavoro, il giovane nigeriano Umar Faruk Abdulmutallab alla vigilia di Natale sia riuscito ad imbarcarsi sul un aereo diretto in America portando con sè esplosivo "invisibile" ai controlli, ci sono insieme ad Obama due delle persone a lui più vicine in tema di lotta al terrorismo: John Brennan, suo consigliere personale, e il generale James Jones, consigliere per la Sicurezza della Casa Bianca. Il coordinamento tra le agenzie. Le indagini sul volo Amsterdam-Detroit devono essere una sorta di punto di partenza per mettere a punto un nuovo modello di coordinamento tra le diverse agenzie. Che, a loro volta, devono coordinarsi al meglio con i partner internazionali. Per sapere in tempo reale, ad esempio, che Abdulmutallab quando si è imbarcato ad Amsterdam per Detroit, era giunto nello scalo di Schipol avendo già con sé l'esplosivo, come accertato dalle autorità olandesi a poche ore dal vertice di Washington. Le indagini. Umar Farouk Abulmutallab, intanto, sta fornendo all'Fbi "informazioni di intelligence utili", ha detto oggi il portavoce del presidente Obama, Robert Gibbs, a poche ore dalla conclusione del vertice sulla sicurezza alla Casa Bianca. Il ragazzo, ha dichiarato Gibbs, "ha passato alcune ore con gli investigatori dell'Fbi, durante le quali abbiamo raccolto informazioni utili e utilizzabili". La procura olandese. Gli investigatori della procura olandese dopo aver esaminato 200 ore di riprese delle telecamere di sorveglianza dello scalo di Schiphol sono giunti alla conclusione che Abulmutallab non ha ricevuto da un complice l'esplosivo all'aeroporto di Amsterdam come si era ipotizzato inizialmente, ma lo portava già nascosto su di sé sin dal volo proveniente dalla Nigeria. Il 23enne nigeriano è rimasto un'ora in transito nello scalo, dove era arrivato a bordo di un'auto della compagnia aerea olandese Klm, hanno chiarito gli investigatori. Le indagini stanno proseguendo con l'interrogatorio di persone che sono entrate in contatto con il ragazzo da quando si è imbarcato in Nigeria, sia passeggeri che addetti ai controlli di sicurezza dell'aeroporto di Lagos. Gli allarmi. Un cane poliziotto ha annusato qualcosa di sospetto in un bagaglio in transito nell'aeroporto di Minneapolis. Per precauzione la polizia ha ordinato l'evacuazione parziale di uno dei terminal, il Lindbergh. La situazione è quasi subito tornata alla normalità e si esamina solo la valigia sospetta. E' durato invece un paio d'ore l'allarme allo scalo californiano di Meadows Field a Bakersfield, dove è stata trovata una borsa sospetta con "materiale pericoloso", ma "non una bomba". Suzanne Trevino, portavoce dell'agenzia per la sicurezza del volo Usa, (Tsa), ha reso noto che la scoperta è stata fatta durante i controlli: dal bagaglio è fuoriuscita una sostanza liquida sospetta, non ancora identificata, che ha "contaminato due agenti della Tsa". Il proprietario della borsa è stato arrestato e i voli sono stati immediatamente bloccati. Le autorità hanno poi precisato che l'episodio non pare in alcun modo legato al terrorismo. (06 gennaio 2010)
2010-01-05 Al centro del summit il fallito attentato di Natale sul volo Amsterdam-Detroit e le falle nella sicurezza degli aeroporti. Possibile l'adozione di nuove norme Terrorismo, vertice da Obama In Yemen offensiva contro Al Qaeda Riaperta oggi l'ambasciata Usa a Sana'a. Fermati almeno cinque uomini dell'organizzazione Terrorismo, vertice da Obama In Yemen offensiva contro Al Qaeda Passeggeri all'entrata dell'aeroporto di Newark SANA'A - Nel giorno del vertice sulla sicurezza convocato da Barack Obama a Washington, il governo yemenita ha lanciato una grande offensiva contro la cellula locale di Al Qaeda nella penisola araba. Migliaia di soldati e uomini dei servizi di sicurezza sono stati inviati in tre province (Shabwa, Maarib e Abyan), e almeno cinque persone dell'organizzazione sono state fermate. Lo hanno riferito fonti dei servizi di sicurezza dello Yemen. A Sana'a, intanto, hanno riaperto i battenti le ambasciate americana, francese e britannica, rimaste chiuse per un paio di giorni per ragioni di sicurezza. Il vertice Usa. Barack Obama incontrerà oggi nella Security Room della Casa Bianca i suoi consiglieri di fiducia per la sicurezza nazionale, dopo una fine anno che ha visto crescere l'allarme terrorismo nel Paese e in tutto il mondo. I colloqui verteranno sul potenziamento delle misure di sicurezza e sul miglioramento delle operazioni antiterrorismo. Sul tavolo anche l'analisi del fallito attentato di Natale sul volo Amsterdam-Detroit, le preoccupazioni per lo Yemen con la conseguente chiusura dell'ambasciata, riaperta questa mattina, e le falle nella sicurezza degli aeroporti malgrado l'inasprimento dei controlli. Al vertice con il presidente americano parteciperanno il segretario di Stato Hillary Clinton, il segretario alla Difesa Robert Gates, il segretario alla sicurezza nazionale Janet Napolitano, il direttore della Cia Leon Panetta, il direttore dell'Fbi Robert Mueller e il consigliere per la sicurezza James Jones. In serata poi Obama incontrerà i leader democratici del Congresso. Secondo un funzionario dell'amministrazione Usa, dal summit potrebbe scaturire "una serie di riforme iniziali" in materia di prevenzione degli attacchi terroristici di matrice islamica. Riaperta l'ambasciata a Sana'a. Intanto a Sana'a, nella capitale dello Yemen, è stata riaperta questa mattina l'ambasciata degli Stati Uniti. "L'ambasciata degli Usa nello Yemen - si legge sul sito - ha riaperto all'attività il 5 gennaio dopo una chiusura di due giorni dettata da informazioni credibili che parlavano della probabilità di imminenti attacchi terroristici". Anche le rappresentanze di Francia e Gran Bretagna hanno riaperto oggi, pur restando chiuse al pubblico le rispettive sezioni consolari. La decisione di riaprire l'ambasciata americana è stata presa in seguito "al successo delle operazioni antiterrorismo condotte ieri dal governo dello Yemen". Queste operazioni - si legge ancora sul sito - "hanno colpito una specifica minaccia, contribuendo così alla scelta dell'ambasciata di riprendere la propria attività. Ciononostante - continua il comunicato - la minaccia di attacchi terroristici contro interessi americani resta alta e l'ambasciata continua a chiedere ai suoi cittadini nello Yemen di restare vigili e adottare caute misure di sicurezza". Ieri due militanti di al Qaida sono stati uccisi e altri tre sono stati feriti in uno scontro con le forze di sicurezza yemenite nella zona di Arhab, a nord di Sana'a. Leader secessionisti: "Si rischia un nuovo Afghanistan". E mentre il governo dello Yemen sceglie di utilizzare il pugno di ferro contro la cellula di Al Qaeda nella penisola araba, il leader dei secessionisti yemeniti del sud, Hassan Zaid, lancia un appello: il Paese rischia di trasformarsi in un "nuovo Afghanistan", se le forze governative di Sana'a "continueranno a colpire i civili" durante le loro operazioni militari. Dalle colonne del quotidiano panarabo Asharq Alawsat, Zaid afferma che "i civili del sud dello Yemen sono sempre più solidali con Al Qaeda, anche a causa dei continui attacchi contro di loro portati avanti dalla compagine governativa" nell'ambito della lotta al terrorismo. "Per isolare Al Qaeda dai civili e rendere legali le sue attività militari - prosegue - l'esercito yemenita deve precisare i suoi obiettivi e comunicarli ai media". Frattini: "Circa 300 italiani nello Yemen". Gli italiani che attualmente si trovano nello Yemen sono circa 300. Lo ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha aggiunto: "I nostri italiani sono lì per ragioni importanti e noi ci stiamo occupando della loro sicurezza". "Con le autorità di Sana'a - ha proseguito il ministro - stiamo collaborando per sistemi di pattugliamento e controllo satellitare delle coste dello Yemen. Siamo forse il primo Paese europeo che si sta adoperando per aiutare lo Yemen a prevenire la pirateria del mare". Per quanto riguarda la decisione di alcuni Paesi di chiudere temporaneamente le loro sedi diplomatiche nello Yemen, Frattini ha detto che "isolare un Paese è sempre sbagliato". "Non conosco le ragioni che hanno portato all'adozione di simili provvedimenti - ha precisato - ma se non c'erano motivi particolari, come specifiche minacce terroristiche mirate, è stata una mossa sbagliata". "Chiudendo tutte le ambasciate - ha proseguito il titolare della Farnesina - si potrebbe dare allo Yemen un messaggio sbagliato, del tipo 'Ora sta a voi fare i conti con il terrorismo'. Il nostro compito, piuttosto, è quello di favorire i riformisti, non gli estremisti che preferiscono l'isolamento". (5 gennaio 2010) Tutti gli articoli di esteri
Gli strumenti di controllo verranno installati prima a Malpensa e Fiumicino Maroni: "Saranno poco invasivi, con le immagini dei corpi opacizzate" Terrorismo, sì dell'Italia ai body scanner Frattini: "Sicurezza prima della privacy" Terrorismo, sì dell'Italia ai body scanner Frattini: "Sicurezza prima della privacy" ROMA - Sì ai bodyscanner anche in Italia. E a chi si lamenta affermando che una tale pratica rappresenta una "violazione della privacy dei passeggeri", il ministro degli Esteri Franco Frattini, in una intervista a Radio 24, richiede un "sacrificio" perché i body scanner negli aeroporti sono "lo strumento più sicuro" contro i terroristi. Insomma, "il diritto alla sicurezza rappresenterebbe la precondizione per tutti gli altri diritti e libertà". Privacy compresa. Sulla stessa linea anche il ministro dell'Interno Roberto Maroni che così spiega a Il Sole 24 ore: "Premesso che la gestione compete alle società aeroportuali vedrò in questi giorni il presidente dell'Enac, Vito Riggio, e sono deciso a far sì che questi strumenti di controllo siano collocati quanto meno a Fiumicino e Malpensa". E rispetto alla questione "privacy", il ministro ritiene che "si possa adottare una soluzione concreta ed equilibrata", utilizzando scanner "poco invasivi" che mostrino il corpo del passeggero "opacizzandolo" per rispettare l'integrità degli utenti. Dopo quelli statunitensi, molti altri aereoporti del mondo si doteranno di body scanner. L'Olanda e la Germania hanno già dichiarato il loro interesse mentre Londra preferisce introdurli "gradualmente". Una cautela necessaria. Oggi, infatti, diverse associazioni britanniche hanno protestato contro l'installazione di tali apparecchiature che "rischiano di infrangere le leggi britanniche per la tutela dei minori, perché creano immagini oscene dei bambini". La richiesta avanzata dalle associazioni all'Home Office di Londra è quindi quella di "esentare i minorenni dai 'full body scanner'. La discussione è aperta. Infatti, il problema della pedopornografia rientra, secondo il dipartimento dei trasporti di Londra, "nelle questioni legali e operative" in discussione a Whitehall. Intanto, un portavoce dell'aeroporto di Manchester, ha voluto precisare che "fino a quando non verrà chiarita la situazione i controlli verranno effettuati soltanto sui passeggeri di oltre 18 anni di età". Ed è scettico anche il Parlamento europeo che, lo scorso anno, aveva già bocciato la proposta della Commissione che voleva introdurre i super raggi X. Vedere le persone nude, era, per i deputati della scorsa legislatura, un'inaccettabile offesa alla dignità. Il dibattito è spostato al 7 gennaio, data in cui gli esperti di sicurezza aerea dei 27 esamineranno la possibilità di nuove misure da sottoporre all'attenzione dei rispettivi ministri. (5 gennaio 2010)
2010-01-04 Il governo dello Stato arabo ha fatto sapere che i combattimenti sono in corso Ieri la Casa Bianca aveva detto di avere indizi su un attacco contro un bersaglio Usa a Sana'a Yemen, battaglia con al Qaeda esercito uccide due miliziani Yemen, battaglia con al Qaeda esercito uccide due miliziani Un venditore illegale di armi nello Yemen SANA'A - E' battaglia con al-Qaeda in Yemen. Due miliziani dell'organizzazione terrorista sono stati uccisi dalle forze governative. I combattimenti sono in corso, ha riferito il governo dello Stato arabo. I reparti anti terrorismo della polizia yemenita hanno compiuto un un raid in un villaggio 30 chilometri a nord est dalla capitale Sana'a, la capitale. Durante il raid, nel distretto di Arhab, è stato ferito e arrestato un terzo sospetto. Il funzionario della sicurezza yemenita che ha dato la notizia dell'uccisione in combattimento di due militanti di al Qaeda, ha detto che i due sono ritenuti collegati alle minacce che hanno indotto gli Stati Uniti a chiudere la loro ambasciata a Sana'a. "Si ritiene che questi elementi siano collegati alle minacce dirette all'ambasciata statunitense", ha detto la fonte. Ieri il consigliere antiterrorismo del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, John Brennan, intervistato ieri dalla Cnn, aveva detto che al momento non c'è alcun piano per l'invio di truppe Usa in Yemen per combattere il terrorismo islamista. Brennan aveva però aggiunto di avere ''indizi'' che ''al Qaeda sta preparando un attacco contro un bersaglio'' americano ''a Sana'a, che potrebbe essere la nostra ambasciata''. Il consigliere, che è stato intervistato anche da Fox News e dall'Abc, ha spiegato che ''il governo yemenita ha dimostrato la volontà di voler combattere al Qaeda'' con il sostegno degli Usa. A Brennan, nel corso delle diverse interviste, è stato chiesto un chiarimento sull'invio di truppe statunitensi nel paese arabo, ma ha risposto che ''al momento non c'e' nessuna eventualita''' di questo tipo. Intanto, a causa delle minacce provenienti da al Qaeda, Gran Bretagna e Stati Uniti lasceranno chiuse le loro ambasciate a Sana'a per il secondo giorno consecutivo. L'ambasciata tedesca nella capitale yemenita, ha chiuso per "motivi di sicurezza" la sezione consolare. Il resto della rappresentanza è aperto al pubblico, hanno riferito fonti diplomatiche. Roma ha deciso diversamente, aveva spiegato ieri la Farnesina, indicando di voler coordinare le proprie iniziative con l'Unione Europea. Nelle prossime ore il ministero degli Esteri consulterà Madrid, presidente di turno dei Ventisette. (4 gennaio 2010)
La guerra al terrorismo vista dal suq yemenita. E' il Paese con più alta concentrazione di armi Il governo, già fragile, è in difficoltà sull'offensiva contro i terroristi A Sana'a, frontiera del terrore "Democrazia o bombe: chi è Obama?" dal nostro inviato PIETRO DEL RE A Sana'a, frontiera del terrore "Democrazia o bombe: chi è Obama?" Un negozio di armi in Yemen SANA'A - A mezzogiorno il suq della città vecchia è agitato dalla solita, alacre confusione. Da qualche ora lo Yemen è nel mirino degli americani, ma delle minacce che gravano sul Paese, che si tratti di qualche razzo sparato dai droni o del tritolo di Al Qaeda, si parlerà più tardi, nel pomeriggio, masticando foglie di qat, la droga locale a cui vengono attribuite numerose virtù, quali, ad esempio, stimolare l'intelletto e incrementare la capacità di reciproca comprensione. "Dovrebbe masticarne anche il presidente Obama", ironizza Mujahed, un omone con i baffi a manubrio, che alla cintola ostenta nel suo fodero verde una jambija, quel pugnale cerimoniale che gli yemeniti indossano con la stessa civetteria che le cravatte di seta i banchieri di Wall Street. "Se l'idea di democrazia del presidente americano consiste nello scegliere un nemico per poterlo bombardare, proprio come ha fatto Bush con l'Iraq, allora preferisco la monarchia o la dittatura", aggiunge Mujahed, circondato da una nuvola di fragranze sprigionate dalla curcuma, dal cardamomo e dalle altre spezie che ingombrano il suo negozietto. I pericoli che incombono sul Paese nascono dalla rivendicazione del mancato attentato sul volo Amsterdam-Detroit il giorno di Natale da parte di un gruppuscolo appartenente alla nebulosa di Al Qaeda, l'Aqpa, operante nella Penisola arabica. Il 28 dicembre, i terroristi hanno riconosciuto l'errore compiuto dal "fratello nigeriano" Omar Farouk Abdul Mutallab, immobilizzato a bordo dell'aereo dagli stessi passeggeri. Ma nel loro comunicato, gli uomini dell'Aqpa hanno anche specificato che Abdul Mutallab era stato addestrato nello Yemen. Dopo il suo arresto, il nigeriano ha ammesso di essersi procurato proprio a Sana'a l'esplosivo che nascondeva nelle mutande. Che cosa accadrà adesso? Giriamo la domanda al colonnello Musaid Az-Zahri del ministero dell'Interno, il quale da buon soldato non indossa né jambija né turbante, ma veste, più sobriamente, con un doppiopetto verde militare. Dice Az-Zahri: "Lo Yemen non diventerà di certo un teatro di guerra come lo sono il Pakistan o l'Afghanistan. Ma, per via della crescente presenza di Al Qaeda, gli Stati Uniti sono sempre più interessati al nostro Paese". Lo dimostrano anche gli aiuti militari di Washington all'esercito di Sana'a che, secondo il Pentagono, hanno raggiunto i 70 milioni di dollari nel 2009, mentre l'anno precedente non era stato versato un solo centesimo. Come spiega ancora il colonnello Az-Zahri, qui, a differenza di altre nazioni musulmane, gli Stati Uniti non sono visti come Satana, tutt'altro. "Gli americani devono però stare attenti, perché altri errori come quelli compiuti nelle province di Abyan e Shabwa, nell'est e nel sud-est del Paese, spingerebbero la popolazione tra le braccia dei terroristi". Lì, nel corso di bombardamenti da parte dell'esercito yemenita contro presunti campi d'addestramento di Al Qaeda, sono stati uccisi sessantadue civili il 17 dicembre e quarantasei il 20, di cui, in quest'ultima località, ventitré bambini e diciassette donne. Tre giorni fa, il ministro della Difesa yemenita ha dichiarato che quegli eccidi sono stati opera del suo esercito, tratto in inganno, però, da informazioni ricevute dalla US Army. Una dichiarazione che conferma quanto scritto pochi giorni fa dal New York Times, ossia che agenti delle forze speciali statunitensi operano nello Yemen. L'ambasciatore italiano Mario Boffo interpreta così la tensione di questi giorni: "L'esercito yemenita ha cominciato a effettuare un profondo repulisti nelle regioni dove tradizionalmente s'annida Al Qaeda. Ora, i terroristi reagiscono come possono: minacciando e, a volte, concretizzando le loro minacce". Gli chiediamo se sconsiglia perciò di rinviare viaggi di piacere nello Yemen. "Assolutamente", risponde. Tra le antiche case a torre del centro, con i piani inferiori costruiti in basalto e quelli superiori di mattoni rossi intonacati di gesso bianco, incontri solo pochi soldati e poliziotti che imbracciano il fucile. Gli scontri sono altrove, tra le montagne e negli altipiani dove il governo yemenita ha appena minacciato nuove rappresaglie contro Al Qaeda e intimato ai gruppi tribali di non fornirgli supporto. Spaventate da quanto è accaduto nelle province vicine, e dall'eventualità che nei prossimi giorni possa scatenarsi un inferno di fuoco, le tribù di Marib hanno immediatamente esortato i terroristi a lasciare le loro terre, in particolare la valle di Abaida, dove questi hanno allestito un loro nuovo quartier generale. "In caso contrario, siamo pronti a chiamare rinforzi da altre regioni e, assieme ai nostri fratelli, scacciarli dal Marib", ha detto alla radio yemenita uno dei capi tribù. Secondo Abu Bakr al-Qirbi, ministro degli Esteri dello Yemen, Al Qaeda può contare nel Paese su due-trecento uomini ben addestrati, che stanno magari preparando attentati simili a quello del volo della Delta Airlines. Al-Qirbi accusa però le potenze straniere di non aver impedito che le montagne del suo Paese diventassero un nuovo santuario del terrorismo: "Com'è possibile che nazioni come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna decidano di agire soltanto adesso? Al punto in cui siamo, c'è un solo modo per risolvere il problema: lavorare tutti insieme". In realtà, lo Yemen è da sempre una base nascosta dei jihadisti. Quasi la metà - 91 su 198 - dei prigionieri ancora incarcerati nel campo di detenzione americano di Guantanamo sono di nazionalità yemenita. Questi gruppuscoli hanno sempre trovato qui un terreno favorevole: la debolezza del governo centrale, un islamismo radicale di lunga data e vaste aeree sotto controllo tribale. A questi fattori bisogna aggiungere la guerra che da anni l'esercito conduce contro la setta sciita dei ribelli zayditi a nord, le tensioni separatiste che sconvolgono il sud e, infine, la folta presenza di trafficanti di droga nei tre governatorati più orientali. Nel suq dell'"oro verde" - così gli yemeniti chiamano il qat - fai fatica a camminare. I venditori delle piccole fascine ingombrano le strade, alcuni esponendo la loro mercanzia sui marciapiedi, altri su carretti, altri ancora, i più ricchi, su bancarelle coperte da tendine. Il qat non è a buon mercato e i compratori trattano sul prezzo, perché una rubta, ovvero una piccola fascina di cinque o sei steli, costa intorno ai sette dollari e si calcola che gli yemeniti spendano un terzo del loro stipendio per questo vizio. "Nel 2008, l'evasione da un carcere yemenita di una ventina di uomini di spicco di Al Qaeda ha raffreddato le già tese relazioni tra Washington e Sana'a", spiega un diplomatico che preferisce restare nell'ombra. "Se gli Stati Uniti preferiscono non rilasciare i detenuti yemeniti di Guantanamo è perché almeno una trentina di quelli liberati, una volta rientrati in patria, sono tornati nelle fila di Al Qaeda". C'è poi un'altra persona a dividere i due Paesi: lo sceicco Ali Hassan Al-Moayad, catturato in Germania nel 2003, estradato negli Stati Uniti, condannato a 75 anni di galera per terrorismo e infine rispedito a Sana'a nel 2009, dove è stato accolto come un eroe da una delegazione che comprendeva tre ministri. Nonostante la jambija appoggiata sul suo ampio ventre, Abdul Bari Husein Faleh fuma sigarette americane e mastica un buon inglese. Lavora per la Grande Moschea della città vecchia, un edificio che fu eretto intorno al 630, nei primissimi anni della diffusione dell'Islam nello Yemen, quando era ancora in vita il profeta Maometto. È un uomo informato, Abdul, poiché ogni mattina legge lo Yemen Observer e ogni sera guarda il telegiornale di Al Jazeera. Sostiene Abdul che i raid compiuti nei giorni scorsi hanno già provocato conseguenze gravissime a livello politico, con l'opposizione #formata dal partito socialista e da quello islamico# che denuncia la strumentalizzazione della guerra contro Al Qaeda per combattere i secessionisti del Sud. "Ma la responsabilità americana in quei bombardamenti ha prodotto conseguenze ancora più gravi nel popolo yemenita. Il quale è convinto che Obama può anche ucciderci tutti. Ma che alla fine sarà Allah ad uccidere lui". © Riproduzione riservata (4 gennaio 2010)
Uno sconosciuto è entrato passando dall'uscita dei check in voli bloccati, passeggeri costretti a un secondo screening Allarme all'aeroporto di Newark uomo elude i controlli di sicurezza Dopo alcune ore la situazione è tornata alla normalità ma nello scalo si era creato il caos: code e ritardi nelle partenze Allarme all'aeroporto di Newark uomo elude i controlli di sicurezza Passeggeri in attesa durante la chiusura dello scalo NEW YORK - E' entrato nell'area dell'imbarco passando dal varco di uscita del check-in. E ha fatto scattare immediatamente le procedure di emergenza. Paura nel pomeriggio all'aeroporto di Newark, nel New Jersey, uno scalo che serve anche New York quando uno sconosciuto ha eluso i controlli di sicurezza. Aerei bloccati e passeggeri a terra finché la situazione non è tornata alla normalità, ma con la conseguenza di lunghe code per chi si è dovuto imbarcare. La notizia è stata diffusa e confermata da fonti della Tsa, la Transportation Security Administration, responsabile per la sicurezza nei trasporti. Tutti i passeggeri dell'area d'imbarco del terminal C, quello in cui opera in particolare la Continental Airlines, sono stati costretti a rifare lo screening ai metal detector, per una seconda volta. Fra quelli bloccati, anche un volo diretto a Milano. Lo scalo è rimasto bloccato per alcune ore. Poi è stato riaperto al traffico alle 22 (le 4 in Italia). Sono riprese le normali attività, ma intanto si erano create file inteminabili ai varchi di controllo. Forti ritardi nelle partenze, complici anche le cattive condizioni atmosferiche, con temperature sotto lo zero. Ancora non è chiaro se l'uomo che ha eluso i controlli sia stato identificato. (4 gennaio 2010)
Allarme a Sanaa dopo le dichiarazioni di Obama sulle responsabilità di Al Qaeda nella penisola arabica. Brown: "Insieme agli Usa azioni nel Paese" Terrorismo, evacuate e chiuse ambasciate Usa e Gb in Yemen Il Times: servizi sapevano dei contatti dell'attentatore con gli estremisti Le autorità americane: rafforzamento dei controlli sui voli per gli Usa dal nostro inviato ANGELO AQUARO Terrorismo, evacuate e chiuse ambasciate Usa e Gb in Yemen L'ingresso dell'ambasciata Usa a Sanaa NEW YORK - Al Qaeda torna all'attacco degli Usa e dell'Occidente. Un allarme dell'intelligence ha costretto oggi l'evacuazione improvvisa delle ambasciate americane e inglesi a Sanaa. La paura di un attentato dopo le minacce che sarebbero arrivate ai governi occidentali. La decisione arriva all'indomani di una giornata drammatica nei quartieri generali americani dopo l'atto di accusa del presidente americano ad Al Qaeda per l'attentato fallito di Natale e la dichiarazione congiunta dei governi inglese e Usa di avviare una operazione di pattugliamento comune nello Yemen. L'allarme terrorismo è dunque confermato ai suoi massimi livelli. A una settimana dall'attaco fallito di Natale il capo del National Counterterrorism Center, Michael Leiter, ha rilasciato una dichiarazione che fa alzare ancora di più la temperatura. Gli 007, dice il direttore Nctc, anche lui sotto accusa per l'allarme mancato, oggi "sanno con assoluta certezza" che Al Qaeda e altri gruppi terroristi stanno cercando di ridefinire la loro strategia per "cercare di verificare la nostra capacità di difesa" e "progettare nuovi attacchi sul territorio americano". Il Ntc fu creato all'indomani dell'11 settembre per coordinare le notizie che arrivavano dia vari centri intelligence: proprio quello che non ha funzionato alla vigilia dell'attacco del nigeriano. Le autorità americane hanno annunciato in serata un rafforzamento dei controlli e delle misure di sicurezza sui voli per gli Stati Uniti. Norme molto restrittive saranno utilizzate per i passeggeri che hanno fatto scalo nei paesi della lista nera: e cioè Cuba, Iran, Siria e Sudan. Grande attenzione - come scrive il sito di informazione Politico - anche a Libia, Pakistan, Afghanistan, Somalia. Il cento per cento dei passeggeri originari o provenienti da quei paesi saranno sottoposti a una perquisizione completa e a una ispezione manuale dei loro effertti personali. E lo Yemen viene considerato il nuovo paradiso dei terroristi: ormai qui spadronegga l'ultimo incubo del mondo occidentale, quella che i servizi chiamano in codice AQAP, Al Qaeda nella Penisola Araba, la "succursale" - l'ha definita così lo stesso Obama - del terrore che ha raccolto l'eredità dell'organizzazione di Bin Laden. La minaccia alle ambasciate fa ripiombare i governi occidentali nell'incubo degli attacchi ai corpi diplomatici che hanno segnato l'inizio dell'escalation del gruppo terrorisitco nello Yemen. Gli Stati Uniti stanno valutando la possibilità di affiancare ancora di più le forze del governo arabo nei blitz alla caccia dei comandanti di Al Qaeda: non è neppure esclusa l'ipotesi di un coinvolgimento diretto delle forze Usa già presenti nel Golfo con la Quinta flotta. Le minacce ai governi occidentali erano arrivate già all'indomani dell'attentato di Natale con un video in cui i terroristiinvitavano ad "attaccare i i crociati" colpendo le sedi diplomatiche nella pensiola araba e "qualsiasi obiettivo occidentale" sul territorio. In queste ore il presidente Barack Obama sta concludendo la sua vacanza alle Hawaii - interrotta dai continui allarmi - in attesa di rientrare a Washgington: tra due giorni un vertice con il suo antiterrrorismo farà il pounto sulle responsabilità degli 007 per l'allarme mancato a Natale. Anche per questo alle nuove minacce dei terroristi adesso si è risposto subito con l'evacuazione delle ambasciate. Gran Bretagna. Il premier britannico Gordon Brown ha annunciato un'intensificazione della lotta al terrorismo: il governo ha intenzione di fare arrivare a Sanaa 160 milioni di sterline, per lo sviluppo di alcuni progetti contro i miliziani dell'estremismo islamico. Lo ha reso noto un portavoce dell'esecutivo, spiegando che Gran Bretagna e Stati Uniti intendono rafforzare la loro azione contro il terrorismo in Yemen e in Somalia. "Downing street e la Casa Bianca hanno deciso di intensificare l'azione congiunta del Regno Unito e degli Usa per contrastare la minaccia terroristica emergente": queste le parole contenute in un comunicato diffuso da Gordon Brown. Terrorismo, evacuate e chiuse ambasciate Usa e Gb in Yemen Gordon Brown Sull'edizione domenicale del quotidiano Times è scritto che i servizi segreti britannici sapevano da tre anni che Umar Farouk Abdulmutallab, il nigeriano che ha provato a farsi esplodere sul volo Delta, aveva avuto "numerosi contatti" con estremisti islamici nel Regno unito. Secondo alcune fonti dell'antiterrorismo, l'uomo aveva frequentazioni con gruppi fondamentalisti che l'MI5 teneva sotto osservazione. Ma nessuna delle informazioni sarebbe stata trasmessa ai colleghi statunitensi: non era considerata particolarmente importante. © Riproduzione riservata (3 gennaio 2010) Tutti gli articoli di esteri
2010-01-02 Kamikaze in azione nella cittadina di Shah Hassankhel nella parte nord-occidentale del Paese L'esplosione ha distrutto molte case limitrofe. Si scava per cercare sopravvissuti Pakistan, strage alla partita di volley continua a salire il numero delle vittime Il vero obiettivo sarebbe stata una moschea vicino all'impianto dove era in corso una riunione del comitato locale anti talebani Pakistan, strage alla partita di volley continua a salire il numero delle vittime Il luogo della strage ISLAMABAD - E' salito a 95 il bilancio delle vittime dell'attentato terroristico di ieri nel nord ovest del Pakistan, dove un kamikaze a bordo di un pick-up imbottito di esplosivo si è scagliato contro un campo di pallavolo mentre era in corso una partita alla quale stavano assistendo oltre 400 persone. E' uno degli attentati più sanguinosi messi a segno nel Paese sconvolto da quasi due anni e mezzo da un'ondata di violenza che ha ucciso oltre 2.800 persone. Secondo la televisione Geo Tv, il numero dei morti potrebbe aumentare: i soccorritori stanno ancora lavorando per liberare persone dai resti delle oltre 20 case abbattute, e ci sono diversi feriti in gravissime condizioni ricoverati negli ospedali di tutta la zona. Tra le vittime, anche donne e bambini, oltre ad una intera famiglia uccisa dal crollo della propria abitazione. Teatro della strage la cittadina di Shah Hassankhel nel distretto di Lakki Marwat nel Pakistan nord-occidentale al confine della roccaforte talebana del Sud Waziristan. Proprio a fianco dell'impianto sportivo si stava tenendo una riunione in moschea del comitato locale anti talebani, che secondo le ultime indiscrezioni sarebbe stato il vero obiettivo dell'attentatore. I superstiti stamattina si sono scagliati contro il governo e le autorità locali colpevoli di non averli aiutati, lasciandoli a loro stessi per tutta la notte. Stamattina cominceranno le cerimonie funebri in tre diversi luoghi. Da tutto il mondo sono arrivate condanne del gesto: Hillary Clinton dagli Stati Uniti ha chiesto al governo pachistano di fare di più per garantire la sicurezza nell'area frontaliera, ribadendo l'aiuto americano in tal senso. (2 gennaio 2010)
2010-01-01 Il principale leader dell'opposizione al regime di Khamenei e Ahmadinejad esorta il governo del suo paese a liberare i prigionieri politici"Ucciderli non servirebbe a nulla" Iran, Mussavi lancia l'appello per la libertà "Sono pronto a morire per il mio popolo" Iran, Mussavi lancia l'appello per la libertà "Sono pronto a morire per il mio popolo" Houssein Mussavi TEHERAN - "Non ho paura di morire per la mia gente". Lo ha detto uno dei leader dell'opposizione in Iran, Mir Hossein Mussavi, in un appello per l'immediata liberazione di quanti sono stati arrestati nelle proteste cominciate subito, dopo le elezioni del 12 giugno scorso e pubblicato dal sito di opposizione Jaras. "L'Iran è in seria crisi" - ha detto Mussavi - "e arrestare, oppure uccidere Mussavi o Karrubi non calmerà la situazione", ha aggiunto. Ed ha ribadito: "Non ho paura di morire per quello che chiede il muio popolo. La legge elettorale deve essere modificata. I prigionieri politici vanno rilasciati. L'appello, pubblicato anche dal sito kaleme.org, si chiude con cinque punti. Oltre a chiedere la riforma della legge elettorale ("affinchè sia trasparente e credibile") e la liberazione dei prigionieri politici ("restituendo loro l'onore") - il principale leader dell'opposizione "dà reponsabilità diretta al governo" di Ahmadinejad per la crisi del paese. Quindi chiede tanto la restaurazione della "libertà di stampa e il riconoscimento del diritto del popolo di riunirsi e manifestare (...), secondo quanto previsto dall'art. 27 della Costituzione". Allo scopo di ottenere quest'ultimo punto, Mussavi fa anche riferimento alla "cooperazione con tutti i paesi interessati" e "alla mobilitazione di organizzazioni nazionali alternative". (1 gennaio 2010) Tutti gli articoli di esteri
L'attentato nel distretto di Lakki Marwat nella turbolenta area della North West Frontier al confine con l'Afghanistan, roccaforte dei talebani pakistani e di al Qaeda Pakistan, kamikaze al torneo di volley "Molti morti, crollate case vicine al campo" Un pick-up imbottito di esplosivo si è scagliato contro un campo di pallavolo durante una partita Pakistan, kamikaze al torneo di volley "Molti morti, crollate case vicine al campo" ISLAMABAD - Nuovo attentato suicida in Pakistan. Un kamikaze si è fatto saltare in aria in un campo di pallavolo nel nord-ovest del Paese mentre si stava svolgendo un torneo di volley fra due squadre di villaggi vicini davanti a un pubblico di circa 200 persone. Il bilancio provvisorio, che continua ad aggravarsi, parla ora di almeno settanta morti e sessantanove di feriti. L'attentato è stato compiuto a Shah Hasan Khan, un villaggio del distretto di Bannu, vicino alle zone tribali al confine con l'Afghanistan, dove l'esercito pakistano combatte contro i talebani alleati di al Qaeda. Il kamikaze, a bordo di un pick-up imbottito di esplosivo "si è scagliato contro un campo di pallavolo mentre era in corso una partita", ha fatto sapere la polizia. "Dalle prime informazioni sembra che si tratti di un attentato suicida", ha detto all'Afp Mohammad Ayoub Khan, capo della polizia del distretto di Lakki Marwat nella turbolenta area della North West Frontier, al confine con l'Afghanistan. "Stiamo portando via la gente sepolta sotto le macerie di tetti crollati", ha aggiunto il capo della polizia. Che ha addossato la responsabilità dell'attacco ai talebani. (1 gennaio 2010) Tutti gli articoli di esteri
2009-12-31 Il ministro Maroni intervistato dal Tg2 "Prendere sul serio pure le finte bombe" "Terrorismo, anche in Italia i segnali sono allarmanti" D'accordo con Tettamanzi "in linea di principio" "Ma l'attentatore di Milano era ben inserito in moschea" "Terrorismo, anche in Italia i segnali sono allarmanti" Controlli a Fiumicino ROMA - Il ministro dell'Interno Maroni parla al Tg2 di segnali preoccupanti sul terrorismo. "C'è una ripresa dell'attività in tutto il mondo, c'è allarme anche in Italia. Abbiamo innalzato i livelli di sicurezza, intensificato le attività di indagine e predisposto tutti i mezzi e gli strumenti per prevenire o impedire situazioni di questo tipo". Citando il falso pacco bomba di Malpensa, Maroni ha detto: "Prendiamo sul serio tutti questi segnali perché ormai la caratteristica dell'attività terroristica in tutta Europa, è quella del terrorismo in franchising: non è più una cellula di Al Qaeda che si insedia in un paese europeo, ma sono cellule locali che si formano sul territorio prendendo il know how da Al Qaeda. Si tratta di una realtà nuova nel panorama terroristico, molto più difficile da individuare e da controllare ed è per questo che stiamo intensificando l'attività di intelligence". Maroni si è quindi detto "d'accordo in linea generale" con chi, come il cardinale Dionigi Tettamanzi, afferma che la paura si combatte ascoltando gli altri, anche se di religione e di colore della pelle diversi. "Ci sono dei casi, però - aggiunge - come quello dell'attentatore di Milano, che sono nati più o meno in questo modo: siamo infatti in presenza di una persona che viveva in Italia da tanti anni, che era bene integrata, che aveva cominciato a frequentare una moschea di Milano e che improvvisamente si è trasformata da persona tranquilla in terrorista". Gli effetti di questo allarme si avvertono subito nelle procedura di sicurezza dei voli. Alitalia fa sapere che "in ragione delle misure aggiuntive di sicurezza applicate per i voli in partenza per gli Stati Uniti, si raccomanda ai passeggeri in partenza per gli Usa di presentarsi ai banchi di accettazione almeno 3 ore prima l'orario previsto del volo". Alitalia raccomanda inoltre "di presentarsi per tempo alle uscite di imbarco e di ridurre al minimo indispensabile il bagaglio a mano. Al momento del check-in verrà offerta a tutti i passeggeri la possibilità di imbarcare in stiva il bagaglio a mano senza alcun costo anche nel caso in cui tale bagaglio dovesse eccedere la franchigia consentita". (31 dicembre 2009) Tutti gli articoli di esteri
L'uomo si è fatto saltare in aria nella palestra della base "Chapman" Le otto vittime erano civili che lavoravano per la Cia Il kamikaze era un ufficiale dell'esercito Afghanistan, la rivendicazione taliban In un altro agguato uccisi cinque canadesi, fra cui una giornalista Il kamikaze era un ufficiale dell'esercito Afghanistan, la rivendicazione taliban Michelle Lang KANDAHAR - Militari afgani usati come kamikaze. Sembra questa la nuova tattica dei ribelli taliban. Era un ufficiale dell'esercito di Kabul l'uomo che si è fatto saltare in aria in una palestra della base operativa avanzata Chapman, a Khost, nella parte meridionale del Paese, uccidendo otto agenti della Cia. Lo rivendicano i taliban: "L'attacco mortale è stato condotto da un valoroso membro dell'esercito quando gli agenti erano occupati a raccogliere informazioni sui mujaheddin", ha affermato il portavoce Zabiullah Mujahid che ha dato il nome del militare: Samiullah. Questo spiegherebbe anche come l'attentatore sia potuto penetrare nella palestra della base superprotetta. La rivendicazione è arrivata poche ore dopo la notizia che gli otto civili americani uccisi erano agenti della Cia. A rivelarlo sono stati il Washington Post e la Cnn citando alti funzionari Usa che hanno spiegato come nella base operativa avanzata Chapman, nella provincia di Khost, prestino servizio alcuni agenti dell'intelligence americana. La base non è infatti solo una postazione d'ascolto, ma è anche possibile farvi atterrare elicotteri per le missioni segrete. Le vittime erano agenti e 'contractor' della Cia. Si tratta della più grave perdita subita dalla Cia in Afghanistan, dove dal 2001 avevano perso solo quattro uomini. E ieri un altro agguato: una bomba contro un blindato a Kandahar ha provocato la morte di quattro soldati canadesi e di una giornalista al seguito. Sono rimasti feriti altri quattro militari ed un civile. La giornalista uccisa è Michelle Lang, 34 anni: per conto del "Calgary Herald" era arrivata nel Paese a metà dicembre ed avrebbe dovuto fermarsi per sei settimane. Nella provincia di Helmand, altra zona calda, si registrano vittime civili, secondo quanto denuncia il governatore. Dopo uno scontro con i taliban, le forze Nato hanno bombardato un'area dei pressi del capoluogo Lashkar Gah. (31 dicembre 2009)
L'ambasciata americana a Giacarta avverte i dipendenti della minaccia In passato l'isola indonesiana è stata già teatro di sangunosi attentati Usa: allarme terrorismo a Bali "Potrebbero attaccare stanotte" Usa: allarme terrorismo a Bali "Potrebbero attaccare stanotte" La strage di Bali del 2002 GIACARTA - L'allarme terrorismo si estende anche a Bali, già teatro, negli anni scorsi, di sanguinosi attentati. Un attacco dei fondamentalisti islamici è atteso nell'isola, per l'inizio del 2010. Lo ha riferito l'ambasciata statunitense a Giacarta, spiegando di aver ricevuto un allerta in questo senso. La sede diplomatica americana ha informato i propri dipendenti della minaccia attraverso una e-mail. "Ci sono indicazioni di un attacco per stasera", si legge nel messaggio, in cui si cita un allarme lanciato dal governatore di Bali. L'isola indonesiana fu teatro il 12 ottobre del 2002 di un terribile attentato costato la vita a 202 persone e, tre anni dopo, di una serie di attacchi contro ristoranti frequentati da stranieri, che fecero 26 vittime. (31 dicembre 2009)
Dai servizi yemeniti un'indicazione precisa sulla possibilità di un attentato Domani nuovo briefing con Obama sulle falle nella sicurezza Allarme bomba a Times Square paralizzato per un'ora il cuore di New York C'era un allarme su "un nigeriano": nuova bufera sull'intelligence Cia dal nostro inviato ANGELO AQUARO Allarme bomba a Times Square paralizzato per un'ora il cuore di New York Nella foto di Sandro Pozzi, gli agenti intorno al veicolo sospetto. Sulla destra, dopo il camioncino, si intravede il robot del New York Police Department. Siamo a Broadway, all'incrocio con la 41esima strada, davanti alla Times Square Tower * Multimedia * LE IMMAGINI NEW YORK - Gli Stati Uniti sapevano che "un nigeriano" avrebbe potuto colpire in un attentato nei giorni intorno a Natale. L'indicazione precisa era arrivata ai servizi segreti Usa da una fonte attendibilissima: gli 007 dello Yemen, il paese arabo da cui è partito il nuovo attacco di Al Qaeda e che proprio ieri ha ammesso di nascondere sul proprio territorio più di trecento miliziani di Bin Laden. Allarme a Times Square. E la tensione negli States resta ancora altissima. Intorno alle 17,30 italiane è scattato un allarme bomba nel cuore della città. Solo alle 19 la polizia ha decretato la fine dell'emergenza e riaperto il flusso dei turisti. Per oltre un'ora Times Square e quattro fermate delle metropolitana vicine sono rimaste bloccate. A Times Square, come è noto, si svolge la festa di Capodanno. E' l'incrocio di Broadway dove si affacciano tutti i maggiori teatri, a due isolati c'è la sede del New York Times. Nessuno ha potuto entrare o uscire dal quadrilatero formato dalla 43esima alla alla 40esima strada e delimitato dalla Sesta e dalla Settima Avenue, compreso un lungo tratto di Broadway. L'allarme è scattato per un veicolo sospetto. Stop al metrò, un agente è stato piazzato davanti a ogni ingresso degli edifici. Gli allarmi non sono rari nel centro di New York ma questa volta le precauzioni prese sono davvero impressionanti, in una delle giornate più trafficate, con migliaia di turisti in giro. Dopo un'ora, segno di grande allarme, è stata evacuata Times Square. E poi anche il palazzo che ospita il Nasdaq, la Borsa che ospita i titoli legati alla new economy. Il furgone sospetto, parcheggiato da due giorni e con i vetri oscurati, è stato esaminato da un artificiere coperto da uno scafandro di protezione, che è poi uscito dal veicolo, si è tolto la protezione e ha fatto cenno agli altri agenti che poi si sono avvicinati. Ad aumentare i sospetti sul veicolo, il fatto che avesse in mostra un pass identificativo della polizia di New York/New Jersey che non esiste. Il retroscena sul fallito attentato. La rivelazione sulla possibilità che a colpire fosse proprio un nigeriano si somma agli allarmi ricevuti su Umar Farouk AbdulMuttalab , trasmessi alla Cia e "dimenticati" nel quartiere generale di Langley per quasi cinque settimane: fino alla mancata esplosione in volo sui cieli di Detroit nel giorno di Natale. Sono due delle più clamorose dimostrazioni della inefficienza dei servizi segreti (raccolte dal New York Times e dalla Cnn) che sono finite adesso sulla scrivania di Barack Obama. Dalla vacanze delle Hawaii, il presidente è atteso domani a un nuovo briefing in cui dovrebbe fare il punto sia della inchiesta su Detroit sia sui "fallimenti" dell'intelligence. Tutto questo mentre la Fox rilancia la notizia che un sospetto sarebbe stato fermato a Mogadiscio il 19 novembre scorso: la nuova offensiva di Al Qaeda partiva anche dalla Somalia? Per ora, al di là della rivendicazione dei giorni scorsi di Al Qaeda, è sullo Yemen che si concentrano le attenzioni degli investigatori. Sembrano ormai provati i rapporti tra Umar Farouk e l'imam Anwar Awlaki, il religioso che già avrebbe spinto il maggiore Habul Nisan alla strage di Fort Hood: il predicatore islamico, secondo il Washington Times, avrebbe infatti "benedetto" anche il nigeriano con cui avrebbe avuto numerosi collegamenti via Internet e, forse, un contatto diretto durante il suo soggiorno in Yemen. © Riproduzione riservata (30 dicembre 2009)
Il commissario Onu per i diritti umani: "Siamo scioccati da violenza e repressione" Svolti in gran segreto i funerali di Ali Habibi Mussavi, nipote del leader riformista Iran, giallo sulla sorte dei leader riformisti "Hanno lasciato Teheran", il figlio smentisce Ahmadinejad torna a minacciare l'opposizione: "Pentirvi non vi basterà" Mussavi interviene su Twitter: "Se ci arrestano scendete in piazza" Iran, giallo sulla sorte dei leader riformisti "Hanno lasciato Teheran", il figlio smentisce Mehdi Karroubi e Mir Hossein Mussavi TEHERAN - Continua a salire la tensione in Iran, dopo i violenti scontri dei giorni scorsi e la condanna della comunità internazionale, Stati Uniti in testa. I due principali leader dell'opposizione, Mir Hossein Mussavi e Mahdi Karroubi, avrebbero lasciato Teheran per una città del nord dell'Iran. Lo riporta l'agenzia ufficiale iraniana Irna. Il sito dell'opposizione Rahesabz ha invece detto che i due leader sono stati condotti nella città settentrionale dalle autorità. Ma il figlio di Karrubi smentisce, dichiarando di aver visto suo padre e che il regime sta diffondendo queste notizie per destabilizzare. Oggi anche l'Onu ha stigmatizzato le violenze consumatisi durante la celebrazione dell'Ashura e nei giorni seguenti. Ma il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad non cede e convoca manifestazioni di piazza in tutto il paese. Dura è la minaccia contro l'opposizione: "Non servirà il pentimento - dice, ai microfioni della tv di Stato - il giorno in cui la nazione si muoverà contro di voi come un grande oceano. Si tratta solo di un gran baccano, e di notizie false create per complicare la situazione. Ma verrete travolti dal popolo iraniano". Mistero sui leader in fuga. "Due dei capi delle sommosse hanno lasciato Teheran alla volta del nord dell'Iran dopo aver saputo che la popolazione ne chiede la punizione", riportano le autorità. Per il sito Rabesahz "membri dei Guardiani della Rivoluzione e del ministero dell'intelligence hanno trasferito Mussavi e Karroubi nella città di Kelar-Abad per proteggerli dalla rabbia del popolo". Ma dalla famiglia di Karrubi arriva la smentita: i due leader sono ancora a Teheran. I capi dell'opposizione iraniana non sono mai fuggiti dalla capitale, ha detto il figlio di Karrubi: "Alcuni stanno tentando di creare un clima di paura e terrore...diffondendo informazioni sul loro arresto o esilio (di mio padre, ndr.) con l'obiettivo di metterlo sotto pressione". Hossein ha affermato sul sito Sahamnews di aver visto il padre nel pomeriggio. E, in serata, lo stesso Mussavi si è fatto vivo su Twitter: "Ditelo a tutti - è stato il suo appello - Se arresteranno un leader del movimento verde dovete scendere in piazza e farvi sentire". Insomma, è chiaro che il regime tenta di indebolire il movimento e i suoi uomini più rappresentativi insinuando l'idea che possano fuggire per paura di rappresaglie. Ma la rete d'informazione alternativa sembra in grado di reggere e di rintuzzare questi tentativi. Oggi corteo pro-regime. Il regime ha convocato per oggi manifestazioni di piazza a sostegno di Ahmadinejad in diverse città, a cominciare da Teheran. Numerosi cortei sono in corso in queste ore. Guardando le immagini trasmesse dalla televisione iraniana, sembra che ai cortei stiano partecipando centinaia di migliaia di persone. "La massiccia partecipazione a questi raduni umilierà i nostri oppositori", ha detto il presidente, che ieri aveva definito le protesta di domenica scorsa "una sceneggiata sionista-americana". In un comunicato del governo, si legge che il popolo iraniano si è radunato per denunciare il "complotto" che mira a "sovvertire il regime islamico". Così i manifestanti si sarebbero espressi contro gli "ipocriti sediziosi" - l'opposizione - chiedendone a volte "l'impiccagione". Le processioni filo-regime sono state organizzate su appello delle autorità, ma anche delle amministrazioni, dei corpi ufficiali come i Guardiani della rivoluzione, delle scuole teologiche e di associazioni locali. Secondo l'opposizione, alcune grandi aziende hanno incoraggiato i loro dipendenti a partecipare a questi raduni, mettendo a disposizione dei pullman per raggiungere i punti di ritrovo. Onu: "Siamo scioccati". Le parole di Ahmadinejad arrivano nel giorno in cui l'Alto commissario dell'Onu per i diritti umani, Navi Pillay, si è detta impressionata per le violenze dei giorni scorsi e la dura repressione nei confronti dell'opposizione e ha esortato Teheran a frenare gli eccessi delle forze di sicurezza: "Sono scioccata per il numero di morti, feriti e arrestati - ha spiegato - le informazioni disponibili mostrano ancora una volta le eccessive azioni di violenza perpetrate dalle forze di sicurezza e dalla milizia paramilitare Basij". Iran, giallo sulla sorte dei leader riformisti "Hanno lasciato Teheran", il figlio smentisce Una delle manifestazioni filo-regime in corso a Teheran Celebrati in gran segreto funerali nipote Moussavi. Secondo il sito riformista Rahesabz, si sono svolti in gran segreto i funerali di Ali Habibi Mussavi, il nipote del leader dell'opposizione Mir Hossein Mussavi ucciso durante una delle manifestazioni di piazza di domenica scorsa. La cerimonia funebre ha avuto luogo stamane al cimitero Behesht Zahra della capitale, sotto strettissime misure di sicurezza e nel totale silenzio dei media. Agenti delle forze dell'ordine avrebbero consentito alla famiglia di ritirare la salma solo alle 7 di questa mattina. Il rischio era che il funerale si trasformasse nell'ennesima manifestazione contro il regime. Dissidenti in piazza. Secondo alcuni siti internet vicini ai riformisti, gruppi di dissidenti si starebbero comunque organizzando per scendere in piazza e far sentire la loro voce contro il governo. Nell'annunciare le manifestazioni filo-regime, il capo della polizia iraniana li ha messi in guardia: "Nessuna pietà per chi parteciperà a cortei non autorizzati". "Nelle manifestazioni precedenti - ha detto il generale Ismail Ahmadi Moghaddam - la polizia è stata clemente, ma dato che queste correnti cercano di destituire il potere, d'ora in avanti non avremo nessuna pietà. Il tempo della tolleranza è terminato". (30 dicembre 2009)
2009-12-30 Il commissario Onu per i diritti umani: "Siamo scioccati da violenza e repressione" Svolti in gran segreto i funerali di Ali Habibi Mussavi, nipote del leader riformista Ahmadinejad all'opposizione "Pentirvi non vi servirà" Organizzate in tutto il paese manifestazioni a sostegno del regime Ahmadinejad all'opposizione "Pentirvi non vi servirà" Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad TEHERAN - Continua a salire la tensione in Iran, dopo i violenti scontri dei giorni scorsi e la condanna della comunità internazionale, Stati Uniti in testa. Oggi anche l'Onu ha stigmatizzato gli scontri consumatisi durante la celebrazione dell'Ashura e nei giorni seguenti. Ma il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad non cede. E minaccia l'opposizione: "Non servirà il pentimento - dice, ai microfioni della tv di Stato - il giorno in cui la nazione si muoverà contro di voi come un grande oceano. Si tratta solo di un gran baccano, e di notizie false create per complicare la situazione. Ma verrete travolti dal popolo iraniano". Oggi corteo pro-regime. Secondo l'agenzia di stampa Irna, il regime ha convocato proprio per oggi manifestazioni di piazza a sostegno di Ahmadinejad in diverse città, a cominciare da Teheran. "La massiccia partecipazione a questi raduni umilierà i nostri oppositori", ha detto il presidente, che già ieri aveva definito i cortei di protesta di domenica scorsa "una sceneggiata sionista-americana". Onu: "Siamo scioccati". Le parole di Ahmadinejad arrivano nel giorno in cui l'Alto commissario dell'Onu per i diritti umani, Navi Pillay, si è detta impressionata per le violenze dei giorni scorsi e la dura repressione nei confronti dell'opposizione e ha esortato Teheran a frenare gli eccessi delle forze di sicurezza: "Sono scioccata per il numero di morti, feriti e arrestati - ha spiegato - le informazioni disponibili mostrano ancora una volta le eccessive azioni di violenza perpetrate dalle forze di sicurezza e dalla milizia paramilitare Basij". Celebrati in gran segreto funerali nipote Moussavi. Secondo il sito riformista Rahesabz, si sono svolti in gran segreto i funerali di Ali Habibi Mussavi, il nipote del leader dell'opposizione Mir Hossein Mussavi ucciso durante una delle manifestazioni di piazza di domenica scorsa. La cerimonia funebre ha avuto luogo stamane al cimitero Behesht Zahra della capitale, sotto strettissime misure di sicurezza e nel totale silenzio dei media. Agenti delle forze dell'ordine avrebbero consentito alla famiglia di ritirare la salma solo alle 7 di questa mattina. Il rischio era che il funerale si trasformasse nell'ennesima manifestazione contro il regime. Dissidenti in piazza. Secondo alcuni siti internet vicini ai riformisti, gruppi di dissidenti si starebbero comunque organizzando per scendere in piazza e far sentire la loro voce contro il governo. Nell'annunciare le manifestazioni filo-regime, il capo della polizia iraniana li ha messi in guardia: "Chi parteciperà a cortei non autorizzati sarà duramente punito". (30 dicembre 2009)
La dottoressa Nooshin Ebadi prelevata dalla sua abitazione da quattro agenti e portata in carcere In manette il cognato del leader riformista Moussavi, tre giornalisti e un'attivista dei diritti umani Iran, arrestata la sorella del Nobel Ebadi Ayatollah: "A morte capi opposizione" Amadinejad: "Manifestazioni nauseante mascherata promossa da americani e sionisti" Il ministro degli Esteri Mottaki: "La Gran Bretagna taccia o riceverà un pugno in bocca" Iran, arrestata la sorella del Nobel Ebadi Ayatollah: "A morte capi opposizione" Il premio Nobel Shirin Ebadi TEHERAN - Non si ferma, la repressione in Iran: a finire agli arresti, tra gli altri, Nooshin Ebadi, sorella del premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. Ad annunciarlo è la stessa Shirin, avvocatessa pacifista premiata nel 2003. E poi, nel corso della giornata, arriva il terribile proclama che l'ayatollah Abbas Vaez-Tabasi - un religioso che rappresenta l'ayatollah Khamenei, guida suprema dell'Iran - ha lanciato: i leader dell'opposizione sono "nemici di dio" e dovrebbero essere giustiziati in base alla Sharia, la legge islamica. Lo ha riferito la televisione di Stato. La denuncia. "Mia sorella, la dottoressa Nooshin Ebadi, è stata arrestata nella sua abitazione il 28 dicembre da tre agenti e da una donna dell'intelligence e portata in carcere. Con lei hanno portato via il suo computer", scrive Ebadi in un comunicato sul sito Rahesabz. "Non so dove sia detenuta e perché sia stata arrestata. Di certo per costringermi a mettere fine al mio lavoro. Non ha fatto nulla di male, non è coinvolta nelle mie attività per i diritti umani e non ha mai partecipato ad alcuna protesta", aggiunge. Gli altri arresti. Il sito riferisce anche della cattura di tre giornalisti e di un'attivista per i diritti umani. Uno è Mashallah Shamsolvaezin, giornalista riformista. Morteza Kazemian, giornalista del quotidiano riformista Etemad e di altri siti dell'opposizione, e l'attivista Mansoureh Shojai sono stati arrestati intorno alla mezzanotte mentre un altro giornalista, Mohammad Javad Saberi, è stato arrestato nei pressi dell'università di Teheran. Confermato anche l'arresto di Reza al Bacha, 27 anni, giornalista di origine siriana che lavora per il gruppo Dubai Media Corporation e risultava disperso dopo gli scontri dei giorni scorsi.. Fermato di nuovo Shahpour Kazemi, cognato del leader riformista Mir-Hossein Moussavi, già arrestato dopo le presidenziali di giugno e rilasciato il 26 novembre dietro cauzione. Ai domiciliari l'ex presidente del Parlamento iraniano, Mehdi Karroubi. Propaganda e proclami. Il ministro degli Esteri iraniano, Manuchehr Mottaki, replica alle accuse di Londra: se la Gran Bretagna non cesserà di parlare della repressione delle proteste in Iran "riceverà un pugno in bocca". I Pasdaran iraniani rincarano la dose e accusano la stampa straniera di essere parte di un complotto per provocare una "rivoluzione di velluto" contro il regime. E il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad definisce le manifestazioni dell'opposizione una "nauseante mascherata promossa da americani e sionisti". Il presidente del Parlamento iraniano, Ali Larijani, chiede "il massimo della pena" per chi ha provocato i disordini degli ultimi due giorni a Teheran. La replica a Obama. Larijani risponde anche alle parole di condanna espresse ieri dal presidente Usa: "Le promesse di cambiamento fatte nei mesi recenti dal presidente americano erano solo una mossa opportunistica per colpire gli interessi dell'Iran e dei musulmani". Le accuse ai paesi stranieri. L'Iran, per bocca dei Pasdaran, accusa l'Occidente di sostenere l'opposizione interna. Secondo le Guardie rivoluzionarie, i media internazionali stanno conducendo una guerra psicologica per rovesciare il sistema e danneggiare lo Stato islamico. "Chi ha architettato i disordini pagherà presto il prezzo della sua insolenza - si legge in un comunicato - l'opposizione è sostenuta dal nemico straniero". L'opposizione: "Chiedete perdono". Il maggiore partito riformista, il Mosharekat, chiede oggi ai responsabili del regime di "chiedere perdono al popolo" e "tornare alla Costituzione" per "uscire dalla crisi in atto", si legge in un comunicato sul sito Norooz. Manifestazione per il governo. Domani alle 15 (le 12.30 in Italia) scendono in piazza a Teheran i sostenitori del governo iraniano. (29 dicembre 2009)
Il presidente fa il punto a tre giorni dal fallito attentato al volo della Delta "L'allarme del padre dell'attentatore era stato passato all'intelligence e largamente diffuso" Obama: "Falle gravi e inaccettabili nel sistema nazionale di sicurezza" Nuove misure e scanner più potenti per maggiori controlli Obama: "Falle gravi e inaccettabili nel sistema nazionale di sicurezza" Barack Obama WASHINGTON - "E' chiaro che nella vicenda dell'attentato all'aereo per Detroit ci sono state falle nel sistema nazionale di sicurezza". Dalla base di Kanehoe Bay, nelle isole Hawaii, il presidente americano Barack Obama riferisce per la prima volta sull'attentato al volo della Delta da Amsterdam a Detroit. E il suo giudizio è nettamente negativo. Il presidente scandisce che quello che è accaduto è "inaccettabile" e che ci sono state "delle responsabilità umane". I risultati preliminari delle due inchieste arriveranno giovedì, ma è chiaro che Obama ha molto da obiettare su come ha funzionata la rete antiterrorismo ed è convinto che "bisogna agire in fretta per aggiustare le falle". "E' in gioco la nostra sicurezza - ha detto il capo dell'amministrazione Usa - e sono in gioco vite umane. Dobbiamo imparare da questo episodio". E un esempio di "buco" nel sistema, lo ha fatto lui stesso quando ha detto che l'allarme lanciato dal padre di Farouk era stato "passato all'intelligence alcune settimane fa" ed era stato "largamente diffuso" ma, evidentemente senza effetto. Non era arrivato, ad esempio, alle autorità responsabili delle liste degli individui a cui è vietato imbarcarsi su voli di linea. E inevitabilmente arriveranno misure di sicurezza più approfondite e, quindi, più pesanti. Di sicuro verranno potenziati i controlli negli aeroporti e le operazioni di intelligence preventive. Le prime decisioni operative potrebbero arrivare già giovedì: più attenzione alle liste dei potenziali terroristi e nuove direttive per i controlli di sicurezza al momento dell'imbarco. Dopo le scarpe, l'attenzione è puntata sulle mutande dove Umar Farouk Abdulmutallab aveva nascosto un quantitativo di Petn sufficiente a far saltare l'Airbus ma che, fortunatamente, non è riuscito a innescare finendo per bruciarsi gravemente le parti intime e le gambe. Ma costringere tutti i passeggeri a farsi controllare le mutande è pura fantascienza: l'Amministrazione Obama sta pensando probabilmente a scanner più sensibili e moderni. Alcuni esperti di sicurezza americani sostengono che con i nuovi costosissimi scanner (quelli che 'spogliano' i passeggeri, sollevando evidenti questioni di privacy), Umar non sarebbe mai riuscito a salire sull'Airbus. In realtà il discorso è più complesso: gli scanner in questione, di un costo che si avvicina ai 200mila dollari l'uno, non sarebbero in grado di identificare cilindri di esplosivo plastico introdotti nell'ano del kamikaze. E' una delle tecniche, secondo gli esperti, che stanno studiando le organizzazioni terroristiche, molto attente alle trovate utilizzate dai trafficanti di droga o di diamanti. C'è un solo modo di rendere il traffico aereo sicuro al cento per cento, ricorda l'ex ministro dell'interno di George W. Bush, Michael Chertoff: "Lasciare tutti gli aerei a terra". E al New York Times, Jeffrey Addicott, il direttore del 'Center of Terrorism Law' di San Antonio, in Texas, aggiunge, parlando dei terroristi: "se tentate di fermarli all'aeroporto, siete decisamente in ritardo". E' vero che gli aeroporti Usa sono più sicuri dopo l'11 Settembre ma è anche vero che molte delle misure decise dal Congresso non sono entrate in vigore, nonostante una spesa di 40 miliardi di dollari. Il punto più dolente è quello delle liste di sorveglianza dei terroristi, non ancora unificate come insegna il caso Abdulmutallab. E come conferma lo stesso Obama dalle Hawaii. Tra le misure prospettate dal presidente, oltre a nuovi database davvero efficaci, spiccano i nuovi scanner ed il potenziamento dell'intelligence, con una maggiore attenzione alle denunce dei familiari dei potenziali terroristi. Quella del papà di Umar si è impigliata nelle pastoie della burocrazia. (29 dicembre 2009)
Yemen, le forze speciali Usa preparano la rappresaglia WASHINGTON - Le forze speciali d'intervento e l'intelligence americana, di comune accordo con i militari yemeniti, stanno cercando di individuare degli obiettivi per mettere in atto un'azione di rappresaglia contro chi ha organizzato l'attentato fallito di Detroit. Lo rende noto la Cnn, sottolineando che si sta facendo ogni sforzo per colpire individui strettamente legati al nigeriano che ha acquisito in Yemen le informazioni e l'esplosivo per la tentata strage sul volo Delta il giorno di Natale. (30 dicembre 2009) Tutti gli articoli di esteri
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L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.unita.it2010-01-09 Angola, spari contro il bus della Nazionale La nazionale di calcio del Togo è stata assalita in Angola. Un commando di uomini armati ha aperto il fuoco contro l'autobus su cui viaggiavano i giocatori per partecipare all'Africa Cup of Nations che inizia domenica. Tre giocatori del Togo sarebbero morti in seguito all'attacco contro il pullman della nazionale. La nazionale di calcio si ritira dalla Coppa d'Africa. Ieri la nazionale togolese stava raggiungendo l'Angola, dove oggi inizia la Coppa d'Africa e l'assalto è avvenuto nella regione di Cabinda. Il centrocampista del Nantes Thomas Dossevi, rimasto illeso, aveva inizialmente riferito di due feriti, ma più tardi ha detto che i compagni colpiti sono stati di più e alcuni sono in gravi condizioni. Cabinda è la provincia più settentrionale dell'Angola. "L'assalto al bus della nazionale di calcio del Togo è "un atto di terrorismo", è il giudizio del governo dell'Angola. 08 gennaio 2010
2010-01-07 Obama: per Detroit anche colpa mia Barack Obama si dichiara colpevole per le disfunzioni nel sistema di sicurezza nazionale, rivelate dall’attentato sul volo per Detroit il giorno di Natale, fallito solo per l’imperizia dell’aspirante kamikaze nigeriano. Il presidente si era già attribuito la responsabilità degli errori compiuti dai servizi di intelligence, dopo il vertice di martedì alla Casa Bianca. Ha ribadito il concetto in maniera più esplicita in un discorso televisivo ai concittadini, nel quale ha annunciato nuove misure per rendere più efficaci i meccamismi di controllo. Una serie di particolari sconvolgenti sugli errori compiuti dall’intelligence statunitense prima del fallito attentato di Natale, sono contenuti in un dossier che la Casa Bianca ha deciso ieri sera di rendere pubblico. Nell’annunciarne la divulgazione il consigliere per la sicurezza nazionale James Jones ha definito il documento "scioccante". Il presidente "è giustamente e legittimamente allarmato dal fatto che erano a disposizione dell'intelligence brandelli di informazioni, ed elementi di comportamento che non hanno fatto scattare alcuna risposta", ha affermato Jones. Si sa ad esempio che il terrorista nigeriano Umar Farouk era finito in un elenco di sospetti (che contiene quasi mezzo milione di nomi) dopo essere stato denunciato dal padre. Un difetto di coordinamento informativo aveva impedito che il giovane venisse inserito nella lista di "non volo", riservata agli individui cui viene proibito l’imbarco sugli aerei per gli Stati Uniti. La sua pericolosità è stata scoperta dai servizi a decollo ormai avvenuto. Per questo era stata data disposizione di trattenerlo per interrogatori dopo l’atterraggio. Un interrogatorio che non sarebbe mai potuto avvenire se Umar Farouk fosse riuscito ad attivare correttamente il congegno esplosivo che aveva cucito nelle mutande. Emergono nuovi particolari sulle sue frequentazioni in Yemen. Umar Farouk ebbe incontri con Anwar al-Awlaki, religioso e teorico dell’estremismo integralista. Anwar è l’uomo noto per la fitta corrispondenza via Internet con Nidal Malik Hasan, il militare americano che lo scorso novembre compì una strage nella base di Fort Hood, negli Usa. Le autorità di Sanaa sostengono però che l’adesione di Umar Farouk ad Al Qaeda risale ad un soggiorno londinese, prima dell’arrivo in Yemen lo scorso mese di agosto. Gli entusiasmi sui rapidi successi delle operazioni anti-terrorismo nel Paese arabo intanto si sono raffreddati notevolmente, quando le autorità hanno chiarito che il presunto leader locale di Al Qaeda, Mohammed Ahmed al-Hanaq, è ancora uccel di bosco. Mercoledì la polizia ne aveva frettolosamente annunciato la cattura in un ospedale a nord di Sanaa, assieme ad altri due miliziani, ricoverati come lui per le ferite subite in una sparatoria. Vera la notizia del triplice arresto, falso che del trio facesse parte al-Hanaq. 07 gennaio 2010
Yemen, il governo: "Il capo di Al Qaida è ancora in fuga" Il vice premier yemenita con delega alla Difesa e alla Sicurezza, Rashad al-Alimi, ha affermato questa mattina che il leader locale di al-Qaeda, Mohammed Ahmed al-Hanaq, non è stato arrestato nell'operazione condotta ieri mattina dalle forze yemenite in un ospedale di Sanàa, come invece sostenevano alcuni media. Il vice premier, citato da 'News Yemen', ha aggiunto che l'uomo "è ancora in fuga". Già ieri una fonte della sicurezza di Sanàa aveva dichiarato ad AKI-ADNKRONOS INTERNATIONAL che al-Hanaq "non è stato arrestato", precisando che proprio dall'uomo "sono arrivate le minacce all'ambasciata degli Stati Uniti" che domenica hanno spinto Washington a chiudere la sua sede diplomatica a Sanàa. Intanto il ministro yemenita per gli Affari di Difesa e Sicurezza, Rached al Alimi, in conferenza stampa a Sanaa, ha assicurato che i sei cittadini europei, cinque tedeschi e un britannico, tenuti in ostaggio nello Yemen da circa sei mesi sono ancora in vita. Tra gli ostaggi tedeschi figurano anche tre ragazzini. 07 gennaio 2010
2010-01-06 Obama: "Errori inaccettabili Sconfiggeremo al Qaida" di Gabriel Bertinettotutti gli articoli dell'autore Il giorno di Natale "il nostro sistema di sicurezza ha fallito in maniera clamorosa", dichiara Obama, secondo cui gli Usa sono di fronte ad una "crisi della massima gravità". L’attentato fortunatamente fallito sull’aereo della Delta, poteva essere prevenuto, se solo avessimo messo assieme tra loro gli elementi di conoscenza di cui disponevamo. Il fatto che ciò non sia avvenuto è "inaccettabile, intollerabile". Critica severa È una critica severa ai servizi informativi ed agli apparati di sicurezza americani quella che il presidente rivolge pubblicamente incontrando la stampa al termine di una riunione con tutti i pezzi grossi del governo e dell’intelligence. Nel corso dell’incontro Obama ha ascoltato i rapporti sul volo Amsterdam-Detroit del 25 dicembre. E ha discusso le misure urgenti da prendere per rivitalizzare le attività di anti-terrorismo e innalzare i livelli di sicurezza in particolare negli aeroporti, anche alla luce del successivo episodio di domenica scorsa, il caos a Newark per una falla nei controlli che ha consentito a un passeggero di penetrare in un’area proibita. Obama guarda al futuro. Bisogna prendere spunto dagli errori commessi per far sì che non si ripetano. Si dice "soddisfatto per la revisione delle misure di sicurezza" che è stata effettuata in seguito al fallito attentato di Natale. Ritiene importante tra le altre cose "rafforzare il meccanismo delle liste di non volo", gli elenchi cioè delle persone sospette alle quali deve essere vietato salire a bordo. Il capo della Casa Bianca non si lascia trascinare però verso provvedimenti di tipo demagogico. "Guantanamo -dice- va chiusa. Tenerla in funzione sarebbe un punto a favore di Al Qaeda, e quindi danneggerebbe i nostri interessi nazionali". E noi invece dobbiamo colpire Al Qaeda ovunque si trovi, afferma. Opportuno, aggiunge, interrompere il trasferimento di detenuti di nazionalità yemenita verso le carceri del loro Paese, viste le condizioni di instabilità in cui versa. Da lì è partito l’aspirante kamikaze nigeriano del volo su Detroit. Lì nei giorni scorsi è stato sventato un attentato che si stava preparando contro l’ambasciata Usa. Lacune imperdonabili Almeno venti persone hanno partecipato al vertice. Tra loro la segretaria di Stato Hillary Clinton, il capo del Pentagono Robert Gates, il direttore della Cia Leon Panetta, i capi dell’Fbi, Robert Mueller e dell’Intelligence nazionale, Dennis Blair, oltre alla responsabile per la sicurezza interna Janet Napoletano. Quest’ultima assieme a Blair veniva indicata nei giorni scorsi fra le persone candidate ad un licenziamento in tronco. A loro sembrava che venisse attribuita la colpa dei difetti nei meccanismi di protezione dalle minacce eversive, che i recenti episodi hanno messo drammaticamente a nudo. Invece per ora non pare che cadranno delle teste. Fra le imperdonabili lacune dei servizi informativi, clamorosa la mancata inclusione del giovane terrorista natalizio nell’elenco delle persone sospette, nonostante il padre l’avesse apertamente denunciato alle autorità. Umar Farouk Abdulmutallab, 23 anni, è salito tranquillamente a bordo con un ordigno nelle mutande, che nessun metal detector ha individuato. Ha tentato di innescare il congegno esplosivo pochi minuti prima dell’atterraggio, riuscendo fortunatamente a ferire solo se stesso. Altrimenti sarebbe stata una strage. Il giovane ha confessato di essere stato addestrato dalla filiale di Al Qaeda nello Yemen. Da allora i fari mediatici sono puntati verso il Paese di cui è originaria la famiglia di Osama Bin Laden, e dove le milizie jihadiste sono particolarmente attive. Washington sostiene di essere impegnata da tempo nel contrasto ai gruppi terroristi in Yemen, attraverso il sostegno alle forze di polizia locali. Solo domenica scorsa, la notizia di un probabile imminente attacco all’ambasciata statunitense ha provocatola chiusura degli uffici, tornati poi a funzionare regolarmente ieri. Secondo le autorità Usa la minaccia è stata sventata, grazie all’uccisione di due membri di Al Qaeda coinvolti nella preparazione dell’attentato. 06 gennaio 2010
2010-01-05 La lezione di Obama all'Italia su contenuti e compromessi di Yasha Mounktutti gli articoli dell'autore La sinistra italiana sembra pensare che solo un politico carismatico come Barack Obama sarebbe in grado di farle riconquistare il governo del Paese. È un pensiero inquietante. Da un lato è un sintomo di disperazione – non fosse altro perché non ci sono tracce di un Obama italiano. Dall’altro, se gli uomini politici di sinistra non comprendono la vera natura del fenomeno Obama, il loro desiderio di emularlo non potrà che condurli sulla strada sbagliata. E quindi cosa possono eventualmente imparare dalla lezione di Obama? Meno di un anno fa Obama entrò alla Casa Bianca accompagnato da un diffuso entusiasmo. Democratici, afro-americani e osservatori internazionali stravedevano per lui. Ma erano affascinati dal nuovo presidente anche moderati, ceto medio, americani bianchi. Dopo tutto la sua vittoria schiacciante in occasione delle presidenziali era maturata principalmente nelle tradizionali roccaforti repubblicane quali l’Indiana, la Virginia e la Carolina del Nord. Oggi quel clima di febbrile eccitazione è svanito. L’allontanamento dei moderati da Obama sta assumendo le caratteristiche di una migrazione di massa. La maggioranza degli americani è del parere che il presidente non stia facendo bene il suo lavoro. Secondo il più recente sondaggio della Cnn, il 48% dei cittadini americani approva l’operato della presidenza, ma il 50% si dichiara insoddisfatto. Per capire il fenomeno Obama dobbiamo rispondere a due interrogativi. Come è riuscito a vincere in maniera così schiacciante? E come mai la sua popolarità è svanita tanto rapidamente? Fino a non molto tempo fa la maggior parte dei commentatori sottolineava il carisma di Obama. Ma questa non è più una spiegazione soddisfacente. Da quando ha preso possesso della carica il presidente non è diventato meno carismatico eppure la sua stella non brilla più di luce così vivida. E’ necessaria una diversa valutazione tanto dell’iniziale successo di Obama quanto del suo recente declino. Credo proprio che questa diversa valutazione debba essere incentrata sul tipo di messaggio politico e sul linguaggio che lo veicola. Per anni democratici quali Al Gore e John Kerry sono partiti dall’assunto che gli Stati Uniti fossero un Paese intrinsecamente di destra. Pertanto – così ragionavano – se volevano vincere le elezioni dovevano parlare il linguaggio dei repubblicani. Di conseguenza si affrettarono ad abbandonare i loro ideali. Non ebbero mai il coraggio di offrire agli elettori una diversa visione dell’America. E furono sconfitti. Poi è arrivato Obama. A differenza di Al Gore e Kerry, non ha mai tentato di scavalcare la destra a destra. Al contrario ha rivendicato i principi morali della sinistra – ma con un linguaggio che poteva fare presa su tutti. Tanto per fare un esempio, Obama non ha mai fatto ricorso ad espressioni che potevano mettere paura come "classe operaia". E non di meno, pur a suo modo, ha parlato continuamente dei poveri. In tutte le sue apparizioni nel corso della campagna elettorale ha ricordato una donna che aveva conosciuto, una certa Nancy, che faceva tre lavori per mandare la figlia all'università. O un uomo di suo conoscenza, di nome Jim, strangolato dai debiti perché si era ammalato e non aveva l’assicurazione sanitaria. Il linguaggio di Obama rispettava i confini del discorso politico americano. Era incentrato su immagini atte ad attirare i moderati. E non di meno era di sinistra. Obama sceglieva accuratamente la confezione – ma senza scendere a compromessi sui contenuti. Proprio in questo modo gli è riuscito quanto altri democratici avevano ritenuto impossibile: ha vinto proprio per essere rimasto fedele ai suoi valori. Poi, all’apice della sua popolarità, Obama ha dimenticato il potere della parola. Criticato da destra per essere tutto parole e niente fatti, Obama è apparso sempre più deciso a dimostrare che non era innamorato della sua voce. Ha messo la sordina alla sua capacità oratoria. Il suo discorso di insediamento, atteso con impazienza, è stato volutamente sobrio. Qualche mese dopo Obama si è reso responsabile di un passo falso ancor più grave. Ben sapendo che la sua proposta di riforma sanitaria poteva rivelarsi impopolare, ha deciso di abbandonare i suoi principi e di cominciare a parlare il linguaggio dell’opposizione. Ha smesso di ribadire che sarebbe stato moralmente sbagliato condannare un cittadino a morte per il semplice, crudele fatto che non aveva l’assicurazione sanitaria. Ha smesso di ricordare la "spietata urgenza dell’ora e subito". Si è persino dimenticato di Nancy e Jim. Obama si è invece convertito alla fallimentare strategia di Kerry. Ha cominciato a far appello agli interessi e non alla virtù civile. La riforma sanitaria – ha preso a dire – era necessaria per ridurre lo spaventoso deficit di bilancio degli Stati Uniti. I repubblicani non aspettavano altro. Una volta che il dibattito aveva accantonato le questioni morali, è stato per loro sin troppo facile convincere la maggioranza degli americani – che l’assicurazione sanitaria ce l’hanno – che qualunque modifica legislativa poteva verosimilmente essere contraria ai loro interessi. Di conseguenza il disegno di legge non è stato ancora approvato dal Congresso. Tuttavia c’è motivo per sperare. Sembra che Obama abbia capito la lezione e abbia riflettuto sui suoi errori. In una recente e-mail sul dibattito intorno alla riforma sanitaria, è tornato ad un uso appassionato del linguaggio per portare avanti le sue argomentazioni di tipo etico: "è una legge che riguarda la nostra identità e ciò cui diamo valore come popolo". Allo stesso modo, nel discorso di accettazione del premio Nobel per la Pace, Obama per la prima volta ha utilizzato una occasione pubblica per difendere la guerra in Afghanistan. Con ogni probabilità i norvegesi non si aspettavano una conferenza in difesa delle "guerre giuste". Ed anche in questo caso la difesa di Obama della missione in Afghanistan era incentrata sul messaggio morale e non su angusti interessi nazionali. Anche nel discorso di Copenhagen il presidente Obama ha miscelato il realismo con la capacità oratoria. "Non è un accordo perfetto", ha riconosciuto. Ma è innegabile che "tutti coloro che sono presenti in questa sala prenderanno parte ad uno sforzo storico che renderà migliore la vita dei nostri figli e dei nostri nipoti". Alla fin fine la sua presenza ha agevolato il raggiungimento di un accordo – che pur rappresentando un compromesso al ribasso è sempre meglio di niente. I discorsi di Obama non sono la cura miracolosa. Non possono convincere gli americani ad approvare una riforma sanitaria veramente radicale, a risolvere la situazione in Afghanistan o a mobilitare il mondo contro il cambiamento climatico. Tuttavia, come le imminenti decisioni del Presidente su come rispondere al recente tentato attacco terroristico dimostreranno, possono davvero fare la differenza. Restringerà ulteriormente le libertà civili negli Stati uniti? Bombarderà lo Yemen? Qualunque sia la decisione finale, l’Occidente riuscirà a sconfiggere il terrorismo solo se Obama, a differenza di Bush, accompagnerà la sua politica di sicurezza con una convincente narrazione. Obama verrà ricordato per la forza e l’importanza della sua retorica? Speriamo di sì. La sua popolarità dipende da quello. Così come la sua abilità di unire la comunità internazionale in una difesa dei principi e dei valori democratici contro il fondamentalismo islamico. Il primo anno di presidenza di Obama consegna due insegnamenti molto semplici all’opposizione italiana. In primo luogo preoccuparsi dei contenuti e non scendere a compromessi. Cercare i tutti i modi di conquistare l’appoggio dei moderati e dei cattolici. Ma non pensiate che ci si possa riuscire abbandonando i propri ideali, dall’impegno a favore dei poveri alla difesa della repubblica laica . In secondo luogo, fate attenzione al linguaggio politico non al carisma. Non vi serve un persona seducente e affabile come Obama. Vi serve qualcuno che parli come lui. In breve, restate fedeli ai vostri principi. Confezionate con prudenza un messaggio politico e fidatevi del potere della parola. Traduzione di Carlo Antonio Biscotto 05 gennaio 2010
Terrorismo in Yemen, riaprono le ambasciate di Usa, Gb e Francia Dopo due giorni è stata riaperta l'ambasciata americana nello Yemen. La sede della rappresentanza diplomatica Usa a Sanaa era rimasta chiusa domenica dopo le minacce di attentati terroristici di Al Qaeda. In un comunicato diffuso sul suo sito internet, l'ambasciata ha precisato che la decisione di riaprire è stata presa all'indomani "delle operazioni anti-terrorismo" condotte dalle forze di sicurezza yemenite a nord della capitale Sanaa, nel corso delle quali due presunti membri di al Qaida sono stati uccisi. "Le minacce di attacchi terroristici contro gli interessi americani restano elevate", sottolinea il comunicato, che invita anche "gli americani nello Yemen a restare vigili e a prendere adeguate misure di sicurezza". Oltre a quella americana, anche le ambasciate britannica e francese nello Yemern hanno riaperto. Fonti diplomatiche dei due Paesi hanno spiegato i consolati di Francia e Gran Bretagna al momento restano chiusi. Oggi a Washington consiglio di guerra con il presidente Obama, che ha convocato i responsabili di intelligence e sicurezza per fare il punto su come gli Usa stanno contrastando il terrorismo. Alle 22 italiane, dopo la riunione, Obama annuncerà le iniziative prese. Sul campo, ieri, le forze yemenite hanno lanciato un attacco contro al Qaeda: due militanti sono stati uccisi e tre altri feriti in uno scontro con le forze di sicurezza nella zona di Arhab, 40 km a Nord di Sanaa. Fonti tribali hanno riferito che tutto è avvenuto mentre le forze di sicurezza erano sulle tracce di Mohammad al-Hang, che è riuscito a fuggire, ma hanno avuto uno scontro a fuoco con alcune delle sue "guardie del corpo". Da Guantanamo allo Yemen - Con il leader di "Al Qaeda nella Penisola Arabica" ci sono anche una decina di ex prigionieri di Guantanamo. Lo ha rivelato il quotidiano britannico The Times, sottolineando come stia aumentando la preoccupazione riguardo alla capacità del governo yemenita di accogliere nel Paese un centinaio di ex detenuti della base Usa nell'Isola di Cuba. L'amministrazione Obama aveva promesso che avrebbe chiuso la prigione di Guantanamo - riservata a presunti terroristi e combattenti talebani - entro il 22 gennaio, una scadenza che però non riuscirà a rispettare. Tra i 198 detenuti che si trovano ancora a Guantanamo ben 91 sono yemeniti. Sei prigionieri sono stati trasferiti nello Yemen lo scorso mese. Dopo il fallito attentato di Natale sul volo Amsterdam-Detroit della Delta Airlines, negli Stati Uniti è però cresciuto il timore che lo Yemen si stia trasformando in un santuario del terrorismo. Undici ex prigionieri che si sono arruolati nella branca yemenita di al Qaida erano nati in Arabia Saudita, scrive il Times. Vacanze finite - Barack Obama, come detto, si riunisce con i suoi consiglieri per la sicurezza nazionale. Il fallito attentato di Natale sul volo Amsterdam-Detroit, le preoccupazioni per lo Yemen con la temporanea chiusura dell'ambasciata ma anche le falle nella sicurezza negli aeroporti nonostante l'inasprimento dei controlli saranno i temi sul tavolo. Pubblicata una lista nera di 14 paesi fonte di vecchio e nuovo terrorismo. Al vertice con il presidente americano parteciperanno il segretario di Stato Hillary Clinton, il segretario alla Difesa Robert gates, il segretario alla sicurezza nazionale Janet Napolitano, il direttore della Cia Leon Panetta, il direttore dell'Fbi Robert Mueller e il consigliere per la sicurezza James Jones. In serata poi Obama incontrerà i leader democratici del Congresso. 05 gennaio 2010
2010-01-04 Allarme terrorismo in Usa E mentre gli Usa decidono di fare controlli a tappeto sui voli da 14 paesi del mondo è allarme e caos all'aeroporto di Newark a New York. Un uomo è entrato nell'area "sterile" del terminale C senza essere stato prima passato al vaglio dei nuovi macchinari di screening. Una volta accortisi del fatto le autorità hanno deciso che tutti i passeggeri ai gate avrebbero dovuto rifare lo screening ai metal detector. Indescrivibile il caos, che ha determinato ritardi nei voli, mentre non è chiaro se sia stato identificato l'uomo che aveva oltrepassato indenne da screening la linea di sicurezza. Ore di fila ai check-in e poi agli imbarchi all'aeroporto Newark di New York, che èstato riaperto al traffico alle 22.00 locali (le 04.00 italiane) dopo circa quattro ore di chiusura. Le file interminabili per arrivare i varchi sono dovute al fatto che tutto il terminal è stato sgomberato, compresi dunque i passeggeri già imbarcati sui rispettivi voli, che hanno dovuto ricominciare da capo. Bloccati un centinaio di voli tra cui quello per Milano. Alcuni passeggeri erano già stati imbarcati e sono stati fatti scendere, altri, atterrati regolarmente, sono stati trattenuti a bordo. Vietato fotografare, intimavano periodicamente gli addetti alla sicurezza. Vecchiette in carrozzina famiglie coi passeggini. Una bambina col cellulare che ha perso la mamma: "Mi vedi?" Il bivacco è stato all'insegna di molta stanchezza ma per la verità poco nervosismo e semmai tanta frustrazione e rassegnazione alla nuova routine dei viaggi aerei, chattando coi cellulari con chi è rimasto a casa. "Lo vedi in tv, e poi capita a te", dice una diretta a Londra. Un applauso ha salutato alle 22.00 la riapertura dei varchi. Ma è stato allora che è cominciato il peggio: ci sono volute ancora ore prima di partire, pigiati come sulla metropolitana all'ora di punta nelle code per arrivare ai controlli. Alcune persone si sono sentite male e sono state soccorse sul posto. I controlli sistematici sui voli a destinazione degli Stati Uniti, riguarderanno i cittadini di 14 paesi in tutto, secondo il New York Times, e tra questi ci saranno i cittadini di Pakistan, Arabia Saudita, Nigeria e Yemen. Per tutti gli altri, in particolare gli americani e gli europei, i controlli non saranno automatici ma casuali, a meno che i viaggiatori non provengano da uno dei 14 paesi in questione o che siano stati inseriti su una lista di persone giudicate pericolose. Ai quattro paesi che gli Usa considerano sponsor del terrorismo (Cuba, Iran, Sudan e Siria), ne sono stati aggiunti dieci: Afghanistan, Algeria, Arabia Saudita, Iraq, Libano, Libia, Nigeria, Pakistan, Somalia e Yemen. 04 gennaio 2010
Yemen, minacce di Al Qaeda, chiuse le ambasciate di Usa e Gb L'ambasciata americana nello Yemen è stata chiusa a seguito di minacce giunte da al Qaida. È quanto si apprende da fonti locali. In un comunicato pubblicato sul sito dell'ambasciata si spiega che la sede diplomatica è stata chiusa ma non si aggiungono altre informazioni. Anche la Gran Bretagna ha chiuso la propria ambasciata a Sanaa, a causa di minacce alla sicurezza. In una nota pubblicata sul suo sito web, la rappresentanza diplomatica ha annunciato la sua chiusura "oggi, 3 gennaio 2010, in risposta alle continue minacce di Al Qaeda nella penisola arabica (Aqpa) di attaccare interessi americani nello Yemen". L'ambasciata non precisa quando riaprirà i suoi uffici. Il generale americano David Petraeus, comandante del Centcom e responsabile delle operazioni militari Usa in Medio Oriente e nell'Asia centrale, si è recato ieri in visita nello Yemen, dove è stato ricevuto dal presidente Ali Abdallah Saleh. Un viaggio che giunge a poche ore dalle parole di Barak Obama, che ha accusato al Qaida nello Yemen di avere guidato e armato il nigeriano che ha provato senza successo a farsi esplodere su un aereo Delta in servizio da Amsterdam a Detroit il giorno di Natale. "Il generale Petraeus è stato nello Yemen nell'ambito delle consultazioni in atto per aiutare questo paese", ha detto un alto funzionario dell'amministrazione Usa, citato dalla Bbc. "Noi abbiamo fatto dello Yemen una priorità nel corso dell'anno e questo è solo l'ultimo dei nostri sforzi", ha aggiunto. Petraeus, da parte sua, ha confermato che gli Stati Uniti intendono combattere gli estremisti islamici nella regione al fianco delle autorità locali. Lo Yemen è considerato da analisti ed esperti di intelligence come la nuova frontiera del terrorismo internazionale. Il governo di Londra ha intenzione di stanziare 160 milioni di sterline, pari a 161 milioni di dollari, da girare a Sanaa per lo sviluppo di alcuni progetti antiterrorismo. 03 gennaio 2010
2010-01-02 "Attentatore volo Delta addestrato in Yemen" Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha accusato esplicitamente il ramo di Al Qaida nella penisola arabica di essere responsabile del tentato attacco terroristico su un aereo americano. "Sappiamo che ha viaggiato nello Yemen" - ha detto Obama, riferendosi, nel suo discorso del sabato a radio e tv, al sospetto terrorista Umar Farouk Abdulmutallab - "ha ragggiunto un affiliato di Al Qaida, e questo gruppo nella penisola araba lo ha addestrato, equipaggiato con questi esplosivi e diretto verso l'attacco di questo aereo diretto in America". Obama ha parlato dalle Hawaii, dove si trova in vacanza, nel suo discorso radiotelevisivo settimanale. Riferendosi al giovane nigeriano arrestato, Umar Faruk Abdulmutallab, il presidente ha detto: "Noi sappiamo che veniva dallo Yemen, un paese in preda a una grande povertà e a insurrezioni sanguinose. Risulta che abbia aderito a una branca affiliata ad Al Qaida e che questo gruppo della penisola araba l'abbia addestrato, equipaggiato con gli esplosivi e diretto per l'attacco a questo aereo in rotta verso l'America". Fino ad ora le autorità americane non avevano accusato pubblicamente Al Qaida di essere responsabile del fallito attacco contro l'aereo della Northwest, dicendo solo che il giovane nigeriano sembrava avere un "legame" con il gruppo terrorista. OBAMA,COINVOLTI IN ATTACCO NE RISPONDERANNO Tutte le persone coinvolte nel fallito attentato al volo Amsterdam-Detroit "saranno tenute a risponderne", ha detto il presidente Usa Barack Obama nel suo discorso settimanale. ''Ho fatto del rafforzamento della nostra partnership con il governo dello Yemen una priorita': addestramento e equipaggiamento delle loro forze di sicurezza, condivisione delle informazioni e lavoro con loro per colpire i terroristi di Al Qaida'' ha detto Obama nel testo pubblicato sul sito dalla Casa Bianca. ''Cosi' anche prima del giorno di Natale abbiamo visto i risultati - ha proseguito il presidente - Campi di addestramento sono stati colpiti, leader eliminati, complotti sventati. E tutti coloro coinvolti nel tentato atto di terrorismo di Natale devono saperlo: anche voi sarete tenuti a risponderne''. In apertura del suo discorso il presidente aveva affrontato la questione delle ''responsabilita' di cui rendere conto'' anche sul fronte della sicurezza interna e delle agenzie di essa responsabili. ''Faro' ogni cosa in mio potere - ha detto - per garantire che i nostri laboriosi uomini e donne dei servizi di informazione, delle forze di polizia e delle strutture di sicurezza interna abbiano gli strumenti e le risorse delle quali hanno bisogno per mantenere l'America sicura. Questo include garantire che queste strutture (e le persone che vi lavorano) si coordinino efficacemente e che ognuna sia tenuta a rispondere a ogni livello''. OBAMA CONVOCA VERTICE, A RISCHIO PRIME TESTE Dopo giorni di bufera sulla sicurezza, Obama stringe i tempi avviando una fase di chiarimento interno che potrebbe concludersi con qualche decapitazione eccellente. Gia' martedi' si terra' alla Casa Bianca un vertice antiterrorismo, al quale Obama partecipera' dopo aver esaminato il rapporto preliminare sugli ''errori umani e sistemici'' legati al fallito attentato di Natale. ''Martedi' - afferma il presidente - incontrero' personalmente i responsabili delle agenzie per un aggiornamento della capacita' di rilevamento delle minacce e delle misure di sicurezza ampliate, in vigore dopo l'incidente di Natale''. Che il clima si sia fatto pesante, emerge anche dall'ultimo briefing della Casa Bianca alle Hawaii. Il presidente, ha ammesso un alto funzionario dell'amministrazione, pretende da tutti standard altissimi e in questa fase sta chiedendo rendiconti precisi. Come dire che se riterra' opportuno fare alcune scelte,anche dolorose, non guardera' in faccia a nessuno. Secondo la stampa Usa tra i risultati preliminari dell' inchiesta ordinata da Obama, spiccano gia' alcuni punti dolenti: le agenzie di intelligence Usa continuano a non scambiarsi le informazioni sul terrorismo, le liste 'nere' non sono aggiornate e i controlli agli aeroporti sono obsoleti. Due sono le teste di primo piano che rischiano di saltare gia' nei prossimi giorni: quella della ministra della sicurezza interna Janet Napolitano e quella del Direttore Nazionale per l'Intelligence (Dni), Dennis Blair, considerato il responsabile del mancato coordinamento tra le diverse agenzie, come Cia e Nsa (che dipende dal Pentagono). Del resto la sua figura e' stata creata appositamente dopo l'11 settembre per evitare il ripetersi di attacchi come quello contro le Torri Gemelle e il Pentagono. Consapevole di essere nell'occhio del ciclone, Blair ha tentato una timida difesa, facendo pero' un clamoroso autogol: in una lettera inviata alle famiglie degli agenti segreti, ha scritto che proprio il mancato attentato di Natale, ad opera di un giovane invasato ma inesperto e non di un terrorista di lungo corso, dimostra le difficolta' in cui si trova Al Qaida. Tesi che rischia di peggiorare la sua situazione, visto che l'intelligence di cui lui e' uno dei responsabili non e' riuscita a fermare nemmeno questo neofita, che solo per un pelo non ha provocato una strage. Intanto, dalle indagini emergono nuovi particolari. Umar Faruk Abdulmutallab fece una ultima e drammatica telefonata al padre che questi trovo' cosi' allarmante da indurlo ad informare alti funzionari del governo nigeriano che lo accompagnarono direttamente dal capo locale della Cia. Durante quella telefonata lo stesso giovane disse che sarebbe stata l'ultima. La chiamata era stata fatta dallo Yemen. Umar avrebbe detto al padre che la gente con cui lui stava, avrebbe distrutto la Sim del suo cellulare rendendo il telefonino inutilizzabile. Infine il Washington Post rivela che sempre Umar incontro' in Yemen anche Anwar al Awlaki, l'imam radicale legato anche al maggiore Nidal Hasan, lo psichiatra stragista della sparatoria di Fort Hood. VIAGGIO ATTENTATORE INIZIATO IN GHANA Era iniziato in Ghana e non in Nigeria il viaggio verso Detroit di Umar Faruk Abdulmutallab, il giovane che il giorno di Natale ha cercato di far saltare in aria un aereo della compagnia americana Delta partito da Amsterdam. E' quanto hanno reso noto le autorita' nigeriane stando alle quali, secondo la BBC online, il mancato kamikaze era restato all'aeroporto di Lagos solo una trentina di minuti prima di imbarcarsi sul volo che lo ha poi portato a Amsterdam. Inizialmente si pensava che il suo viaggio fosse iniziato in Nigeria, il suo paese di origine. Anche le autorita' del Ghana hanno confermato che il giovane era effettivamente partito da Accra ma sostengono che Abdulmutallab ha fatto una sosta di almeno tre ore all'aeroporto di Lagos. Un portavoce del governo del Ghana ha accusato la Nigeria di voler passare la patata bollente al suo paese mentre proseguono le indagini per individuare con precisione le falle nei sistemi di sicurezza che hanno consentito al giovane di salire sul volo Delta con un potente esplosivo nascosto nelle mutande. 02 gennaio 2010
2010-01-01 Teheran minaccia Londra. Mousavi sfida le autorità: pronto a morire di Gabriel Bertinettotutti gli articoli dell'autore Nella ridda di notizie confuse e spesso inverificabili che arrivano dall’Iran, è certo che sino alle prime ore di venerdì primo gennaio il leader dell’opposizione Mirhossein Mousavi non era né in fuga né agli arresti. Lo facevano sapere i suoi più stretti collaboratori attraverso il sito online Kaleme: "Mousavi si trova nel suo domicilio e non ha lasciato un momento Teheran nel corso degli ultimi giorni". Le voci che alternativamente davano Mousavi in viaggio verso il nord del Paese per sottrarsi alla cattura, oppure già incarcerato come tanti altri militanti antigovernativi, si sono rincorse per due giorni a partire da mercoledì. Il diretto interessato le smentisce e in un messaggio alla nazione si dice "pronto a morire" per difendere i diritti dei cittadini. Ma la mia morte o il mio arresto "non calmerebbe affatto la situazione", aggiunge Mousavi, perché le cause della protesta popolare sono troppo profondamente radicate. La Repubblica islamica attraversa "una grave crisi", ammonisce Mousavi. Le prime cose da fare per tentare di risolverla sarebbero il rilascio dei prigionieri politici, la salvaguardia della libertà di stampa, e una modifica della legge elettorale. Dietro a quest’ultima richiesta è evidente il riferimento ai brogli elettorali di giugno che secondo l’opposizione hanno rovesciato a favore del presidente Ahmadinejad il verdetto delle urne. Il potere resta sordo al dialogo e determinato a proseguire nella repressione. I media di stato danno ampio risalto alle dichiarazioni dei falchi del regime, come Ahmad Jannati, che parlando ai fedeli in una moschea presso l’Università di Teheran esorta "il sistema giudiziario ad accelerare le procedure legali contro chi sta dietro alle recenti agitazioni. Dal 25 dicembre, quando è iniziata la nuova ondata di manifestazioni per la libertà, sono finiti in carcere almeno venti dirigenti del movimento democratico, compresi tre consiglieri ed il cognato di Mousavi, oltre alla sorella della premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. 01 gennaio 2010
Pakistan,70 morti per attentato partita volley Continua ad aggravarsi con il trascorrere dei minuti il bilancio delle vittime dell'attentato compiuto oggi da un kamikaze che si è fatto esplodere in un campo da pallavolo a Lakki Marwat, nel nord ovest del Pakistan. Secondo quanto riferisce la polizia pachistana, le vittime sono almeno 70. Al momento dell'esplosione era in corso una partita tra due squadre locali. Il capo della polizia locale, Ayub Khan, ha detto che l'attacco potrebbe essere un atto di rappresaglia per la decisione assunta dalle autorità locali di espellere i miliziani dall'area. L'esplosione ha provocato il crollo di alcune case situate vicino al campo da pallavolo, e altre persone potrebbero essere rimaste intrappolate sotto le macerie. Lakki Marwat si trova nei pressi del Nord e del Sud Waziristam due regioni tribali dove si trovano rifugio i talebani e i terroristi di al Qaida. Da quando lo scorso ottobre l'esercito pachistano ha lanciato una massiccia offensiva contro il Sud Waziristan, oltre 500 persone sono morte in attentati terroristici. 01 gennaio 2010
2009-12-31 Teheran minaccia Londra e muove la piazza Il governo iraniano starebbe spostando truppe e blindati verso Teheran. E' quanto sostiene il sito web d'opposizione Jaras. Mancano per ora conferme da altre fonti.'Centinaia di soldati e molti mezzi corazzati stanno muovendosi da Karaj, citta' del nord, verso la capitale', si legge nel sito. 'Alcuni di questi veicoli sono stati usati per reprimere moti di piazza', aggiunge Jaras confermando che la polizia presidia in forze diverse piazze di Teheran. Intanto, i due capi dell'opposizione iraniana Mir Hossein Moussavi e Mehdi Karroubi potrebbero essere fuggiti da Teheran. Lo afferma l'agenzia di stampa Irna, ma la sua versione è presto contraddetta dai siti riformisti, secondo i quali i due sono stati trasferiti dalle autorità in un luogo protetto, e dal figlio di Karroubi, secondo il quale il padre si trova ancora nella capitale iraniana. "La notizia dell'Irna è falsa. Mio padre e Moussavi sono a Teheran e continuano a a rispondere alle richiese della gente", ha detto Hossein Karrubi. Il figlio di Karrubi ha precisato - citato dal sito del padre Sahamnews - di averlo visto oggi a Teheran alle 21" locali (le 17.30 italiane). "Stanno tentando di creare un clima di paura e di terrore diffondendo informazioni sull'arresto o l'esilio (di mio padre) per fare pressioni su di lui", ha aggiunto. Il sito dell'opposizione Rehesabz aveva invece reso noto che i due uomini politici erano stati portati da alcuni Pasdaran (Guardiani della rivoluzione) e agenti dei servizi segreti nella località di Kelar-Abad, nella provincia di Mazandaran, sul Mar Caspio. L'Onu "scioccata" - L'alto commissario dell'Onu per i diritti umani Navi Pillay si è detta "scioccata" dai "morti, i feriti e gli arresti" nel quadro della repressione contro l'opposizione in Iran. "Il governo ha il dovere di assicurare che la violenza non aumenti", ha aggiunto l'Alto commissario dell'Onu per i diritti umani, esprimendo poi preoccupazione per le notizie continue di arresti di giornalisti, attivisti politici, difensori dei diritti umani. La piazza - Il regime chiama in piazza la popolazione contro l'opposizione programmando raduni nelle maggiori città mentre è sempre molto alta la tensione dopo gli arresti di attivisti dell'area riformista oltre che della sorella del premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. A quanto riferisce oggi un sito riformista, ieri gli uffici di due ayatollah iraniani vicini all'opposizione sono stati attaccati e devastati da miliziani in borghese. Miliziani anche davanti agli uffici di altri cinque grandi ayatollah moderati di Qom, sollecitano dichiarazioni contro gli oppositori che hanno dato vita a manifestazioni domenica a Teheran e in diverse altre città del Paese. Sono oltre 500 le persone arrestate nel fine settimana nel corso delle manifestazioni di protesta dell'opposizione: di queste almeno 300 sono ancora in carcere, secondo quanto rende noto il capo della polizia iraniana, generale Esmail Ahmadi Moghadam. L'opposizione - Secondo l'opposizione centinaia di manifestanti sono stati arrestati anche in diverse città di provincia, in particolare a Ispahan, ma le autorità non hanno fornito informazioni in proposito. Il capo della polizia ha ugualmente indicato che "120 poliziotti sono stati feriti dai perturbatori e 60 sono ancora ricoverati in ospedale". Il generale ha lanciato un altro avvertimento affermando che le autorità non tollereranno più manifestazioni. "La fase della tolleranza è terminata. Agiremo con la massima fermezza nei confronti di chiunque parteciperà a manifestazioni e i processi nei loro confronti saranno accelerati". La reazione - Mentre continua il giro di vite del regime, il presidente Mahmud Ahmadinejad ha definito le manifestazioni del giorno dell'Ashura "una nauseante mascherata" orchestrata da "americani e sionisti". E ieri sera dalla televisione di stato un rappresentante della Guida Suprema ayatollah Ali Khamenei ha fatto partire la minaccia più dura, evocando la pena di morte per i leader dell'opposizione. "Coloro che stanno dietro all'attuale sedizione - ha detto l'ayatollah Abbas Vaez-Tabasi, che rappresenta Khamenei nella provincia di Khorosan (nord-est) - sono 'mohareb' (nemici di dio) e la nostra legge islamica (Sharia) è molto chiara su come vanno puniti". In sintesi: pena di morte. Il maggiore partito riformista, Mosharekat, aveva però dato una diversa versione, denunciando quelli che aveva definito gli "attacchi di forze militari contro gente indifesa" e aveva affermato che i responsabili governativi devono "chiedere perdono al popolo" e "tornare alla Costituzione" se vogliono "uscire dalla crisi in atto". Funerali del nipote di Mousavi - Si è tenuto intanto il funerale di Sayyed Ali Habibi Mousavi, nipote del leader dell'opposizione Mir-Hossein Mousavi, morto domenica scorsa durante le proteste in circostanze sospette. Lo ha riferito il sito web d'opposizione "Rah-e Sabz", secondo il quale il rito si è svolto sotto la supervisione delle autorità, che temevano un riesplodere delle proteste dei riformisti. Secondo quanto ha riferito ieri in un comunicato la polizia iraniana, Sayyed Ali Habibi Mousavi, "senza aver partecipato alle proteste, è stato colpito da alcuni terroristi a bordo di un veicolo, nella traversa" di una delle vie principali di Teheran. L'opposizione, tuttavia, non è d'accordo con questa versione dei fatti e accusa dell'omicidio le milizie fedeli al governo. La polizia - La polizia iraniana non darà prova di "alcuna pietà" di fronte a nuove manifestazioni dell'opposizione. Lo ha annunciato il capo delle forze dell'ordine della repubblica islamica, il generale Ismail Ahmadi Moghaddam. "Nelle manifestazioni precedenti, la polizia è stata clemente, ma dato che queste correnti cercano di destituire (il potere), non avrà alcuna pietà. Adotteremo misure severe", ha dichiarato il generale Moghaddam, ripreso dall'agenzia di stampa ufficiale Irna. "Il tempo della tolleranza è terminato. Tutti i partecipanti a queste manifestazioni saranno dispersi", ha minacciato. 30 dicembre 2009
2009-12-30 L'ira di Obama sull'intelligence Volo Delta, "fallimento totalmente inaccettabile" Quattro giorni dopo l'incidente di Natale a bordo del volo Delta-Northwest il presidente Barack Obama è tornato a parlare agli americani denunciando un "fallimento sistemico" dell'intelligence "totalmente inaccettabile". Obama ha contraddetto in modo plateale il suo ministro della sicurezza interna, Janet Napolitano, che, all'indomani del fallito attentato, aveva detto che "il sistema aveva funzionato". "Quando il nostro governo ha informazioni su un estremista, quando questa informazione non è condivisa come sarebbe stato doveroso e non vengono prese azioni di conseguenza - ha dichiarato il presidente parlando per il secondo giorno consecutivo dalla vacanza alle Hawaii - è un fallimento del sistema che considero inaccettabile". Obama ha attribuito questo fallimento a "un misto di responsabilità umane e errori del sistema". Le considerazioni del presidente sono il frutto preliminare delle due inchieste da lui ordinate domenica e che dovranno arrivare a una prima conclusione giovedì, il giorno dell'ultimo dell'anno. "Voglio che tutti si prendano le loro responsabilità", ha intimato Obama senza far nomi. Ma il presidente ha citato un episodio preciso nella catena di errori che ha permesso al giovane nigeriano Umar Farouk Abdulmuallab di salire a bordo indisturbato nonostante che a metà novembre suo padre, un potente banchiere, avesse allertato funzionari americani che il figlio era un pericoloso estremista. L'informazione, passata il 19 novembre all'ambasciata americana a Abuja e di lì al Centro Nazionale del Controterrorismo, rimase lettera morta perchè non condivisa con le autorità responsabili delle liste degli individui a cui è vietato imbarcarsi su voli di linea. La nuova dichiarazione di Obama arriva due giorni dopo l'improvvida frase della Napolitano. Il presidente, che ha reso omaggio alla professionalità delle agenzie di intelligence, dell'antiterrorismo e delle forze dell'ordine, non ha nominato la responsabile della sicurezza interna ma il tono delle sue parole non ha lasciato adito a dubbi che la Casa Bianca non è per nulla soddisfatta dalla performance del governo. E anche se ancora non ci sono segnali forti in questo senso, non è impossibile che la Napolitano possa seguire la sorte di Michael Brown, il capo della protezione civile sotto George W. Bush, a un tempo simbolo e capro espiatorio dell'inefficienza federale dopo l'uragano Katrina. 30 dicembre 2009
Teheran minaccia Londra e muove la piazza L'alto commissario dell'Onu per i diritti umani Navi Pillay si è detta "scioccata" dai "morti, i feriti e gli arresti" nel quadro della repressione contro l'opposizione in Iran. "Il governo ha il dovere di assicurare che la violenza non aumenti", ha aggiunto l'Alto commissario dell'Onu per i diritti umani, esprimendo poi preoccupazione per le notizie continue di arresti di giornalisti, attivisti politici, difensori dei diritti umani. La piazza - Il regime chiama in piazza la popolazione contro l'opposizione programmando raduni nelle maggiori città mentre è sempre molto alta la tensione dopo gli arresti di attivisti dell'area riformista oltre che della sorella del premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. A quanto riferisce oggi un sito riformista, ieri gli uffici di due ayatollah iraniani vicini all'opposizione sono stati attaccati e devastati da miliziani in borghese. Miliziani anche davanti agli uffici di altri cinque grandi ayatollah moderati di Qom, sollecitano dichiarazioni contro gli oppositori che hanno dato vita a manifestazioni domenica a Teheran e in diverse altre città del Paese. Sono oltre 500 le persone arrestate nel fine settimana nel corso delle manifestazioni di protesta dell'opposizione: di queste almeno 300 sono ancora in carcere, secondo quanto rende noto il capo della polizia iraniana, generale Esmail Ahmadi Moghadam. L'opposizione - Secondo l'opposizione centinaia di manifestanti sono stati arrestati anche in diverse città di provincia, in particolare a Ispahan, ma le autorità non hanno fornito informazioni in proposito. Il capo della polizia ha ugualmente indicato che "120 poliziotti sono stati feriti dai perturbatori e 60 sono ancora ricoverati in ospedale". Il generale ha lanciato un altro avvertimento affermando che le autorità non tollereranno più manifestazioni. "La fase della tolleranza è terminata. Agiremo con la massima fermezza nei confronti di chiunque parteciperà a manifestazioni e i processi nei loro confronti saranno accelerati". La reazione - Mentre continua il giro di vite del regime, il presidente Mahmud Ahmadinejad ha definito le manifestazioni del giorno dell'Ashura "una nauseante mascherata" orchestrata da "americani e sionisti". E ieri sera dalla televisione di stato un rappresentante della Guida Suprema ayatollah Ali Khamenei ha fatto partire la minaccia più dura, evocando la pena di morte per i leader dell'opposizione. "Coloro che stanno dietro all'attuale sedizione - ha detto l'ayatollah Abbas Vaez-Tabasi, che rappresenta Khamenei nella provincia di Khorosan (nord-est) - sono 'mohareb' (nemici di dio) e la nostra legge islamica (Sharia) è molto chiara su come vanno puniti". In sintesi: pena di morte. Il maggiore partito riformista, Mosharekat, aveva però dato una diversa versione, denunciando quelli che aveva definito gli "attacchi di forze militari contro gente indifesa" e aveva affermato che i responsabili governativi devono "chiedere perdono al popolo" e "tornare alla Costituzione" se vogliono "uscire dalla crisi in atto". Funerali del nipote di Mousavi - Si è tenuto intanto il funerale di Sayyed Ali Habibi Mousavi, nipote del leader dell'opposizione Mir-Hossein Mousavi, morto domenica scorsa durante le proteste in circostanze sospette. Lo ha riferito il sito web d'opposizione "Rah-e Sabz", secondo il quale il rito si è svolto sotto la supervisione delle autorità, che temevano un riesplodere delle proteste dei riformisti. Secondo quanto ha riferito ieri in un comunicato la polizia iraniana, Sayyed Ali Habibi Mousavi, "senza aver partecipato alle proteste, è stato colpito da alcuni terroristi a bordo di un veicolo, nella traversa" di una delle vie principali di Teheran. L'opposizione, tuttavia, non è d'accordo con questa versione dei fatti e accusa dell'omicidio le milizie fedeli al governo. 30 dicembre 2009
L'Iran brucia, scontri e arresti di Marina Mastrolucatutti gli articoli dell'autore Non sono più solo i siti web a parlare di carneficina. "Oltre 15 persone sono state uccise nei disordini" di domenica a Teheran, A dirlo è la tv di Stato iraniana, che corregge al rialzo - altre fonti parlano di 8 vittime - il bilancio degli scontri nella giornata dell’Ashura, la festa sciita che ha visto l’opposizione riprendersi la piazza e la repressione tornare a colpire. "Cinque persone uccise da gruppi terroristici", "più di 10 appartenenti a gruppi anti-rivoluzionari", questa l’aritmetica del ministero dell’intelligence. Sessanta i feriti, secondo il ministero della salute, mentre la polizia nega di aver aperto il fuoco, anzi lamenta il ferimento di numerosi agenti. I manifestanti, questa è l’insinuazione, sono vittime della loro stessa violenza. Terroristi, in ogni caso. Zittiti gli sms che avevano fatto da tam tam per le vie di Teheran, la reazione alla domenica di protesta ha puntato in alto. Gli apparati di sicurezza ieri mattina hanno fatto una vera e proria retata tra le file dell’opposizione. Tre stretti collaboratori dell’ex candidato alle presidenziali Mir Hossein Moussavi sono stati arrestati, insieme ad almeno altri sette esponenti di spicco riformisti. La polizia ha fatto irruzione nella fondazione Baran dell’ex presidente moderato Khatami, arrestando l’ex ministro Morteza Haji e Hasan Rasoli e sequestrando numerosi documenti. Fermato anche un difensore dei diritti civili, Emad Baghi. All’alba, è stato messo agli arresti domiciliari anche l’anziano Ebrahim Yadzi, vice-premier e ministro degli esteri del primo governo nato dopo la rivoluzione del ‘79: Yadzi 78 anni, è leader del Movimendo per la liberazione dell’Iran, ufficialmente messo al bando ma finora tollerato. Secondo un sito conservatore sarebbe stato arrestato anche l’imam Mousavi Tebrizi, figura di primo piano nella città santa di Qom, vicino a Moussavi. Arresti intimidatori. La polizia parla anche di 300 fermi tra i manifestanti scesi in piazza domenica, ma la stategia della repressione non punta solo sui grandi numeri: si sfiora la leadership dell’opposizione. Un avvertimento, come per molti a Teheran è stato l’assassinio di uno dei nipoti di Moussavi, Ali Habibi Moussavi, colpito alle spalle durante le proteste di domenica scorsa. Ieri mattina la polizia ha lanciato lacrimogeni contro la folla che si era radunata sotto all’ospedale Ebn e Sina, dove era stato portato il corpo del nipote del giovane. Le autorità vogliono scongiurare che intorno al corpo del giovane si scateni una nuova ondata di manifestazioni, come è accaduto per i funerali dell’ayatollah dissidente Montazeri, che hanno riacceso la fiamma della protesta: la morte di Ali Habibi Moussavi tra i seguaci del leader dell’opposizione è già considerata un martirio. Ieri è stato fatto sparire il cadavere del giovane. Fonti ufficiali sostengono che il corpo viene trattenuto per accertamenti ai fini dell’inchiesta - ufficialmente l’assassinio è stato commesso da persone sconosciute - ma un fratello della vittima ha denunciato che la salma è stata portata via dall’ospedale e che nessuna notizia ne è stata data alla famiglia. "Non possiamo tenere il funerale finché non sarà stato trovato il corpo di mio fratello", ha detto Seyed Reza Moussavi, secondo quanto riferisce il sito riformista Parlemanews. Decine di migliaia di persone in piazza e non solo a Teheran. È questa l’immagine della protesta che rimbalza sul web nel giorno dell’Ashura. Il sito dell’opposizione Jaras riferisce di manifestazioni a Tabriz, nel nord ovest del Paese, di scontri a Isfahan e Najafabad, al centro, e ancora a sud nella città di Shiraz. Nuovi scontri ci sarebbero stati anche ieri nel centro di Teheran, secondo quanto riferiscono contatti frammentari. La polizia ha sparato lacrimogeni, una molotov sarebbe esplosa contro un automezzo delle forze dell’ordine. Insulto all'Ashura I Guardiani della rivoluzione invocano una repressione ancor più severa per stroncare la protesta. "L’orribile insulto all’Ashura è inaccettabile. Chiediamo la ferma punizione di coloro che sono dietro a questo insulto". Di segno opposto il richiamo di un altro leader dell’opposizione, Karrubi, anche lui ex candidato alle presidenziali. "Cosa è successo a questo sistema religioso che ordina l’uccisione di persone innocenti nel sacro giorno dell’Ashura? - si è chiesto Karrubi, in un messaggio di condoglianze a Moussavi -. Perché i governanti non hanno rispettato questo giorno sacro?". 29 dicembre 2009
Il rito dell'Ashura L'Ashura è un rito osservato dai musulmani sciiti in tutto il mondo per commemorare il martirio di Hussein, il loro imam più venerato che secondo la tradizione fu ucciso e decapitato nel settimo secolo. Il punto culminante dell'Ashura, la festa più sacra per gli sciiti, cade il decimo giorno del mese di Moharram nel calendario lunare islamico. In questo giorno uomini e bambini in camicia nera sfilano in corteo al suono ossessivo dei tamburi e si autoflagellano con fruste o mazzi di catenelle, si feriscono la testa con affilati coltelli o anche soltanto si percuotono il petto in segno di lutto e di espiazione, per non aver mantenuto la promessa di aiutare Hussein, lasciandolo solo, con 72 compagni, a soccombere all'armata del califfo omayyade Yazid nella piana di Kerbala, nel 680. È al massacro di Kerbala (nell'attuale Iraq, 80 chilometri a sud di Baghdad) che si fa risalire la scissione fra sunniti e sciiti. Questi ultimi rivendicano il fatto che dovesse essere Hussein, figlio di Alì - genero di Maometto e primo imam degli sciiti - a succedere al profeta nella lotta per la leadership del neonato Islam e non Yazid. Gli sciiti sono poco più del 10% dei musulmani nel mondo, ma costituiscono la maggioranza della popolazione in Iran, Iraq e nel Bahrein e sono numerosi in Afghanistan, Libano e Pakistan. In Iran, il più grande Paese sciita, l'Ashura coincide quest'anno con il settimo giorno dopo la morte del grande ayatollah dissidente Hossein Ali Montazeri, ai cui funerali, svoltisi lunedì a Qom, hanno partecipato centinaia di migliaia di sostenitori dell'opposizione. Nella tradizione sciita, nel settimo giorno dopo il decesso si torna a commemorare il defunto, e ciò ha rappresentato una motivazione in più per il movimento di protesta per tornare oggi in piazza. In Iran è avvenuto in passato che l'Ashura sia stata prescelta per manifestazioni di vario tipo o per compiere attentati. Nel 1978, alla vigilia della rivoluzione islamica, una dimostrazione in nome di Hussein fu repressa nel sangue dalle truppe dello scià. In Iraq, nel 2004 - per la prima volta dopo la caduta del regime laico del sunnita Saddam Hussein, che proibiva tali manifestazioni - centinaia di migliaia di pellegrini marciarono anche per tre o quattro giorni, pregando e flagellandosi, per raggiungere il mausoleo di Hussein a Kerbala. Nel giorno dell'Ashura 171 fedeli sciiti morirono in attacchi coordinati contro moschee e luoghi di culto. 27 dicembre 2009
Gli Usa preparano raid in Yemen. Il gruppo di Al Qaeda scappò dal carcere Dopo le recenti offensive delle forze di sicurezza yemenite contro le basi di Al Qaida - con la ccoperazione dei servizi segreti statunitensi - San'a e Washington starebbero identificando nuovi bersagli da colpire come eventuale rappresaglia per il fallito attentato di Detroit: è quanto riporta la Cnn, citando fonti governative statunitensi. Ufficialmente gli Stati Uniti non hanno mai ammesso di aver compiuto delle operazioni militari o di intelligence nello Yemen, ma gli esperti sottolineano come la sicurezza yemenita non avrebbe mai potuto operare solo con i propri mezzi. Esisterebbe invece un accordo segreto che prevede la cooperazione fra i due Paesi in materia di antiterrorismo, e che consentirebbe agli Stati Uniti - previo consenso del governo yemenita - di lanciare missili da crociera o impiegare cacciabombardieri o aerei senza pilota contro bersagli nello Yemen; San'a non avrebbe invece acconsentito alle operazioni delle forze speciali eliportate americane sul terreno. Il gruppo di terroristi di al-Qaeda attivo nello Yemen avrebbe preso origine da un'evasione da un carcere di massima sicurezza avvenuta a febbraio 2006. Il Financial Times lo rileva, ricordando come, poco meno di quattro anni fa, un gruppo di 23 uomini è riuscito a fuggire da un carcere della capitale yemenita Sanàa. Del gruppo facevano parte diversi militanti di al-Qaeda, tra cui Nasir Wahayshi, ex stretto collaboratore di Osama bin Laden, formatosi in Afghanistan. Wahayshi, un trentenne di origine yemenita, è emerso come leader di al-Qaeda nella penisola arabica, gruppo che ha fatto dello Yemen il nuovo centro di addestramento di terroristi. Lo stesso Umar Farouk Abdulmutallab, il giovane di origine nigeriana autore del fallito attentato sul volo Amsterdam-Detroit, ha trascorso alcuni mesi in Yemen e, dopo l'arresto, avrebbe rivelato alle autorità Usa che molti altri uomini come lui vengono addestrati nel paese. L'organizzazione di al-Qaeda nella penisola arabica, inoltre, ha diffuso un comunicato su Internet in cui afferma di aver fornito ad Abdulmutallab un "ordigno avanzato", non esploso per un problema tecnico. Il gruppo è stato formalmente costituito lo scorso anno, mettendo insieme i militanti dell'Arabia Saudita e dello Yemen. Il suo numero due è Saeed al-Shehri, un saudita rilasciato dal centro di detenzione di Guantanamo. Secondo Gregory Johnsen, esperto di Yemen all'Univerità di Princeton, questa serebbe la seconda fase di al-Qaeda nella zona. La prima va dall'11 settembre 2001, data dell'attentato alle Torri Gemelle di New York, alla fine del 2003, quando il locale leader del gruppo, Abu Ali al-Harithi, fu ucciso in un raid Usa e il suo successore, Mohammed Hamdi, fu catturato. Allora le autorità locali considerarono debellato il gruppo terroristico dalla zona, fino all'evasione di Sanàa del 2006. "Questa nuova versione di al-Qaeda ha imparato molto dagli errori dei suoi predecessori", sostiene Johnsen, secondo il quale in questo momento al-Qaeda nella penisola arabica è "più forte che mai", nonostante non si possano calcolare con precisione le sue dimensioni. Secondo le autorità yemenite, il gruppo disporrebbe di almeno 200 o 300 uomini. Tra i suoi recenti attacchi si annoverano quello nei pressi dell'ambasciata Usa a Sanàa, che fece 16 vittime nel settembre del 2008, e quello nell'ufficio del principe saudita Mohammed bin Naif, viceministro degli Interni, dove ad agosto un militante appena rientrato dallo Yemen si fece esplodere, senza tuttavia riuscire a uccidere il principe. 30 dicembre 2009
Sul web il diario dell’attentatore "Sono Farouk solo e depresso" di Rachele Gonnellitutti gli articoli dell'autore Un ragazzo confuso, un po’ svogliato e soprattutto molto solo. Così appare Umar Farouk Abdulmutallab, il ventitreenne che ha tentato di innescare una bomba sul volo 253 per Detroit a Natale, nei messaggi sul forum islamico gawaher.com. Centinaia di post trovati dagli agenti dell’Fbi e risalenti agli anni della sua permanenza a Londra. LE CONFESSIONI SULLA CHAT Si firma con il nick name "farouk1986 ", con nome e anno di nascita. E dice di sentirsi "solo e depresso". "Non ho nessuno con cui parlare", "nessun amico che sia un vero musulmano ", "non so con chi consultarmi... non so che fare e penso che questa malinconia mi porterà problemi". Racconta le sue aspirazioni di andare alla Stanford University o a Berkeley, madi non aver passato l’esame di ammissione. Si confida nella chat come adundiario. "Nonvorrei aspettare anni per sposarmi", dice di essere "già pronto" secondo i consigli "del Profeta ",mache i suoi genitori, pur avendo la disponibilità economica per consentirglielo, si oppongono ad un matrimonio precoce. Quando vengono a trovarlo a Londra si vergogna di loro che "mangiano più carne del necessario e anche quella haram", proibita. "Forse dovrei non consumare il pasto con loromaho paura di creare problemi ". Farouk, il Farouk del forum che non si sa se corrisponde davvero a quello reale, ha 18 anni. A giugno del 2005 va in Yemen per la prima volta per seguireuncorso trimestrale di arabo. "È stato grandioso", scrive.Hatrovato molti nuovi amici. Cittadini britannici e americani con cui va a fare shopping e a mangiare "Pizza Hut". Alle autorità yemenite in effetti risulta che il giovane Farouk abbia trascorso due lunghi periodi a Sanaa, un anno intero tra il 2004 e il 2005 e poi da agosto a dicembre di quest’anno. E che abbia frequentato una scuola di lingua a Sanaa. E lì avrebbe potuto intessere contatti con due ex detenuti sauditi di Guantanamo liberati nel 2007 in Arabia saudita e che proprio inYemensarebbero diventati i capi locali di Al Qaeda. Si tratta di Said Ali al Shihiri eMuhamad Attik al Harbi, che insieme a Nasir Abdul-Karim al-Wuhayshi, ex segretario personale diOsamaBin Laden, sarebbero ora alla guida di "Al Qaeda nella Penisola arabica", ricercati dall’esercito yemenita. IL TERZO FRONTE Non solo dall’esercito yemenita. Anche dagli agenti dell’intelligence statunitense, Berretti verdi e incursori delle Operazioni speciali, sempre più presenti inYemena sentire ciò che ha detto alla Fox il senatore americano Joe Lieberman, presidente della Commissione Sicurezza Interna del Senato che si è recato a Sanaa lo scorso agosto. Per Lieberman "l’Iraq è la guerra di ieri, l’Afghanistan è quella di oggi e lo Yemen quella di domani". In tarda serata è tornato a parlare del fallito attentato il presidenteObama,ha usato parole dure e ammesso la falla che si e aperta nel sistema di sicurezza. C’è stato "un errore sistemico",ha detto, accompagnato da "responsabilità umane" anche per aver assunto informazioni su un sospetto terrorista e non averle "condivise". Quanto accaduto è "totalmente inaccettabile". 30 dicembre 2009
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il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilsole24ore.com2010-01-09 Tre morti nell'agguato, il Togo si ritira dalla Coppa d'Africa 9 gennaio 2009 (AP Photo/TPA via APTN) Adebayor: "L'Africa cambi se vuol essere rispettata" "Dai nostri archivi" Sangue sulla Coppa d'Africa: assaltato il bus del Togo Coppa D'Africa: tra campioni e talenti, un antipasto mondiale Adebayor: "L'Africa cambi se vuol essere rispettata"
Il Togo si ritira dalla Coppa d'Africa di calcio, competizione continentale che prenderà il via domani a Luanda con l'incontro Angola-Mali. Lo ha riportato per primo il sito della Bbc, seguito da quello del club inglese del Manchester City, dove milita il capitano del Togo Emmanuel Adebayor. Ieri la nazionale togolese è stata vittima di un aggressione armata nell'enclave angolana di Cabinda. Lunedì avrebbe avuto luogo il match d'esordio contro il Ghana. Nell'agguato dei ribelli indipendentisti del Flec, il Fronte di liberazione della regione, si sono contati tre morti (l'autista, l'allenatore in seconda e l'addetto stampa) e altre nove persone (tra cui due giocatori, alcuni preparatori atletici e un manager) sono state ferite. Il Togo era inserito nel girone B nel torneo insieme alla Costa d'Avorio del bomber del Chelsea Didier Drogba, al Burkina Faso e al Ghana degli "italiani" Appiah (Bologna), Asamoah (Udinese) e Muntari (Inter). Tre morti accertati, si diceva, nella incredibile inferno di pallottole scatenato contro una squadra di calcio inerme: l'autista, il vice allenatore Abalo Amelete e l'addetto stampa Stanislas Ocloo. Lo hanno precisato, dopo notizie contrastanti, fonti della nazionale di Togo e della Can (Confederation Africaine de Football), l'organo che governa il calcio africano. "Siamo sconvolti, nessun giocatore si sente pronto a prendere parte" alla competizione, ha dichiarato il portiere della nazionale togolese Kossi Agassa , che milita nel Reims in Francia, "tutti vogliono tornare dalle loro famiglie". Il governo angolano, che ospita la Coppa, ha promesso di fare tutto il possibile "per garantire la sicurezza" della manifestazione. E gli organizzatori hanno assicurato che la competizione si svolgerà: "La nostra priorità è la sicurezza dei giocatori (anche se non si direbbe, visto quanto è accaduto, ndr), ma il torneo andrà avanti", ha detto il portavoce della Federazione del Calcio africano. Tuttavia proprio i giocatori del Togo stanno cercando di convincere anche le altre nazionali a boicottare la competizione. "Ne stiamo parlando", ha spiegato il centrocampista dei togolesi Alaixis Romao. Le replica degli organizzatori è nota: il comitato angolano (Cocan) ha ribaltato le accuse e denunciato che la nazionale togolese non aveva avvertito che sarebbe arrivata in pullman e non in aereo, come era stato raccomandato. "Il Togo è stata l'unica nazionale a non rispondere alle nostre raccomandazioni e a non informare il Cocan del suo arrivo in pullman", ha dichiarato il dirigente Virgilio Santos, "le regole sono chiare, nessuno doveva viaggiare in pullman, non so cosa li abbia spinto a farlo ma in città tutto questo non sarebbe mai successo". Intanto la Fifa - la federazione internazionale guidata da Joseph Blatter - non intende per ora fare alcun commento diretto sulle eventuali ripercussioni sulla Coppa del mondo in Sudafrica dopo l'attacco subito ieri la nazionale del Togo in Congo, in preparazione della coppa d'Africa che si svolgerà in Angola. E ha chiesto alla Confederazione africana un rapporto completo e dettagliato su quanto avvenuto. (a cura di Alberto Annicchiarico) 9 gennaio 2009
2010-01-07 Obama: "Il sistema ha fallito, mia la responsabilità finale" 7 gennaio 2010 "Dai nostri archivi" Obama ai capi dell'intelligence: "Sicurezza, errori inaccettabili" Obama: "Al-Qaeda in Yemen dietro l'attentatoal volo di Natale Amsterdam-Detroit" Terrorismo: fallito attentato negli Usa su volo per Detroit SCENARI / La nemesi di Bretton Woods Negli aeroporti olandesi attivati i body scanner per i voli verso gli Usa Il presidente americano Barack Obama, presentando alla Casa Bianca il rapporto sulla strage sfiorata il giorno di Natale, ha detto che il suo governo "ha fallito nel prevenire il tentativo di attentato" e ha ordinato una serie di nuove misure di sicurezza per il traffico aereo e gli aeroporti. Obama, come aveva già indicato in precedenza, ha ammesso che i servizi segreti americani avevano tutti gli elementi a disposizione per capire il pericolo, ma "non hanno agito in maniera efficace" per impedire a un sospetto terrorista di salire a bordo di un volo diretto in Usa, armato di esplosivi. E per la prima volta ha usato la parola "guerra". "È bene ricordare a tutti che siamo in guerra. Siamo in guerra contro Al Qaida", ha detto commentando in questi termini le conclusioni a cui è giunta l'inchiesta da lui voluta sul fallito attentato al volo di Natale 253 della Delta-Northwest Amsterdam-Detroit. Quanto successo, ha sottolineato il presidente Usa "non è stato un fallimento di un solo individuo o una sola agenzia ma di tutto il sistema". Ma ha aggiunto: "la responsabilità finale è sempre del presidente". In ogni caso Barack Obama non è interessato in questo momento ad attribuire responsabilità interne nell'attentato di Natale ma a "correggere gli errori mostrati dal sistema". E ha annunciato lo stanziamento di 1 miliardo di dollari per nuovi sistemi di sicurezza e l'immediato rafforzamento del sistema delle liste dei sospetti terroristi. Il presidente Usa ha detto che in futuro l'intelligence dovrà assegnare specifiche responsabilità per indagare su tutte le possibili minacce intercettate. E ha invitato i partner internazionali a rafforzare le loro misure di sicurezza e i loro controlli nei rispettivi aeroporti. Ma la strage fallita, ha sottolineato "non farà precipitare l'America in una mentalità da paese assediato". "È proprio quello che vogliono i terroristi", ha aggiunto. Saranno dunque utilizzate in maniera più ampia le moderne tecnologie di body scanner agli aeroporti ed è prvisto un rafforzamento della cooperazione internazionale sulle modalità di controllo dei passeggeri imbarcati sui voli. Il rapporto ricevuto dall'inquilino della Casa Bianca è stato definito "scioccante" dal consigliere per la sicurezza nazionale generale James Jones, che analizza gli errori commessi dall'intelligence Usa in occasione del tentativo di uno studente nigeriano imbarcatosi su un volo Usa diretto a Detroit con una carica esplosiva. Il presidente Obama, accusato dai repubblicani di avere reagito con scarsa prontezza (era in vacanza alle Hawaii) alla minaccia, intende dunque far scattare le misure correttive "immediatamente". Il presidente ha rinviato per due volte il discorso sulla sicurezza, fissato prima per le 13.00 di Washington, quindi per le 15.00 e successivamente per le 16.30. La Casa Bianca non ha dato spiegazioni per i molteplici rinvii. Nel frattempo funzionari Usa hanno rivelato che i legami pericolosi dello studente nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab, imbarcatosi sul volo Delta 253 con una carica esplosiva, erano stati scoperti mentre l'aereo era ancora in volo verso il Michigan e gli addetti alla sicurezza avevano deciso di interrogare il passeggero sospetto non appena giunto a Detroit. Ma il nigeriano aveva tentato di innescare l'esplosivo poco prima dell'atterraggio mettendo a nudo un complotto che poteva concludersi con la morte delle quasi 300 persone a bordo del volo Delta. Nel caso dello studente nigeriano il suo nome era finito in una lista di sospetti (che contiene quasi mezzo milione di nomi) dopo che il padre aveva manifestato alla ambasciata Usa in Nigeria la sua preoccupazione per i contatti del figlio con gruppi estremisti nello Yemen. Il nigeriano non era però stato inserito nella lista di 'non volo' con i nomi delle persone giudicate dagli Usa troppo pericolose per essere imbarcati sui voli destinati a raggiungere gli Stati Uniti. Nel frattempo funzionari yemeniti hanno rivelato che lo studente era stato reclutato da Al Qaida mentre si trovava a Londra. Successivamente aveva incontrato nello Yemen un religioso musulmano, Anwar al-Awlaki, lo stesso che era stato in contatto con l'autore della strage nella base militare di Fort Hood, in Texas, costata la vita a tredici persone. 7 gennaio 2010
2010-01-06 Yemen, preso capo di Al Qaeda. Riaperte le principali ambasciate commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 6 gennaio 2010 Obama ai capi dell'intelligence: "Errori inaccettabili" Sarkozy ordina studio sui body scanner in Francia "Dai nostri archivi" "Pronti attentati in Yemen" Chiuse le ambasciate Usa e Gb In Yemen è caccia ad al-Qaeda. Chiusa anche l'ambasciata francese Riaperta l'ambasciata Usa nello Yemen Yemen, autobomba contro turisti spagnoli: nove morti.Le autorità accusano al Qaeda Almeno 16 morti nell'attacco all'ambasciata Usa in Yemen
Le forze yemenite hanno arrestato oggi in un ospedale un presunto capo locale dell'organizzazione terroristica al Qaeda, Mohammad Ahmed al-Hanak: lo ha annunciato una fonte della sicurezza di Sanaa. Secondo la stessa fonte l'uomo sarebbe tra i tre militanti di al Qaeda feriti lunedì in un raid - che aveva causato la morte di altri due appartenenti alla rete terroristica - che erano riusciti a fuggire e che si sospetta fossero gli organizzatori delle minacce che avevano costretto alcune ambasciate occidentali a chiudere. Intanto sono tre in tutto i sospetti militanti di al Qaeda, rimasti precedentemente feriti in combattimenti con le forze di sicurezza, arrestati in Yemen. Lo ha chiarito il ministero degli Interni di Sana'a in un comunicato. I tre sono stati catturati in un ospedale della provincia di Amran, a nordovest della capitale. I militanti arrestati erano rimasti feriti due giorni fa, in uno scontro tra l'esercito e un gruppo di guerriglieri in viaggio nella regione di Arhab, a nordest di Sana'a; due dei loro compagni erano stati uccisi. Washington ha elogiato le iniziative delle autorità yemenite, che da domenica hanno ucciso o arrestato sospetti membri della rete terroristica. Dopo gli scontri, gli Stati Uniti avevano riaperto la loro ambasciata a Sana'a a due giorni dalla chiusura, spiegando che l'operazione era rivolta per prevenire la minaccia di un attacco. Anche Francia e Gran Bretagna hanno annunciato oggi la riapertura delle loro ambasciate a Sana'a, dopo la chiusura resa necessaria dall'allerta attentati. Lo hanno indicato responsabili delle rispettive rappresentanze diplomatiche in Yemen. L'ambasciata francese è rimasta chiusa due giorni, quella britannica tre; quest'ultima non ha però ripreso i suoi servizi consolari. 6 gennaio 2010
Obama ai capi dell'intelligence: "Sicurezza, errori inaccettabili" di Marco Valsania commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 6 gennaio 2010 Barack Obama (Afp) "Dai nostri archivi" Obama: "Al-Qaeda in Yemen dietro l'attentatoal volo di Natale Amsterdam-Detroit" Lista nera di 14 paesi per gli aeroporti Usa "Pronti attentati in Yemen" Chiuse le ambasciate Usa e Gb Yemen, preso capo di Al Qaeda. Riaperte le principali ambasciate Dopo l'attentato fallito all'aereo Usa / Confessa il terrorista: volevo far esplodere tutto per Natale "Il sistema di sicurezza ha fallito in maniera disastrosa. Le autorità americane avevano elementi sufficienti per prevenire l'attacco e gli errori nell'intelligence, l'incapacità di collegare e capire le informazioni, sono stati inaccettabili". Come conseguenza gli Usa copiranno "Al Qaeda ovunque". Queste le parole di Barack Obama, ieri sera, dopo il vertice-fiume alla Casa Bianca con i responsabili di ministeri e servizi segreti. Parole pesanti, che hanno tradito la rabbia per un attentato, quello al volo di Natale della Northwest tra Amsterdam e Detroit, evitato solo per miracolo. All'incontro erano presenti tutti: dal segretario di Stato Hillary Clinton a quelli della Difesa Robert Gates, della Homeland Security Janet Napolitano, della Giustizia Eric Holder. Ancora: dal consigliere per la sicurezza nazionale James Jones ai direttori della Cia Leon Panetta e dell'Fbi Robert Mueller. Una ventina di ministri e alti funzionari nella bufera chiamati a rapporto per far luce sull'accaduto. E Obama, alla rabbia, ha affiancato i cambiamenti: "liste nere" più accurate e nuove misure di sicurezza nei cieli. "Stiamo rafforzando le procedure di controllo per i voli, con le migliori tecnologie, e rivedendo gli elenchi dei potenziali terroristi". Ulteriori dettagli, ha promesso, arriveranno a giorni. La Casa Bianca ha anche sospeso ogni trasferimento in patria dei detenuti yemeniti di Guantanamo. La chiusura di "Gitmo" è stata comunque confermata. Obama, pur citando "urgenza" nelle riforme, ha però evitato rimpasti di governo. Restano al loro posto, per adesso, la Napolitano e Dennis Blair, direttore nazionale dell'intelligence, l'ufficio che coordina le sedici agenzie dei servizi segreti americani. Restano nonostante i passi falsi che hanno permesso al 23enne nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab, armato di esplosivo, di imbarcarsi sul volo Northwest: gli agenti statunitensi sapevano della sua conversione all'estremismo e dei piani di al-Qaeda in Yemen di orchestrare un attentato con un militante nigeriano. Durante il summit Mueller ha avuto l'ingrato compito di ricostruire i movimenti di Abdulmuttalab. Un cammino lungo: le autorità olandesi hanno concluso che non ha avuto complici in aeroporto. Ma tracce di preparativi per un attentato erano state intercettate dalla National security agency, fin dall'estate scorsa e ritenute generiche. Lo stesso padre di Abdulmutallab aveva in seguito denunciato alla Cia in Nigeria la radicalizzazione del figlio, informazione a sua volta seppellita. Il ruolo centrale, dietro le quinte, è stato tuttavia svolto da John Brennan: lo zar anti-terrorismo di Obama continuerà a tirare le fila del riordino della sicurezza. L'influenza di Brennan è in ascesa: fin dagli albori della presidenza gode della fiducia di Obama. Tanto che sarebbe stato scelto per guidare della Cia, se non avesse scatenato le ire delle correnti liberal per il suo passato di funzionario dell'agenzia negli anni delle torture. E il vertice di ieri è stato preceduto da un incontro, lunedì, tra Obama e una ristretta squadra composta proprio da Brennan, Jones e il suo vice Tom Donilon. Un incontro che ha sancito l'avvio delle riforme: il trasferimento di decine di nomi di sospetti da un elenco di oltre mezzo milione di persone (Terrorist identities datamart environment list) a più ristrette liste soggette ad accurate verifiche (Secondary security screening selection list) o a divieti d'ingresso negli Stati Uniti (No-fly list). Due giorni or sono gli Stati Uniti hanno inoltre prescritto speciali controlli per cittadini o passeggeri da 14 paesi a rischio, inclusi Yemen e Nigeria. In Yemen ha riaperto l'ambasciata Usa, in seguito al successo di offensive contro al-Qaeda condotte dai militari del paese. Negli Stati Uniti, dopo la paralisi domenicale dell'aeroporto di Newark quando un uomo è riuscito a evitare i controlli di sicurezza, l'allarme è scattato in California: a Bakersfield i voli sono stati sospesi per una sostanza pericolosa trovata in un bagaglio. La Transportation security authority ha tuttavia indicato che non si trattava di una bomba e che l'incidente non sembra di natura terroristica. 6 gennaio 2010
Sarkozy ordina studio sui body scanner in Francia commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 6 gennaio 2010 "Dai nostri archivi" I body scanner anche a Malpensa e Fiumicino Londra si prepara a installarei body scanner negli aeroporti Negli aeroporti olandesi attivati i body scanner per i voli verso gli Usa Maroni: "Un atto di terrorismo mafioso" Lista nera di 14 paesi per gli aeroporti Usa Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha disposto che venga studiato il possibile utilizzo dei "full body scanner" negli aeroporti del paese, a seguito dei recenti allarmi sulla sicurezza dei voli. Lo ha annunciato il ministro degli Interni di Parigi, Brice Hortefeux, spiegando che un gruppo di lavoro redigerà uno studio e invierà i suoi suggerimenti entro un mese. La Francia ha rafforzato la sicurezza negli aeroporti con iniziative come la perquisizione di tutti i passeggeri diretti negli Stati Uniti, ma il presidente, durante un incontro sulla sicurezza aeroportuale, ha ordinato ieri lo studio sui sistemi in grado di vedere oltre gli indumenti. L'Eliseo ha manifestato così sintonia con le posizioni di Roberto Maroni e Franco Frattini, ministro degli Interni e degli Esteri italiani, che hanno espresso parere favorevole all'introduzione di questi accorgimenti negli scali italiani (almeno a Fiumicino e Malpensa da dove parte la maggioranza dei voli internazionali), sottolineando che al diritto alla privacy è necessario anteporre quello alla sicurezza. Proprio ragioni di riservatezza portarono invece i parlamentari francesi ad accantonare l'idea di introdurre i full body scanner negli aeroporti in una prima discussione sulla questione, promossa nel 2008. Intanto, oltreatlantico, il Canada si doterà di 44 scanner corporali per aumentare il livello di sicurezza nei suoi aeroporti, come annunciato dal ministro canadese dei Trasporti, Rob Merrifield. "Non siamo immuni contro i terroristi (...) e dobbiamo restare in allerta per essere all'avanguardia nell'uso di nuove tecnologie in materia di sicurezza", ha spiegato Merrifield. 6 gennaio 2010
2010-01-04
2010-01-02 Obama: "Al-Qaeda in Yemen dietro l'attentatoal volo di Natale Amsterdam-Detroit" commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 2 gennaio 2010 Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama (Afp) Danimarca, voleva uccidere vignettista Maometto: arrestato somalo Alitalia, per i voli negli Usa 3 ore prima in aeroporto Brown convoca un vertice sullo Yemen Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha accusato esplicitamente, per la prima volta, la cellula yemenita di al-Qaeda come principale responsabiledell'addestramento e del rifornimento di esplosivo al giovane nigeriano che nel giorno di Natale ha provato a farsi esplodere sul volo Delta in servizio da Amsterdam a Detroit. Tutte le persone coinvolte nel fallito attentato "saranno tenute a risponderne", ha detto il presidente nel suo discorso settimanale. "Ho fatto del rafforzamento della nostra partnership con il governo dello Yemen una priorità: addestramento e equipaggiamento delle loro forze di sicurezza, condivisione delle informazioni e lavoro con loro per colpire i terroristi di Al-Qaeda" ha detto Obama nel testo pubblicato sul sito dalla Casa Bianca. In apertura del suo discorso il presidente aveva affrontato la questione delle "responsabilità di cui rendere conto" anche sul fronte della sicurezza interna e delle agenzie di essa responsabili. "Farò ogni cosa in mio potere - ha detto - per garantire che i nostri laboriosi uomini e donne dei servizi di informazione, delle forze di polizia e delle strutture di sicurezza interna abbiano gli strumenti e le risorse delle quali hanno bisogno per mantenere l'America sicura. Questo include garantire che queste strutture (e le persone che vi lavorano) si coordinino efficacemente e che ognuna sia tenuta a rispondere a ogni livello". Obama, ha chiamato a rapporto a Washington per martedì 5 gennaio i responsabili di tutte le principali agenzie di sicurezza degli Stati Uniti, per fare il punto sulle procedure e sulle misure in vigore alla luce degli errori "umani e sistemici" messi in evidenza dal fallito attentato del volo di Natale Amsterdam-Detroit. Obama ha anche precisato anche di avere avuto colloqui separati sia con il ministro della Sicurezza interna, Janet Napolitano, sia con il suo assistente per la Sicurezza e l'Antiterrorismo, John Brennan. Due le teste di primo piano che rischiano di saltare nei prossimi giorni o nelle prossime settimane: la prima proprio quella della Napolitano (che il presidente stesso ha dovuto seccamente smentire quando aveva sostenuto che le misure di sicurezza avevano funzionato), la seconda quella del direttore nazionale per l'Intelligence (Dni), Dennis Blair, che viene considerato il responsabile del mancato coordinamento tra le diverse agenzie, come Cia e Nsa (che dipende dal Pentagono). La figura del Dni è stata creata appositamente dopo l'11 Settembre per evitare il ripetersi di attacchi come quello contro le Torri Gemelle e il Pentagono. Secondo la stampa Usa, tra i risultati preliminari dell'inchiesta ordinata da Obama, spiccano alcuni punti dolenti: le agenzie di intelligence americane continuano a non scambiarsi le informazioni sul terrorismo, le liste nere non sono aggiornate, i controlli agli aeroporti sono obsoleti e occorrono quindi nuovi scanner in grado di rivelare la presenza di esplosivo. Uno dei grandi interrogativi, sui quali il Congresso non mancherà di insistere nelle prossime settimane, è dove sono finiti i circa 40 miliardi di dollari stanziati in questi anni per migliorare le misure di sicurezza antiterrorismo, in particolare negli aeroporti. Che le agenzie di intelligence avessero informazioni sull'attentatore nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab ma non siano state in grado di bloccarlo a causa del mancato coordinamento, ha mandato infine su tutte le furie Tom Kean, uno dei presidenti della commissione d'inchiesta parlamentare sull'11 Settembre. 2 gennaio 2010
2010-01-01 Obama chiama a rapporto i vertici della sicurezza Usa commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 1 gennaio 2010 Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama (Afp) Alitalia, per i voli negli Usa 3 ore prima in aeroporto Brown convoca un vertice sullo Yemen Nord Corea: basta relazioni ostili con gli Usa
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha chiamato a rapporto a Washington per martedì prossimo i responsabili di tutte le principali agenzie di sicurezza degli Stati Uniti, per fare il punto sulle procedure e sulle misure in vigore alla luce degli errori "umani e sistemici" messi in evidenza dal fallito attentato del volo di Natale Amsterdam-Detroit. Lo ha reso noto lui stesso in una dichiarazione diffusa dalla Casa Bianca. Obama ha precisato che nel vertice di martedì prossimo si aspetta di ricevere dalle diverse agenzie di intelligence "indicazioni precise circa il sistema di vigilanza posto in essere per quanto riguarda la sicurezza interna e il sistema antiterrorismo". Obama ha precisato anche di aver avuto colloqui separati sia con il ministro della Sicurezza interna, Janet Naplitano, sia con il suo assistente per la Sicurezza e l'Antiterrorismo, John Brennan. Due le teste di primo piano che rischiano di saltare nei prossimi giorni o nelle prossime settimane: la prima proprio quella della Napolitano (che il presidente stesso ha dovuto seccamente smentire quando aveva sostenuto che le misure di sicurezza avevano funzionato), la seconda quella del direttore nazionale per l'Intelligence (Dni), Dennis Blair, che viene considerato il responsabile del mancato coordinamento tra le diverse agenzie, come Cia e Nsa (che dipende dal Pentagono). La figura del Dni è stata creata appositamente dopo l'11 Settembre per evitare il ripetersi di attacchi come quello contro le Torri Gemelle e il Pentagono. Secondo la stampa Usa, tra i risultati preliminari dell'inchiesta ordinata da Obama, spiccano alcuni punti dolenti: le agenzie di intelligence americane continuano a non scambiarsi le informazioni sul terrorismo, le liste nere non sono aggiornate, i controlli agli aeroporti sono obsoleti e occorrono quindi nuovi scanner in grado di rivelare la presenza di esplosivo. Uno dei grandi interrogativi, sui quali il Congresso non mancherà di insistere nelle prossime settimane, è dove sono finiti i circa 40 miliardi di dollari stanziati in questi anni per migliorare le misure di sicurezza antiterrorismo, in particolare negli aeroporti. Che le agenzie di intelligence avessero informazioni sull'attentatore nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab ma non siano state in grado di bloccarlo a causa del mancato coordinamento, ha mandato infine su tutte le furie Tom Kean, uno dei presidenti della commissione d'inchiesta parlamentare sull'11 Settembre. 1 gennaio 2010
Alitalia, per i voli negli Usa 3 ore prima in aeroporto commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 1 gennaio 2009 "Dai nostri archivi" Qui Fiumicino, ritardi nei collegamenti con gli scali milanesi Qui Malpensa, tra ritardi e gelo l'amarezza dei passeggeri Alitalia, sulla Roma-Milano concorrenti favoriti dalla crisi Fantozzi: disagi fino al 1° dicembre Malpensa, un milione di passeggeri in meno Alitalia raccomanda ai passeggeri in partenza per gli USA, di presentarsi ai banchi di accettazione almeno 3 ore prima l'orario previsto del volo. L'avviso della compagnia di bandiera è motivato dalle misure aggiuntive di sicurezza applicate per i voli in partenza per gli Stati Uniti. Alitalia raccomanda inoltre di presentarsi per tempo alle uscite di imbarco e di ridurre al minimo indispensabile il bagaglio a mano. Al momento del check-in verrà offerta a tutti i passeggeri la possibilità di imbarcare in stiva il bagaglio a mano senza alcun costo anche nel caso in cui tale bagaglio dovesse eccedere la franchigia consentita. 1 gennaio 2009
Brown convoca un vertice sullo Yemen commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 1 gennaio 2010 "Dai nostri archivi" Londra convoca ambasciatore cinese dopo esecuzione cittadino britannico Obama chiama a rapporto i vertici della sicurezza Usa Afghanistan, Brown lancia conferenza internazionale per definire le date del ritiro Brown: 50 giorni per salvare il pianeta G-20, aspettative già deluse: Brown"non esclude" un altro vertice entro l'anno Il premier britannico Gordon Brown ha convocato il 28 gennaio a Londra un summit con alcuni alleati chiave per definire un fronte di lotta comune contro l'estremismo crescente nello Yemen in contemporanea con la conferenza internazionale sull'Afghanistan, in programma lo stesso giorno nella capitale britannica. La riunione è stato indetta a seguito del fallito attacco di Natale sul volo 253 diretto negli Stati Uniti che ha fatto maturare in Brown l'idea di studiare meglio i recenti attacchi terroristici e fare tutto ciò che è possibile per mantenere la sicurezza nel mondo. Il primo ministro ha anche annunciato che il Regno Unito, insieme agli Usa, ha allo studio misure per migliorare la sicurezza negli scali aerei tra cui lo scanner totale a raggi x. Intanto gli integralisti islamici somali del gruppo al Shabaab hanno dichiarato a Mogadiscio l'intenzione di andare militarmente in aiuto dei gruppi di al Qaida operanti in Yemen, soprattutto in caso di intervento Usa. "Siamo pronti ad attraversare il mare ed a soccorrerli per combattere i nemici di Allah", ha dichiarato oggi a Mogadiscio Sheikh Muktar Rabow Abu Mansur, uno dei loro leader, lanciando un appello analogo a tutti gli arabi perchè si uniscano alla guerra santa. Lo riferiscono numerosi siti somali. Shabaab, che vuol dire gioventù in arabo, è il braccio armato somalo di al Qaida; controlla buona parte della Somalia, e quasi tutta la capitale. In Yemen opera un agguerrito gruppo di terroristi di al Qaida, contro i quali sta combattendo l'esercito regolare, che chiede però aiuti internazionali per sconfiggerli. E proprio in Yemen Umar Faruk Abtumutallab, che ha tentato di far esplodere il volo Amsterdan-Detroit lo scorso 25 dicembre, ha detto di essere stato addestrato. Fonti stampa Usa hanno scritto che la Casa Bianca sta studiando la possibilità di un intervento diretto militare contro al Qaida in Yemen, e comunque avrebbe già compiuto incursioni aeree in zona, lanciando missili contro sospette basi. (En. Br.) 1 gennaio 2010
Nord Corea: basta relazioni ostili con gli Usa commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 1 gennaio 2010 Capodanno a Pyongyang (EPA/KCNA) "Dai nostri archivi" Nord Corea: missile in rampa di lancio, monito di Hillary Clinton In Nord Corea "graziate" le due giornaliste Usa Nord Corea lancia missili sperimentali nel Mar del Giappone Nord Corea, lanciati due missili a corto raggio Vertice Apec: sintoniasui commerci, menoper la Corea del Nord In un messaggio di Capodanno la Corea del Nord ha definito "fondamentale" porre "fine all'ostile relazione" con gli Usa e ha espresso la volontà di rendere denuclearizzata" la penisola coreana. "Il compito fondamentale per assicurare pace e stabilità nella penisola coreana e nel resto dell'Asia è quello di porre fine all'ostile relazione tra la Rdpc e gli Usa", ha riferito la Kcna, l'agenzia ufficiale della Repubblica Democratica Popolare di Corea nordcoreana (Rdpc). "La coerente posizione della Rdpc - si afferma ancora nella dichiarazione - è quella di creare un duraturo sistema di pace nella penisola coreana e di renderla denuclearizzata attraverso il dialogo e i negoziati". Già una ventina di giorni fa la Corea del Nord aveva espresso apprezzamento per colloqui avuti con Stephen Bosworth, l'inviato speciale Usa, che avevano portato alla "riduzione delle differenze tra i due Paesi" e a condividere la visione "sulla necessità di riprendere" i colloqui sul disarmo nucleare. Tiepida la reazione di Washington, che auspica un ritorno della Corea del Nord al negoziato sul programma nucleare. A Washington, un responsabile del dipartimento di Stato ha precisato che la Corea del Nord dovrebbe dare prova della sua buona fede tornando ai negoziati a sei (Cina, Corea del Sud, Corea del Nord, Giappone, Stati Uniti e Russia) sul suo programma nucleare. "Gli atti hanno più peso delle parole", ha commentato questo responsabile. "Un passo avanti sarebbe quello di tornare ai negoziati a sei", ha aggiunto. Pyongyang ha chiuso le porte al dialogo, nello scorso mese di aprile, procedendo a un test su un nuovo missile. L'esperimento è stato condannato fermamente dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu. (En. Br.) 1 gennaio 2010
Pakistan, autobomba in campo da volley: oltre 70 morti e 80 feriti commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 1 gennaio 2010 Attentato in Afghanistan: uccisi otto agenti della Cia Sono vivi i due reporter francesi rapiti dai Talebani Iraq attacca gli Usa per il no al processo Blackwater "Dai nostri archivi" Carneficina in Iraq: 70 morti Autobomba a Kerbala per i 70 anni di Saddam: oltre 60 morti Ennesima autobomba a Baghdad: 70 vittime al mercato. Condannato a morte l'ex vice presidente Ramadan Strage in Pakistan.Kamikaze contro la Bhutto: 139 morti Pakistan, Peshawar: strage al mercato con cento morti È salito a 70 morti e oltre 80 feriti il bilancio dell'attentato suicida compiuto oggi con un autobomba in un centro sportivo di Shah Hassankhel, nel distretto di Lakki Marwat, nel Pakistan nord-occidentale (al confine della roccaforte talebana del Sud Waziristan), mentre era in corso una partita di pallavolo. Lo ha reso noto la polizia locale. "Il bilancio potrebbe aumentare. Stiamo portando via la gente sepolta sotto le macerie di tetti crollati nelle vicinanza dell'impianto sportivo", ha detto alla Reuters per telefono il capo della polizia, Ayub Khan. Oltre venti edifici in prossimità del campo da volley sono stati distrutti dall'esplosione. "Era una partita tra le squadre di due villaggi e erano presenti circa 200 spettatori" ha dichiarato un poliziotto all'agenzia Afp. Un altre poliziotto ha detto di aver visto un uomo alla guida di un pick-up con delle valigie, contenenti presumibilmente l'esplosivo, portarsi nei pressi del campo sportivo dove era assiepato il pubblico venuto a seguire il match di pallavolo. 1 gennaio 2010
Attentato in Afghanistan: uccisi otto agenti della Cia commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 31 DICEMBRE 2009 "Dai nostri archivi" Attentato suicida in Afghanistan: 8 civili Usa uccisi Sono vivi i due reporter francesi rapiti dai Talebani Bomba contro la polizia a Khost. In video gli ostaggi francesi in mano ai talebani Cento talebani uccisi sabato, ma Obama ripensa la strategia Rapporto Rsf: nel 2009 uccisi 76 giornalisti nel mondo Sempre ieri un numero imprecisato di civili sarebbe rimasti uccisi durante un attacco aereo della Nato nella provincia di Helmand
Sarebbe un militare del nuovo esercito di Kabul (Ana) l'attentatore suicida che si è fatto esplodere ieri all'interno della base "Chapman" nella provincia afghana di Khost, al confine con il Pakistan. Nell'attacco hanno perso la vita otto americani che, secondo quanto riferito dal "Washington Post", erano agenti della Cia. Sempre ieri un numero imprecisato di civili sono rimasti uccisi in un attacco aereo delle forze Nato nella provincia di Helmand, nel sud dell'Afghanistan. Lo ha reso noto oggi un portavoce del governatore della provincia. Per quanto riguarda l'attentatore suicida, il portavoce dei talebani Zabiullah Mujahid ha riferito che l'attentato è stato compiuto da un militare dell'esercito locale, per conto dei talebani. Il generale Mohammad Zahir Azimi, portavoce dell'Ana, ha detto che nessun soldato afgano si trovava alla base al momento dell'attentato. Una fonte locale ha però precisato che circa 200 afgani collaborano con gli americani nella difesa della stessa base. Nella giornata di ieri, inoltre, è giunta la notizia dell'uccisione di quattro soldati canadesi e della giornalista Michelle Lang, del "Calgary Herald", in un'esplosione avvenuta martedì a Kandahar. I soldati erano in attività di pattugliamento, con la reporter al seguito, quando l'esplosione di un ordigno posto sul ciglio di una strada ha investito in pieno il loro veicolo. Quanto alle vittime civili dell'attacco Nato, un portavoce del governatore della provincia ha spiegato: "Una pattuglia di truppe straniere è caduta in un'imboscata tesa dai talebani alle 3 del pomeriggio. Dopo l'agguato, aerei hanno bombardato la zona, causando vittime civili", ha detto il portavoce, Dawud Ahmadi, senza fornire particolari. Un'inchiesta è stata aperta per accertare il numero dei civili morti nell'attacco, compiuto nei dintorni della capitale provinciale, Lashkar Gah. La provincia di Helmand è una roccaforte dei talebani. Un addetto stampa dell'Isaf, la forza a guida Nato in Afghanistan, non ha voluto commentare l'incidente. 31 DICEMBRE 2009
Iraq attacca gli Usa per il no al processo Blackwater commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 1 gennaio 2010 "Dai nostri archivi" Obama chiama a rapporto i vertici della sicurezza Usa Consigli da Roma antica all'imperatore Barack I Le truppe Usa pronte al ritiro dall'Iraq, domani grande festa a Baghdad Vittime civili in Afghanistan, Blackwater ancora nei guai Colloqui Usa-Iran dopo 27 anni, presto un secondo incontro. Attentato a Baghdad: 19 morti
Il ministro iracheno per i Diritti umani, Wejdane Mikhail, si è detta oggi "stupefatta" per la decisione di un giudice federale Usa di rigettare le accuse formulate nei confronti di cinque guardie di sicurezza dell'agenzia privata Blackwater, coinvolte nel 2007 in una sparatoria in una strada di Baghdad in cui morirono 14 civili iracheni. "Sono stato realmente stupefatta dalla decisione e aspetto dall'ambasciata americana una copia della decisione del giudice", ha indicato Wejdane Mikhail. "Ciò che è accaduto è molto grave poiché tante persone innocenti sono morte, dei giovani, degli studenti, uccisi da qualcuno che aveva piacere a sparare su gente non armata", ha aggiunto. Il governo iracheno ha quindi annunciato che perseguirà in giudizio l'agenzia di sicurezza privata americana. I cinque contractor della Blackwater (una delle grosse compagnie private americane che in passato hanno lavorato per la ricostruzione di Iraq e Afghanistan insieme con i militari americani e che ha anche collaborato con la Cia contro Al Qaida) facevano parte della scorta di un convoglio che il 16 settembre del 2007 stava evacuando funzionari americani dopo un attentato a Baghdad. A un incrocio trafficato gli imputati cominciarono a sparare: senza ragione, per l'accusa, in risposta a un attacco, per la difesa. I magistrati e gli investigatori americani che hanno indagato sull'uccisione di 14 civili a Baghdad nel 2007 da parte di contractor della ditta di sicurezza Blackwater hanno ripetutamente violato i diritti degli indagati. È questa la motivazione con la quale il giudice federale di Washington Ricardo Urbina ha assolto il 31 dicembre i cinque contractor imputati di strage. Il giudice, in una motivazione della sentenza di 90 pagine, ha scritto che "nel loro zelo di portare prove, procuratori e investigatori hanno cercato aggressivamente dichiarazioni subito dopo la sparatoria e nell'indagine successiva. Nel fare questo, la squadra di inquirenti del governo ha ripetutamente trascurato gli avvertimenti di esperti e anziani procuratori, assegnati specificamente al caso per consigliare la squadra". Secondo Urbina, gli inquirenti hanno utilizzato per l'accusa dichiarazioni che gli indagati avevano reso sotto la minaccia di essere licenziati e con la promessa che non sarebbero state usate in tribunale. Per il giudice federale, che ha sentito per settimane imputati, inquirenti e testimoni, le dichiarazioni forzate riguardano tutti gli aspetti dell'indagine del governo. "Di conseguenza - ha scritto Urbina - la Corte rifiuta di giustificare la sconsiderata violazione dei diritti costituzionali degli imputati come un innocuo errore". Intanto quello di dicembre è stato il primo mese in Iraq senza soldati americani morti in combattimento dall'inizio della guerra, nel marzo 2003. Secondo il generale Ray Odierno, che comanda le forze Usa in Iraq, si tratta di un fatto altamente significativo, che indica come la situazione nel Paese arabo si stia gradualmente normalizzando. Nel mese appena concluso sono morti solo tre militari, ma in incidenti non legati ad azioni di combattimento. Secondo una stima dell'Associated Press, nel corso del 2009 sono morti in Iraq 149 soldati americani. Si tratta del numero di vittime più basso in un singolo anno dal 2003. En. Br. 1 gennaio 2010
Iran, Moussavi sfida il regime: "Non temo di morire per il mio popolo" di Vittorio da Rold commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 1 gennaio 2010 "Dai nostri archivi" In Iran spari sulla folla in marcia Moussavi: nuove elezioni In Iran ci sarà un parziale riconteggio dei voti La protesta dei giovani iraniani invade il web Iran: Onu scioccato dalla repressione Iran, portavoce Khamenei: a morte capi dell'opposizione Il 2010 si annuncia come un anno decisivo per la libertà in Iran, un anno inziato con un messaggio con cui il capo dell'opposizione Mir Hossein Moussavi si è detto "pronto a diventare un martire come coloro che si sono sacrificati dopo le elezioni.Il mio sangue non è più rosso del loro". Di Moussavi si era detto -dopo la morte del nipote Ali, ucciso domenica scorsa durante una manifestazione nel corso della festa dell'Ashura - che fosse stato arrestato o trasferito in un'altra località nel nord paese. Invece, l'ex candidato presidenziale, che con Mehdi Karroubi capeggia dal 12 giugno l'opposizione dell'Onda verde contro il regime, ha preso carta e penna e sul sito Kaleme.org ha chiesto la fine delle repressioni e il rilascio di tutti i prigionieri politici: "Dico chiaramente ed esplicitamente ha scritto che l'ordine di giustiziare, uccidere o incarcerare Karroubi, Moussavi e altri come noi non risolverà i problemi" e la "grave crisi" del Paese. Il capo dell'Onda verde si è difeso dall'accusa di essere sul libro paga delle potenze occidentali: "Siamo fedeli alla Costituzione. Non siamo nè americani nè britannici. Non abbiamo inviato nessuna lettera di congratulazioni ai capi delle grandi potenze", ha sottolineato Moussavi riferendosi alla missiva inviata dal presidente Mahmoud Ahmadinejad a Barack Obama quando questi fu eletto alla Casa Bianca. Il Movimento verde, ha concluso Moussavi, "ha un'identità islamica e nazionale e si oppone alla dominazione straniera". Il leader dell'opposizione poi proposto un piano in cinque punti per risolvere la "grave crisi" che attanaglia il Paese. Ecco i cinque punti: 1) Il governo di Mahmud Ahmadinejad "si assuma la responsabilità della crisi davanti al popolo, il parlamento e il sistema giudiziario". 2) L'approvazione di una nuova legge elettorale trasparente E credibile. 3) La liberazione dei prigionieri politici e la loro Riabilitazione. 4) Il rispetto della libertà di stampa e di espressione. 5) Il riconoscimento del diritto del popolo a riunirsi e manifestare, secondo quanto previsto dall'art.27 della Costituzione. Allo scopo di ottenere quest'ultimo punto, Mussavi fa riferimento alla "cooperazione con tutti i paesi interessati" e "alla mobilitazione di organizzazioni nazionali alternative". Ora tutto è nella mani della guida supream Khamenei. In caso contarrio il rischio è la guerra civile. 1 gennaio 2010
2009-12-30 Obama: gravi errori sulla sicurezza dal nostro inviato Claudio Gatti 30 Dicembre 2009 "Dai nostri archivi" Gli Stati Uniti pensano a una rappresaglia nello Yemen Obama: "Non abbandoneremo la lotta contro il terrorismo" Dopo l'attentato fallito all'aereo Usa / Confessa il terrorista: volevo far esplodere tutto per Natale Il Senato approva i processi negli Usa per i detenuti di Guantanamo Guantanamo, Obama: "Nessun rilascio minacci la sicurezza degli Stati Uniti"
Passato lo shock iniziale, messa a fuoco la figura di Umar Farouk Abdul Mutallab e annunciato il possibile collegamento con il gruppo yemenita al-Qaeda nella Penisola Arabica, è venuto il momento della ricerca delle responsabilità. E delle recriminazioni. Che potrebbero anche riaccendere le polemiche sulla chiusura di Guantanamo. Il presidente Barack Obama ieri ha detto che si è trattato di un mix di responsabilità umane e di errori di sistema "assolutamente inaccettabile". E ha aggiunto che vuole conoscere al più presto le cause delle "catastrofiche falle nella sicurezza" che hanno portato un terrorista sul punto di compiere una strage. Washinton ha investito ben 40 miliardi di dollari per garantire la sicurezza del traffico aereo dopo l'11 settembre. Cifra che ha portato all'assunzione di 45mila guardie aeroportuali e all'installazione di 1.600 macchine a risonanza magnetica per l'ispezione dei bagagli. E alla creazione del Department of Homeland Security, del National Counter-Terrorism Center e del suo sotto-gruppo, il Terrorist Screening Center. Con le loro banche dati, la Terrorist Screening Database e la Terrorist Identities Datamart Environment (Tide). Infine c'è la Visa Viper, la banca dati istituita dal Dipartimento di Stato per consolidare le informazioni riguardanti chi fa richiesta di visto di ingresso negli Usa. Eppure un giovane denunciato dal suo stesso genitore come potenziale pericolo, partito dalla Nigeria senza alcun bagaglio dopo aver pagato in contanti un biglietto da 2.831 dollari, è quasi riuscito a far esplodere un aereo. "Dopo la denuncia del padre, sarebbe dovuto scattare l'allarme", ha detto Dianne Feinstein, presidente del comitato di controllo dei servizi del Senato Usa. Invece, è ormai evidente che non è scattato alcun allarme. E non per carenze o deficienze tecnologiche. Semplicemente per errore o disattenzione umana. Il 19 novembre il signor Alhaji Umaru Mutallab si era recato presso l'ambasciata Usa di Abuja, in Nigeria, per avvertire le autorità americane di aver perso le tracce del figlio e di essere preoccupato per il suo fanatismo religioso. Il giorno successivo, l'ambasciata di Abuja aveva inserito l'informazione ricevuta in Visa Viper. Da lì il dato è stato trasferito in automatico nella Tide, la banca dati del National Counter Terrorism Center. Punto. Fine del percorso. Né al Dipartimento dello Stato né tantomeno al Centro anti-terrorismo qualcuno ha pensato di verificare se Abdul Mutallab avesse un visto per gli Stati Uniti. Se fosse stata consultata Visa Viper, sarebbe invece subito emerso che il 16 giugno 2008 l'ambasciata Usa di Londra gliene aveva gererosamente concesso uno della durata di due anni. E quindi ancora valido. Poiché nessuno ha fatto questa semplicissima ricerca, nessuno ha revocato quel visto. Il portavoce del Dipartimento di Stato Ian Kelly si è limitato a dire che "chi ha ricevuto le informazioni dal padre di Abdul Mutallab ha fatto il suo dovere e le ha trasmesse. È stato il National Counter Terrorism Center a decidere di non aggiungere il suo nome nell'elenco di chi non può viaggiare negli Stati Uniti". Ma lo stesso Kelly ha poi ammesso che il Dipartimento di Stato avrebbe avuto il potere di revocare quel visto. Una più chiara definizione e spartizione dei compiti sarà ora al centro della revisione delle procedure richiesta da Barack Obama per far fronte alla crisi. E alle critiche. Il presidente potrebbe però trovarsi davanti anche a un grattacapo aggiuntivo. La rete televisiva Abc ha riportato che due dei leader di al-Qaeda nella Penisola Arabica che avrebbero organizzato il fallito attentato di Natale erano ex detenuti di Guantanamo rilasciati nel 2007. Che i due siano coinvolti in questo specifico episodio non è certo. Ma che siano tornati nei ranghi dell'organizzazione terroristica è stato confermato. cgatti@ilsole24ore.us 30 Dicembre 2009
Gli Stati Uniti pensano a una rappresaglia nello Yemen commenti - | Condividi su: 30 dicembre 2009 Obama: gravi errori sulla sicurezza "Dai nostri archivi" Dopo l'attentato fallito all'aereo Usa / Confessa il terrorista: volevo far esplodere tutto per Natale Obama: gravi errori sulla sicurezza Obama: "Non abbandoneremo la lotta contro il terrorismo" <span id="U2102420668370lGG" style="">The Sun</span>: 25 musulmani inglesi pronti ad attaccare Terrorismo: fallito attentato negli Usa su volo per Detroit Gli Usa stanno pensando a un'azione contro i terroristi in Yemen, per reagire alla mancata strage di Natale. Le forze speciali d'intervento e l'intelligence americana, assieme ai militari yemeniti, stanno cercando di individuare degli obiettivi per mettere in atto un'azione di rappresaglia contro chi ha organizzato l'attentato fallito di Detroit. Lo rende noto la Cnn, sottolineando che si sta facendo ogni sforzo per colpire individui strettamente legati al nigeriano che ha acquisito in Yemen le informazioni e l'esplosivo per l'attentato sul volo Delta. Nel frattempo la Cia è nella bufera. Il padre del giovane terrorista nigeriano entrò in contatto in Nigeria alcuni agenti della maggiore agenzia di intelligence statunitense per informarli circa la pericolosità del figlio. Ma la Cia non diffuse e condivise queste importanti informazioni con l'intero apparato di sicurezza americano. Secondo il Wall Street Journal l'incontro tra il padre del terrorista e il funzionario della Cia avvenne nell'ambasciata Usa di Abuja il 19 novembre e fu subito seguito da una riunione alla quale presero parte rappresentanti dell'Fbi, del ministero per la Sicurezza interna e del dipartimento di Stato. Appare quindi comprensibile l'aspro intervento del presidente degli Stati Uniti che dalle Hawaii ha denunciato "gravi falle nella sicurezza interna, errori umani e di sistema". 30 dicembre 2009
Dopo l'attentato fallito all'aereo Usa / Confessa il terrorista: volevo far esplodere tutto per Natale dal nostro corrispondente Mario Platero Pagina: 1 2 di 2 pagina successiva commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 27 dicembre 2009 Umar Farouk Abdulmutallab - Reuters The Sun: 25 musulmani inglesi pronti ad attaccare in Yemen L'attentatore era nella watchlist del governo inglese Terrorismo: fallito attentato negli Usa su volo per Detroit "Dai nostri archivi" Terrorismo: fallito attentato negli Usa su volo per Detroit L'attentatore era nella watchlist del governo inglese <span id="U2102420668370lGG" style="">The Sun</span>: 25 musulmani inglesi pronti ad attaccare Obama: "Non abbandoneremo la lotta contro il terrorismo" Al-Qaeda rivendica il sequestro degli italiani in Mauritania NEW YORK – Umar Farouk Abdulmutallab è stato formalmente incriminato poche ore fa dalle autorità americane per il fallito attentato contro il volo della Norhtwestern in arrivo a Detroit. E ha confessato. Una straordinaria confessione a tutto campo, da cui emergono il ruolo centrale dello Yemen come avamposto di Al Qaeda nelle operazioni di terrorismo internazionale e una incredibile storia personale: quella di un giovane di ottima famiglia, che frequenta le migliori scuole e studia ingegneria a Londra, ma che passa al radicalismo islamico al seguito di predicatori via Internet. C'è anche la storia del padre, un importante banchiere nigeriano, talmente preoccupato dal radicalismo del figlio da avvertire le autorità americane all'ambasciata di Lagos sul possibile pericolo rappresentato da Umar. E il puzzle di questo fallito attentato nel giorno di Natale comincia a prendere forma. Dai capi d'accusa dell'incriminazione sappiamo che la polvere in possesso del terrorista non era solo incendiaria, ma era uno dei più potenti esplosivi sul mercato, il Petn. Sappiamo anche perché le autorità americane pur avendo il nome di Abdulmutallab in una lista di sospetti potenziali di terrorismo, non l'hanno segnalato alle compagnie aeree per chiedere quanto meno ulteriori perquisizioni. E perché il terrorista è riuscito a sfuggire ai controlli di sicurezza, mimetizzando le polveri e la siringa nelle cuciture delle mutande. Si è saputo che il presidente Barack Obama ha ordinato una revisione completa delle procedure per monitorare i movimenti dei sospetti di terrorismo: verrà rivisto il sistema delle 'no fly list', ovvero delle tre liste stilate a seconda del grado di pericolosità degli individui e utilizzate dalle agenzie governative Usa. E si è anche saputo che le autorità per la sicurezza interna e gli agenti antiterrorismo della Cia e dell'Fbi hanno ormai nel mirino le reti al Qaeda nello Yemen, un paese debole, con un governo instabile che a ceduto progressivamente terreno alle attività dei terroristi. Dalla ricostruzione dei fatti emerge che il terrorista avrebbe davvero potuto far esplodere l'aereo. Per farlo bastava anche una piccola incrinatura nella carlinga. Abdulmutallab aveva istruzioni precise, far detonare l'esplosivo solo in fase di atterraggio con un obiettivo agghiacciante: quello di uccidere non solo i 278 passeggeri a bordo, ma di fare vittime a terra e di terrorizzare il Natale degli americani con le immagini di case incendiate dai detriti, quelle dei resti dell'aereo e dalle notizie della morte di centinaia di vittime. Si è anche saputo il nome dell'eroico passeggero, Jasper Schuringa, un regista cinematografico olandese che sedeva sulla stessa fila di Abdulmatullab ma dalla parte opposta. Quando Schuringa ha visto i primi fuochi, si è gettato istantanemante sul terrorista, strappandogli la siringa di mano e i vestiti e ustionandosi lui stesso. Con l'aiuto di altri passeggeri lo ha poi immobilizzato e trascinato in prima classe dove è stato ammanettato. Resta il gravissimo errore delle autorità americane, che hanno sottovalutato il pericolo possibile rappresentato dal giovane nigeriano. Dopo la segnalazione del padre all'ambasciata americana a Lagos, il nome di Amutallab viene in effetti inserito nella no fly list, lista di sospetti di terrorismo, la Terrorist Indentities Datamart Enviroment, conosciuta in gergo con l'acronimo Tide. La lista include i nomi di 550mila individui, c'è poi una seconda lista più selezionata che ha circa 400mila nomi, la Tsdb (terrorist screening data base). Solo 4mila nomi identificati nella Tsdb sono in una lista cui è proibito volare segnalata alle autorità aeree. Ci sono poi altri 14mila nomi che fanno parte di un lista per la quale si richiede una perquisizione obbligatoria ai controlli di sicurezza. Nonostante la denuncia del padre, la autorità americane hanno fatto brevi ispezioni "senza rilevare attività sospette o prove adeguate contro Abdulmutallab" e hanno deciso di lasciarlo nella lista allargata, che non prevede neppure perquisizioni speciali obbligatorie ai controlli di sicurezza, come ha dichiarato oggi Janet Napolitano, il ministro per la sicurezza interna. Per evitare di essere scoperto ai controlli di sicurezza in aeroporto, Abdulmutallab aveva cucito sia le polveri esplosive, che la siringa con i liquidi chimici per la detonazione all'interno delle mutande, vicino alle parti intime, per evitare, anche in caso di perquisizione, di essere scoperto. L'esplosivo è il Petn, pentaerythritol, potentissimo e non disponibile nel commercio normale. Fu lo stesso usato dallo "Shoe bomber" Richard Redi nel 2001 in un altro attentato fallito. L'idea originaria che il materiale fosse solo incendiario e che Abdulmutallab avesse agito da solo e ormai archiviata, e si guarda in avanti, verso lo Yemen. E' la rete yemenita di Al Qaeda infatti a diventare da oggi il fronte piu' avanzato nella lotta contro il terrorismo e non solo per l'attacco contro il volo della Northwestern. Fu le rete yemenita di Al Qaeda ad esempio, ad aver ispirato l'attacco del maggiore Nidal Hassan del mese scorso a Fort Hood in Texas, che ha ucciso 13 soldati americani. Anche se la autorità dichiaravano pubblicamente che Nidal Hassan, uno psichiatra alla base, poteva aver agito da solo, si focalizzavano sulle basi di al Qaeda nell Yemen e su un predicatore islamico con cui Nidal aveva avuto contatti. Al punto che il governo yemenita, anche su pressioni di Washington, ha lanciato un violento attacco aereo contro alcune basi conosciute di Al Qaeda in zone remote del paese lo scorso 17 e 24 dicembre, uccidendo una sessantina di militanti. In un primo momento sembrava che fosse stato ucciso anche Anwar al Awlaki, il predicatore islamico che era stato in contatto con Nidal Hassan. Ma familiari vicini al predicatore hanno smentito la sua morte. Dalla confessione si è appreso che Abdulmutallab si era anche lui messo in contatto via Internet con un predicatore islamico yemenita, ma sembra che non fosse al Awlaki. A un certo punto il giovane, che ha oggi 23 anni, si trasferisce in Dubai e decide di rompere ogni rapporto con la famiglia.
Abdulmutallab nasce in una delle migliori famiglie nigeriane. Il padre Alhaji Umaru Mutallab è l'ex presidente della First Bank of Nigeria, la madre di un ottima famiglia yemenita. Viene mandato a studiare alla British School of Lome', in Togo, la migliore scuole internazionale dell'Africa Occidentale. Dopo il diploma si iscrive alla University College School of London nella facoltà di ingengneria meccanica. Nel 2008 chiede un visto per gli Stati Uniti che gli viene concesso dall'Ambasciata americana a Londra e si reca per un primo viaggio in America a Houston. E' in quel periodo che la sua simpatia per i movimenti islamici si trasforma in fanatismo. E' lui stesso a raccontare di essersi recato in Yemen e di essere stato aiutato da una cellula di Al Qaeda per reperire il materiale esplosivo e organizzare l'attentato. "I fatti stanno appena emergendo, ma ci sono forti sospetti per un collegamento fra lo Yemen e Al Qaeda e per un obiettivo di far esplodere l'aereo nello spazio aereo Americano" ha dichiarato Jane Harman, un deputato democratico della California che fa parte della sottocommissione sul controspionaggio. Il Congresso ha già deciso di convocare audizioni sull'accaduto a gennaio, al ritorno dalle feste natalizie.
Iran, portavoce Khamenei: a morte capi dell'opposizione di Vittorio Da Rold Pagina: 1 2 di 2 pagina successiva commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 29 dicembre 2009 Shirin Ebadi (AFP PHOTO/FABRICE COFFRINI) Iran: morti e arresti degli oppositori. L'Onu: "siamo scioccati" Scomparsa la salma del nipote di Moussavi Sangue in Iran: 15 morti. Arrestato l'ex ministro Yazdi ANALISI / Tutto può accadere come trent'anni fa (di Alberto Negri) E lo stato iraniano tenta la strada della censura: disabilitati da stamane gli sms a Teheran Le immagini degli scontri VIDEO / Gli scontri a Teheran Fini: "Il grido di libertà dei giovani iraniani non può restare inascoltato" Un rappresentante dell'ayatollah Ali Khamenei, Guida Suprema dell'Iran, ha dichiarato che i leader dell'opposizione sono "nemici di dio" e dovrebbero essere giustiziati in base alla Sharia, la legge islamica. Lo ha riferito la televisione di stato. Coloro che stanno dietro all'attuale sedizione nel Paese - ha detto Abbas Vaez-Tabasi, un religioso che rapresenta Khamenei - sono 'mohareb' (nemici di dio) e la legge è molto chiara in merito a quella che deve essere la punizione per i mohareb". In Iran, la Sharia (la legge islamica) prevede che i 'mohareb' siano condannati alla pena di morte. L'avvocatessa iraniana Shirin Ebadi, Premio Nobel per la pace, ha denunciato da un sito dell'opposizione dell'Onda verde l'arresto di sua sorella da parte degli apparati di sicurezza, affermando che si tratta di un tentativo di "pressione" su di lei per farle cessare ogni attività in difesa dei diritti umani. La denuncia arriva dopo che sono stati arrestati i consiglieri più vicini al leader riformista Mir Hussein Moussavi lasciato completamente solo ad affrontare il regime. Moussavi martedì mattina si è recato in casa del padre di suo nipote rimasto ucciso negli scontri di piazza di domenica, giorno della Ashura, la maggior celebrazione religiosa sciita, per porgere le sue condoglianze. Foto della giacca del nipote di Mir Hussein Moussavi ucciso domenica a Teheran. Il proiettile è entrato nella spalla evidenziando l'ipotesi di un agguato non di un incidenteI siti riformisti hanno diffuso l'immagine del giaccone del nipote di Moussavi da cui risulta che il colpo di arma da fuoco mortale è stato sparato alle spalle: si tratterebbe dunque di un agguato e non di una morte accidentale durante le manifestazioni. Una fatto gravissimo se risultasse confermato che pregiudicherebbe ulteriormente qualsiasi tentativo di compromesso tra l'Onda verde e i conservatori che si sta cercando di mettere in campo per evitare lo scontro finale fra le due parti sebbene i margini di trattativa siano sempre più flebili. Intanto l'Iran ha annunciato che convocherà al più presto l'ambasciatore britannico per protestare ufficialmente contro le dichiarazioni del governo di Londra sulla violenta repressione delle proteste nel Paese. Lo ha annunciato un portavoce del ministero degli Esteri, Ramin Mehmanparast. In una nota il funzionario ha definito "ingerenza negli affari interni" le parole del ministro degli esteri britannico David Miliband, che aveva elogiato il "grande coraggio" dimostrato dagli osspositori del regime. "Convocheremo l'ambasciatore Simon Lawrence Gass per protestare contro l'intromissione delle autorità britanniche", ha detto Mehmanparast, che ha definito "poco diplomatica" la dichiarazione di Miliband. Il ministro degli Esteri iraniano Manuchehr Mottaki ha perfino detto che se la Gran Bretagna non cesserà di parlare contro la repressione delle proteste in Iran, "riceverà un pugno in bocca": lo riferisce l'agenzia Isna. "Siamo pronti ad eliminare il complotto - dicono i pasdaran in un comunicato diffuso dalla tv di stato iraniana - reprimere l'opposizione é un dovere nazionale". Due giorni dopo la rivolta splosa a Teheran e in molte città del paese il regime ammette la repressione e le vittime (15 secondo la tv) ma non accenna a cambiare atteggiamento. Anzi una volta intrapresa la strada della repressione questa non può che diventare sempre più dura e feroce. I fedelissimi di Khamenei e Ahmadinejad minacciano nuove, indiscriminate, violenze contro chi protesta. Lunedì mattina sono stati arrestati una decina di dirigenti riformisti, collaboratori di Moussavi e del presidente Khatami. mentre non é stato consegnato ai familiari il corpo di Ali Moussavi, un nipote del leader riformista ucciso negli scontri di domenica, perché le autorità temono che il suo funerale possa diventare l´occasione di nuove proteste anche se per ora la spiegazione ufficiale é che la salma viene trattenuta a disposizione dei magistrati 'per l´autopsia e l´inchiesta giudiziarià. dall´estero, un portavoce del leader riformista, ha detto che l´uccisione di Ali é stata una esecuzione. "Aveva già ricevuto minacce di morte ed é stato assassinato davanti alla sua casa da un uomo che gli ha sparato al petto". Anche Ebrahim Yazdi, 78 anni, ministro degli esteri nel primo governo rivoluzionario (quello di Bani Sadr) nel 1979 e oggi segretario di uno dei partiti dell´opposizione é stato arrestato lunedì all´alba nella sua casa. Più tardi gli agenti dei servizi segreti hanno fatto irruzione nella fondazione Baran, che fa capo a Mahamud Khatami, ed hanno portato via il direttore, Morteza Haji, e il suo vice, Hassan Rassuli. in galera sono finiti anche tre consiglieri di Moussavi e un giornalista, Emadeddin Baji. Anche un reporter della tv di dubai, Reza al-Bacha, scomparso domenica ieri mentre seguiva le protesta, si trova in carcere. Nuove proteste spontanee si segnalano un po´ ovunque: il sito riformista nooroz riferisce che la polizia ha disperso gruppi di oppositori che si erano radunati davanti all´ospedale dove era stato portato il corpo del giovane nipote di Moussavi. secondo l´opposizione almeno quattro delle vittime degli scontri sono stati raggiunti da colpi d´arma da fuoco ma il governo nega che la polizia ne abbia fatto uso. Non é una novità, anche quando venne uccisa la giovane Neda, nel giugno scorso, le autorità negarono che a sparare fosse stata la polizia. insieme ai proclami dei pasdaran e dei miliziani basiji disposti ad aumentare la repressione per "cancellare" il movimento riformista, un vice comandante delle forze armate ha chiesto ai tribunali di punire con fermezza i manifestanti, definiti"'miscredenti e apostati". Il movimento riformista ha saputo trasformare la ricorrenza dell´Ashura in un nuovo momento di rivolta contro non più il Governo ma addirittura la Guida suprema Khamnei. Numerosi paesi hanno protestato con Teheran. In particolare la Russia, che ha buone relazioni con l'Iran, ha chiesto 'moderazione per evitare una escalation del conflitto internò. condanne sono arrivate dall´unione europea, che ha chiesto il rispetto dei diritti umani e dal canada. il ministro degli esteri italiano Franco Frattini invita l´Occidente "a non rimanere impassibile di fronte al sangue, ai morti e davanti allo straordinario anelito di libertà del popolo iraniano" mentre Barack Obama, nel suo discorso dalle Hawaii dove sta trascorrendo le vacanze, ha avuto parole di "ferma condanna per la repressione delle proteste anti-regime in Iran e ha chiesto "la liberazione immediata delle persone arrestate". 29 dicembre 2009
Tutto può accadere come trent'anni fa di Alberto Negri commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 29 dicembre 2009 "Dai nostri archivi" Repressione in Iran: scomparsa la salma del nipote di Moussavi Festa di sangue in Iran: 15 morti Arrestato l'ex ministro Yazdi La protesta sociale corre più del dossier nucleare Iran, scontri tra polizia e manifestanti dell'opposizione Il dopo Montazeri / In Iran pasdaran senza ostacoli La famiglia rivoluzionaria iraniana, che ha tenuto insieme questo regime per trent'anni, si sta sfasciando. Al culmine dell'Ashura, le celebrazioni del martirio di Hussein a Kerbala nel 680, massima espressione religiosa e popolare dello sciismo, nelle piazze di Teheran si uccidono tra i manifestanti personaggi come il Seyed Ali Moussavi, nipote di Moussavi, ed esponente di una famiglia discendente da Maometto, fulminato da una fucilata alla schiena. In carcere finiscono studenti, riformatori e anche Alì Behesti, figlio del Grande Ayatolla Behesti, uno dei fondatori della rivoluzione, ucciso da martire in un attentato negli anni 80. Gli stessi siti di informazione conservatori annunciano l'arresto di decine di religiosi e insegnanti nelle scuole coraniche di Qom, il Vaticano dello sciismo. Anche le grandi famiglie dei mullah si stanno innervosendo, qualcuno legittima la protesta di piazza e comunque molti non sono d'accordo con questa lotta indiscriminata a ogni forma di opposizione. Le manifestazioni per la morte del Grande Ayatollah Montazeri sono state il segnale che di islamico in questa repubblica, come dice Karrubi, è rimasto ben poco. Era dai tempi dello Shah che i mullah non finivano così pesantemente nel collimatore della repressione. Alì Khamenei, guida suprema dell'Iran, schierandosi con Mahmoud Ahmadinejad, ha incrinato il suo prestigio, assestando forse un colpo irrimediabile al sistema voluto da Khomeini. Negli slogan c'è stata una svolta significativa: non si grida più soltanto "Morte al dittatore" (Marg bar diktator) ma soprattutto "Khamenei assassino, la tua leadership è illeggittima". Dalle piazze sale, sempre più forte, l'appello non alla republica islamica ma a quella iraniana: il nazionalismo sta diventando uno dei leit motiv della protesta. Con quali effetti? In carcere è finito Ibrahim Yazdi, nel 1979 il primo ministro degli Esteri di Khomeini. In una delle sue ultime interviste, nel giugno scorso, mi disse in modo chiaro: "Questo sistema resiste fino a quando sarà capace di rappresentare la nazione e il nazionalismo iraniano". Oggi Yazdi va dietro le sbarre perché il regime teme persino la presenza di quest'uomo, anziano e malato, rimasto per decenni una voce isolata del dissenso. Anche nello schieramento dei conservatori, che finora ha appoggiato Ahmadinejad, non potranno restare a lungo in silenzio. Oggi infatti tocca ai riformisti, domani potrebbe essere il loro turno soltanto perché osano esprimere un'opinione diversa da quella del gruppo al comando. Lo stesso discorso vale per i molti ayatollah: nel 1979 guidarono una rivoluzione per il prestigio acquistato in mezzo secolo di rivolte contro l'autoritarismo dei Palhevi, domani potrebbero finire ai margini di una società che li aveva posti ai vertici della leaderhip morale e politica. Un timore espresso molte volte nel corso di numerose interviste dai maggiori ayatollah iraniani, da Sanei, ad Ardebili, a Khatami, oltre ovviamente a Montazeri. È vero che la guida suprema controlla il clero, foraggiato dalle fondazioni religiose, ma è altrettanto sicuro che il regime militare dei pasdaran relega i mullah al servizio del potere: non è stato questo l'obiettivo per cui venne abbattutto lo Shah. Come reagiranno le guardie della rivoluzione a nuove proteste? Oltre alla repressione in atto, si presentano altre scelte pericolose. Come ogni regime in difficoltà aumenterà la tentazione di trasferire all'esterno le tensioni interne. Cosa che già in parte accade con la questione del nucleare e le provocazioni all'occidente e agli stati vicini, come la breve occupazione del territorio iracheno della scorsa settimana e il sostegno ai movimenti sciiti della guerriglia in medio oriente, dagli Hezbollah in Libano agli Huti dello Yemen. All'inizio di quest'anno veniva data per certa, anche a Washington, la rielezione senza scosse di Ahmadinejad. Pochi forse credevano che dopo la repressione del giugno scorso la protesta iraniana continuasse. Quello che accade oggi smentisce ogni previsione. Per questo dall'Iran bisogna aspettarsi di tutto, oltre l'immaginabile. Fu così anche nel 1979, quando in pochi mesi lo Shah in Shah, il re dei re, fece le valigie. 29 dicembre 2009
Festa di sangue in Iran: 15 morti Arrestato l'ex ministro Yazdi di Vittorio Da Rold commenti - 4 | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 28 dicembre 2009 (Afp) ANALISI / La protesta sociale corre più del dossier nucleare (di Vittorio Da Rold) E lo stato iraniano tenta la strada della censura: disabilitati da stamane gli sms a Teheran Le immagini degli scontri VIDEO / Gli scontri a Teheran Esplosione a Beirut: tre morti. Unifil trovano esplosivo "Dai nostri archivi" Iran, portavoce Khamenei: a morte capi dell'opposizione Tutto può accadere come trent'anni fa Iran, scontri tra polizia e manifestanti dell'opposizione La protesta sociale corre più del dossier nucleare Iran, folla enorme ai funerali dell'ayatollah Montazeri Il regime iraniano ha deciso di reprimere con la forza il movimento di protesta dell'Onda verde che è sceso in piazza nel giorno dell'Ashura, la maggiore celebrazione religiosa sciiita e in coincidenza con il settimo giorno delle morte dell'ayatollah dissidente Alì Montazeri. Il centro di Teheran si è trasformato in un campo di battaglia, quando decine di migliaia di oppositori sono tornati in piazza e sono stati attaccati dalle forze di sicurezza. Sono quindici i morti secondo quanto annunciato dalla televisione di stato della repubblica islamica, che cita il ministero dell'Intelligence iraniano. Cinque persone - ha riferito la tv - sono state uccise "da parte di gruppi terroristici" e "più di dieci" appartenevano a "gruppi anti-rivoluzionari". Nella notte fra domenica e lunedì è stato arrestato l'ex ministro degli Esteri iraniano Ibrahim Yazdi, capo del Movimento di liberazione dell'Iran (Mli, opposizione liberale). Lo ha indicato il sito internet d'opposizione Rahesabz. Il leader dell'Mli, un movimento di opposizione senza riconoscimento legale ma tollerato da numerosi anni, era stato convocato la settimana scorsa al ministero dell'Intelligence ma aveva disertato questa convocazione, ha precisato il sito. Nella giornata di domenica si è saputa anche la notizia che il nipote del leader dell'opposizione Mir Hossein Moussavi è stato ucciso in scontri a Teheran. "Ali Moussavi, 20 anni ma altre fonti parlano di 35, è stato ucciso in scontri domenica a mezzogiorno, il suo corpo si trova nell'ospedale di Teheran", ha riportato il sito parlemannews. Secondo la Bbc online, i funerali di Ali Moussavi dovrebbero svolgersi oggi lunedì. La foto simbolo della giornata di scontri a Teheran è quella che ritrae un ragazzo di spalle con le braccia alzate e due pietre nelle mani mentre, fermo in mezzo a un viale, fronteggia le forze anti-sommossa schierate accanto a un suv della polizia : un'immagine che richiama la celebre foto dello studente sulla piazza Tiananmen a Pechino nel 1989. La situazione è la stessa: domenica i manifestanti dell'Onda verde hanno celebrato il funerale del regime. Il paese ormai ha rotto gli argini ed è sceso in piazza contro il governo che ha perso ulteriormente legittimità: da sabato i messaggi della controinformazione aveva chiamato l'opposizione a far risentire la sua voce in occasione dell'anniversario del martirio dell'imam Hossein, nell'anno 680. La risposta è stata di migliaia di persone che sono scesi in piazza mescolandosi alle processioni religiose. I basij e la polizia hanno subito attaccato gli oppositori con violenza. L'area investita dagli scontri è stata vastissima. Si va dalla piazza Imam Hossein, a est, alla piazza Enghelab, ad ovest, distanti alcuni chilometri tra di loro. Ma incidenti sono stati segnalati anche sulla piazza Ferdowsi, sul lungo viale Vali Asr e la piazza omonima e sul viale Hafez. Lungo quest'ultima arteria, testimoni hanno riferito di aver visto dimostranti rovesciare ed incendiare due veicoli della polizia e mettere momentaneamente in fuga le forze di sicurezza che controllavano un ponte stradale. Un altro testimone ha detto di aver visto agenti e miliziani in borghese in una strada laterale mentre si organizzavano in un clima di tensione e di guerriglia urbana. I manifestanti hanno dato fuoco anche a molti cassonetti dell'immondizia per proteggersi con il fumo dall'effetto dei gas lacrimogeni. Un sito dell'opposizione ha riferito di scontri avvenuti anche nelle città di Isfahan, Shiraz e Najafabad. In quest'ultimo centro, luogo natale del grande Ayatollah dissidente Hossein Ali Montazeri, la tensione è alta fin da domenica scorsa, quando è stata annunciata la morte del leader religioso. Il regime, incapace di aprire negoziati con l'Occdente, sembra ormai deciso di usare il pugno di ferro a sei mesi dalle contestate elezioni che hanno rieletto presidente Mahmoud Ahmadinejad con l'appoggio dei pasdaran e della Guida suprema Ali Khamenei. Ora gli osservatori si chiedono chi abbia dato l'ordine di sparare sulla folla nella giornata più dura per il regime dalla morte di Neda, la ragazza diventata l'icona della facebook generation iraniana che lotta per i diritti umani e la democrazia del paese, il movimento politico più interessante e promettenete comparso in Medio orinete nell'ultimo quarto di secolo. L'Occidente deve solo stare a guardare evitando qualsiasi mossa avventata come nuove sanzioni o peggio un raid militare che possa danneggiare i riformisti o rinsaldare i conservatori ormai pericolosamente vacillanti. 28 dicembre 2009
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